Le croci dipinte medievali


Giotto. Crocifisso. 1280 ca. Tempera su tavola. Santa Maria Novella. Firenze. Foto di Rufus46

 

 

Le croci dipinte, genere pittorico tipico dell'arte medioevale, venne introdotto in Italia a partire dal XII secolo da scuole di ambito toscano e umbro, in particolare nella zona di Spoleto. Di qui ebbero una larghissima diffusione in tutta Europa, almeno fino al XIV secolo. 

Christhus Triumphans e Christus Patiens.

 

Destinati ad essere esposti sugli altari, i crocifissi dipinti si discostano dalle tradizionali rappresentazioni bizantine e paleocristiane. L'immagine di Gesù crocifisso non è inserita nel contesto della Crocifissione, insieme ad altri personaggi, ma è isolata secondo una visione simbolica ed essenziale.
Queste croci sono immagini grandiose che venivano innalzate sopra gli altari o sospese sulle iconostasi. Oltre alla loro funzione sacra, sono anche concepite come oggetti preziosi, tanto da sembrare ingrandimenti di opere di oreficeria, gemmate e cesellate. Puntando su un effetto molto suggestivo, le grandi croci dipinte del Medioevo dovevano attrarre l'attenzione dei fedeli e colpire la loro immaginazione con lo sfavillio dell'oro e dei colori. 

 

 

Anonimo.Crocifisso di San Damiano. XII sec. Tempera su tavola. Assisi, Basilica di Santa Chiara.

Anonimo. Crocifisso di San Damiano. XII sec. Tempera su tavola. 
Assisi, Basilica di Santa Chiara.

 

Elaborate nelle botteghe artistiche della Toscana e dell'Umbria già dal XII secolo, le croci dipinte si diffusero rapidamente. In poche decine di anni vennero collocate non solo nelle chiese italiane ma in tutta Europa e assunsero una grandissima importanza, frino a diventare  il simbolo universale del sacrificio di Cristo e l'emblema fondamentale del Cristianesimo.

Nei crocifissi si sviluppano ben presto due diverse tipologie: la prima, più antica, risale all'inizio del XII secolo ed è denominata Christhus Triumphans, a questa si affianca alla fine del XII secolo quella del Christus Patiens.

 

 

Coppo di Marcovaldo. Crocifisso. 1274. Tempera su tavola.cm. 280X245. Pistoia, Cattedrale. Esempio di Christus Patiens. Foto diSailko
Coppo di Marcovaldo. Crocifisso. 1274. Tempera su tavola. cm. 280X245. Pistoia, Cattedrale. Esempio di Christus Patiens. Foto di Sailko 

  

 

 

Nelle due tipologie di crocifisso le differenze nei modi rappresentativi corrispondono a due diverse concezioni della sacralità, ma anche a finalità differenti della stessa pittura sacra, attraversando l’evoluzione stilistica nel passaggio da romanico a gotico.

 

 

Alberto Sotio.Crocifisso. Dett. 1187. Tempera su pergamena e su tavola lignea. cm. 278X200 Spoleto, Duomo. Esempio di Christus Triumphans.
Alberto Sotio. Crocifisso. Dett. 1187. Tempera su pergamena e su tavola lignea.
cm. 278X200 Spoleto, Duomo. Esempio di Christus Triumphans.

 


Il Christhus Triumphans della tradizione pre-giuntesca presenta una visione astratta e simbolica, volutamente svincolata da ogni riferimento concreto o drammatico. Cristo è solitamente rappresentato vivo, con gli occhi aperti, appoggiato alla croce (non appeso) con atteggiamento di indifferente distacco rispetto alla sua condizione di crocifisso. Le forme stilizzate e bidimensionali, i colori vivaci sottolineano la valenza di simbolo sacro. E' l'immagine di un Cristo concettuale, inteso non come uomo, ma come entità sovrumana, divina, ultraterrena. Di umano ha solo l'apparenza.
Questo tipo di rappresentazione non è finalizzata a un coinvolgimento emotivo. Non vuole commuovere, ma esplicitare un concetto, una dottrina. Invita a una riflessione serena e alla considerazione intellettuale del dogma religioso.

 

Giunta Pisano. Crocifisso di San Domenico.1250-54. Tempera e oro su tavola. cm. 336X285. Bologna, Basilica di San Domenico.
Giunta Pisano. Crocifisso di San Domenico.1250-54. Tempera e oro su tavola. cm. 336X285.
Bologna, Basilica di San Domenico.

 

Il Christus Patiens introdotto da Giunta Pisano è un Cristo colto al culmine dell'agonia nel momento della morte. E' la visione cruda e drammatica di denuncia del sacrificio estremo. Ciò è dimostrato dai colori lividi, dai muscoli irrigiditi, la testa reclinata e la smorfia di dolore sul viso. Il senso di sacralità dell'immagine è reso soprattutto dalle forme allungate e sottili e dalle eleganti e dinamiche linee curve che descrivono il corpo del Figlio di Dio come de fosse costruito geometricamente, come a rappresentarne la perfezione divina.
Ne deriva un effetto di sofferenza sublime che conferisce all'immagine un forte potere di suggestione. L'intento è quello di scuotere lo spettatore, impressionarlo, coinvolgerlo emotivamente. La comprensione del valore sacro deve derivare non più da un ragionamento astratto da da una partecipazione emozionale al dramma.

 

Gli esempi più antichi

 

 

Mastro Guglielmo.Crocifisso.Cattedrale di Sarzana
Mastro Guglielmo. Crocifisso. Cattedrale di Sarzana



Le croci dipinte sono più rare e meno documentate rispetto ad altre opere romaniche. Del resto, tutta la pittura romanica italiana è tuttora poco conosciuta. Esistono pochissimi documenti al riguardo ed è molto difficile reperire dati e notizie. Solo recentemente si è cominciato a svelare qualche enigma e grazie a questi studi cominciano ad apparire valori e significati che rivelano una complessa situazione culturale. 

Nel suo insieme, come l'architettura e la scultura, anche la pittura romanica è stilisticamente eterogenea: è presente una mescolanza di elementi provenienti da culture diverse:

   - bizantino-orientali
   - carolingi
   - barbarici-transalpini
   - popolari-locali

Pertanto, anche nelle croci dipinte, a seconda dei luoghi e delle rispettive scuole può prevalere l'una o l'altra componente. Per esempio in Umbria è presente una forte influenza bizantina che si mescola a un linguaggio locale con soluzioni raffinatissime, come quelle offerte dal Maestro Alberto nel Crocifisso della Cattedrale di Spoleto.

Nella produzione dei crocifissi romanici troviamo due tipologie:

  • il Christus triumphans
     
  • Il Christus pathiens

La tipologia più antica risale al XII secolo ed è chiamata Christus Triumphans, che avrà una certa diffusione tra XII e XIII secolo. Appartengono a questo tipo le Croci del Maestro Alberto, e quella del Maestro Guglielmo, nella Cattedrale di Sarzana.

In entrambi i casi si tratta di icone della divinità cioè non vogliono essere immagini realistiche, ma volutamente astratte, in quanto concepiti come oggetti sacri. Rappresentano il concetto astratto di divinità: non il Cristo in croce inteso come essere umano, ma entità spirituale e sovrumana. Infatti la rappresentazione contraddice la realtà e la logica. Il Cristo è vivo, con gli occhi spalancati e lo sguardo fisso, il corpo eretto e i piedi vicini, non sovrapposti. Non sembra appeso alla croce ma in piedi davanti alla croce, non è sofferente, è indifferente alla situazione. Di umano ha solo l'apparenza, per poter essere riconosciuto.

La croce dipinta più antica tra quelle a noi pervenute è la Croce 432, opera di un ignoto maestro toscano, realizzata circa tra il 1190 e il 1230, conservata agli Uffizi. E' un esempio di Christus Triumphans con croce sagomata che oltre all'immagine centrale e più grande di Gesù ospita le scene della passione di Cristo (nelle estensioni laterali e sul piede della croce) e le figure dei dolenti (nei due terminali dei bracci). 

Gli esempi più moderni sono invece quelli trecenteschi riferiti allo stile gotico, che propongono il Christus pathiens. Le più famose tra le croci gotiche sono i crocifissi di Giunta Pisano, di Cimabue o di Giotto.

Con il Rinascimento, in Italia questa tradizione viene superata e le croci sagomate e dipinte vengono sostituite dalle pale d'altare o dai crocifissi scultorei. Continuano ad essere realizzate invece in ambito bizantino e nelle aree di fede ortodossa.

 

 

Maestro della Croce. Croce 432. Firenze, Uffizi
Maestro della Croce . Croce 432.  XI-XII sec. Firenze, Galleria degli Uffizi

 

Considerandole nell'insieme, i principali elementi di stile delle croci dipinte medievali sono:

   - assenza di spazio e di volume
   - zone di colore definite, vivace, brillante
   - contorni netti e marcati con segno scuro
   - linea in funzione decorativa (stilizzata, non descrittiva)
   - tratteggi circolari e lumeggiature in oro o più chiare
   - fisionomie e atteggiamenti secondo formule fisse, astratte e convenzionali.
   - forte componente simbolica
   - immagini dogmatiche (regole iconografiche precise).

Le croci venivano composte da più assi di legno unite insieme con chiodi e rinforzate sul retro con apposite stecche. Per essere appese erano dotate di appositi tiranti o catene. Nel lato frontale la superficie veniva accuratamente levigata e in tempi più antichi ricoperta con pergamena, preparata con diversi strati di gesso e colla, su cui veniva stesa la pittura a tempera. Più avanti la pergamena verrà sostituita con la tela, che sarà sempre più usata perché più economica e più facile da lavorare. Per far aderire meglio il colore e dare più lucentezza alle tinte che sembrano simili agli smalti, veniva usato un ultimo strato di colla. I colori usati sono tempere all'uovo, hanno toni puri e squillanti, e includono spesso pigmenti preziosi come l'azzurro ultramarino, le lacche e l'oro.

Alcune interessanti scoperte sulla tecnica pittorica delle croci dipinte del XII secolo si sono verificate in occasione dell'importante restauro della Croce  di Rosano, un prezioso dipinto offerto in dono al Monastero di Rosano dalla giovanissima contessa Sofia, appartenente alla famiglia dei Conti Guidi, appena consacrata monaca.

 

Con il '200 si introdussero i primi cambiamenti e comparvero le prime immagini di Christus pathiens, soprattutto in area toscana. Ma l'evoluzione stilistica avvenne molto lentamente, perché le immagini sacre, in questi tempi, erano strettamente legate al dogma religioso che gli artisti dovevano rispettare per non vedersi rifiutare le opere.

 

A. Cocchi

 

 

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Le croci dipinte

Le croci dipinte

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Bibliografia

 

G. Previtali La periodizzazione della storia dell’arte italiana in: Storia dell'arte italiana Einaudi, Torino, vol. 1 Questioni e metodi
G. Benazzi. Il Crocifisso di Alberto a Spoleto: una croce fra Oriente e Occidente. in Art e Dossier n. 63, Giunti, Firenze, 1991
P. Adorno, A. Mastrangelo. Arte. Correnti e artisti. Casa Editrice G. D'Anna, Messina-Firenze 1998
F. Negri Arnoldi. Storia dell'arte. Vol.I Gruppo editoriale Fabbri, Milano 1985.
M. Rotili La pittura Romanica nell'Italia Centro-Meridionale. I Maestri del Colore  n. 210. F.lli Fabbri Editori.
La Nuova Enciclopedia dell'Arte, Garzanti 1986
Fra' G. Bellucci, Assisi cuore del mondo. Editrice Velar
AA.VV. Lezioni di arte vol. I Electa -Bruno Mondadori, Milano 1999 
L. Grodecki Architettura gotica Electa
G. Cricco, F.P. Di Teodoro Itinerario nell'arte Zanichelli vol. 2 Dall'arte paleocristiana a Giotto.


 

 
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