Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il sole 1904 olio su tela 155x155cm Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna
Tra i più sensibili interpreti del Simbolismo, Giuseppe Pellizza da Volpedo seppe trasmettere nella sua pittura la profondità dei suoi ideali, portando avanti con molta coerenza una ricerca espressiva basata sula tecnica divisionista.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, considerato uno dei più grandi esponenti della corrente sociale, nasce a Volpedo, piccolo centro in provincia di Alessandria, nel 1868 da una famiglia di proprietari terrieri, che gli garantirono un certo benessere economico.
Già all'età di 15 anni comincia a frequentare alcune tra le più rinomate accademie d'arte italiane: la sua formazione comincia nel 1883, alla scuola d'arte di Brera. Qui Giuseppe frequenta i corsi di base (cosiddetti "normali": ornato, figura, prospettiva, architettura, ecc.) dai maestri Giuseppe Puricelli e Pio Sanquirico, che seppero orientare il giovane artista verso lo studio del colore e l'osservazione dal vero, con una buona impostazione soprattutto nello studio del ritratto. La sua particolare sensibilità verso l'osservazione della natura, dell'uomo, dell'introspezione psicologica e l'attenzione verso la socialità , che emergerà negli anni della maturità , si formano già in questa esperienza. Passando all'Accademia di Brera dove viene istruito alle tecniche del disegno da maestri di fama internazionale, come Giuseppe Bertini e Francesco Hayez. Ma Pellizza non era interessato alla pittura di storia e ben presto si trasferì prima a Roma e poi a Firenze per proseguire la sua formazione, frequentando i corsi "liberi" di pittura all'istituto di Belle Arti e disegnando a Villa Medici.
Tuttavia la sua esperienza romana lo deluse, poiché, a suo parere, i maestri non seguivano abbastanza gli allievi, così si diresse a Firenze nel 1888, dove si iscrisse all'Accademia di belle arti e fu allievo di Giovanni Fattori; suoi compagni di corso furono molti dei futuri autori di spicco del '900 italiano. In particolare, molto importante fu l'amicizia con Giacomo Balla.
Ritenendo di aver raggiunto una buona tecnica pittorica, Pellizza tornò a Volpedo, dove si dedicò a opere principalmente a sfondo naturalistico, ma non soddisfatto della sua preparazione, rincominciò il suo circolo di studi, frequentando altre accademie (quella di Bergamo, l'accademia Carrara, e quella di Genova, l'Accademia Ligustica, particolarmente rinomata per lo studio del paesaggio).
Nel 1889 si recò a Parigi, in occasione dell'Esposizione universale, un famoso evento internazionale che riuniva autori da tutto il mondo.
Nel 1892, deciso a interrompere gli studi e a dedicarsi ad una vita stabile, tornò a Volpedo e sposò una contadina, Teresa Bidone, dalla quale avrà 2 figlie, e che sarà un sostegno costante per tutta la sua carriera artistica.
Sempre in questo periodo abbandonerà la pittura ad impasto e le tecniche fino ad allora apprese nel corso della sua formazione per adottare il divisionismo: ciò lo fece entrare in contatto con molti esponenti divisionisti, tra i più importanti Giovanni Segantini, considerato come un maestro, e Angelo Morbelli, suo grande amico. Da questo momento in poi, Pellizza sarà impegnato in numerose mostre in giro per l'Italia, che lo renderanno noto al grande pubblico.
Nel 1895 è a Firenze e a Venezia per esporre, e allo stesso tempo cominciò a leggere libri sul socialismo, seguì la stampa periodica socialista e si interessò alla filosofia marxista: sono tutti elementi che lo condurranno a quell'arte "sociale", che vuole denunciare le condizioni in cui versa la classe operaia; proprio in quest'anno inizia Fiumana, dipinto propedeutico alla sua opera più importante e famosa, Il quarto stato.
Nel 1901 infatti, dopo anni di duro lavoro, termina Il quarto stato, e l'anno successivo lo espone alla Quadriennale di Torino: sarà un fallimento, e l'opera viene criticata persino da molti dei suoi amici. Per questo motivo abbandonò molti rapporti con artisti e letterati dell'epoca.
Da questo momento in poi cambierà radicalmente il soggetto dei propri quadri, passando dal tema sociale a quello paesaggistico e naturalistico, gli Idilli.
In seguito alla morte di Segantini, decide di intraprendere un "pellegrinaggio" nei luoghi segantiniani, dove oltre ad incontrare la vedova di Segantini, rifletterà a lungo sull'ispirazione di colui che considerava come un maestro.
Nel 1906 venne chiamato a Roma e gli vennero commissionate, dato il suo successo crescente, due opere, Il sole, e Lo specchio della vita, che è comprato addirittura dal re in persona. Sembrava essere un periodo fiorente per Pellizza, ma nel 1907 la moglie morì di parto insieme al figlio neonato: ciò lo farà sprofondare in una depressione incurabile, che lo condusse alla morte il 14 Giugno dello stesso anno.
E. Pasqualone
Anna Maria Damigella. Pellizza da Volpedo. Giunti editore 1999
Emma Bernini Roberta Rota Storia dell'arte-il Settecento e l'Ottocento. Laterza editore 2000
Giulio Carlo Argan. L'arte moderna. Sansoni editore 2002
Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro. Itinerario nell'arte. Zanichelli editore 2008