Argomenti di arte.

Miscellanea sul mondo dell'arte

David Tenier, La galleria dell'Arciduca Leopoldo Guglielmo a Bruxelles. 1651 ca.Olio su tela.  Vienna, Kunsthistorisches MuseumDavid Tenier, La galleria dell'Arciduca Leopoldo Guglielmo a Bruxelles. 1651 ca.Olio su tela.  Vienna, Kunsthistorisches Museum

 

Dal collezionismo alle famiglie di artisti, dai generi iconografici ai problemi di attribuzione, dalle tecniche aristiche alle mostre da ricordare, molti sono i temi che ruotano intorno all'arte. In questa sezione si raccolgono articoli e riflessioni su tematiche diverse ma sempre legate al mondo dell'arte.

Arte e dintorni

Si raccoglie qui una miscellanea di articoli e scritti sull'arte, con articoli, riassunti, tesine.

 

I "bianchi" a Faenza. Le maioliche italiane

 


Alzata con allegoria della Giustizia, maiolica, Faenza

 

 Gli spazi espositivi del al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dal 23 aprile al 22 agosto ospitano una mostra dedicata ai “bianchi”, ovvero alla Maiolica Italiana di Stile Compendiario.

La mostra è promossa, ideata e prodotta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno che ha inserito il progetto nel Piano Pluriennale 2008/2010 approvato dall’Organo di indirizzo il 26 ottobre 2007, impegnando complessivamente risorse pari ad € 210.000,00. La mostra, oltre alla rilevante valenza scientifica, ha lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio locale, favorendo momenti di confronto attraverso il dibattito culturale e la presenza di personalità di chiara fama.
Alla realizzazione della Mostra partecipano la Regione Marche, la Provincia e il Comune di Ascoli Piceno, con la collaborazione dei Musei Civici di Ascoli Piceno.
L’evento si avvale di un ampio e prestigioso Comitato Scientifico composto dai maggiori studiosi della materia. Il coordinamento organizzativo è stato affidato a Civita.

La mostra - curata da Vincenzo De Pompeis, direttore del Museo della ceramica di Castelli della Fondazione Raffaele Paparella Treccia - intende analizzare la produzione ceramica che ha avuto il maggior successo sia in Italia che in Europa. Con il termine bianchi si indica infatti quella innovativa produzione di maioliche bianche e polite - da una definizione del Garzoni del 1588 – che fiorì a Faenza negli anni quaranta del Cinquecento e si diffuse, in pochi lustri, in gran parte del territorio nazionale e all’estero. Le innovative caratteristiche dei “bianchi” – rivoluzionari per forma, decori e tipo di smalto utilizzati – li resero molto apprezzati oltre che in Italia anche in varie località dell’Europa, dove sorsero specifiche produzioni, talvolta direttamente avviate da ceramisti italiani emigrati. Fuori dai confini nazionali, i “bianchi” faentini hanno assunto una notorietà tale da dar luogo al famoso neologismo faience per maiolica, a dimostrazione del successo riscosso da questi prodotti anche tra gli stranieri.
La loro caratteristica superficie bianca, corposa e coprente per via dell’uso di uno smalto più spesso e più bianco rispetto al passato, permetteva di coprire il biscotto, conferendo alla maiolica brillantezza, luminosità ed un maggior senso di pulizia e di igiene. Nel Cinquecento i più importanti centri di produzione erano localizzati in Italia Centrale, mentre nel Seicento si ebbero importanti produzioni con caratteristiche stilistiche autonome in altre regioni italiane, tracui la Puglia. I “bianchi” si caratterizzavano anche per il maggior movimento delle forme, che si arricchivano di ornamenti plastici ed assumevano un maggiore risalto rispetto al passato.Infatti, oltre a forme tradizionali derivate dal tornio, venivano prodotte forme opulente e dinamiche, spesso derivate da stampi ed ispirate a modelli in metallo e in vetro, influenzate dal Manierismo. Invece, i decori erano molto più sobri e stilizzati di quelli rinascimentali. Un’ulteriore caratteristica distintiva dei “bianchi” era data da una tavolozza limitata, con ornati generalmente eseguiti usando non più di tre colori, soprattutto il giallo, il blu e l’ocra.Il momento culminante della produzione dei “bianchi” italiani si ebbe tra la seconda metà del XVI secolo e la prima metà del XVII secolo, mentre successivamente, in quasi tutte le regioni, la produzione proseguì su livelli inferiori sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Il primo studioso che utilizzò il termine “compendiario” per indicare un particolare stile della maiolica fu Gaetano Ballardini, che si avvalse di un termine usato dagli archeologi per definire un tipo di pittura della Roma imperiale. Lo stile pittorico “compendiario” è uno stile riassuntivo, tecnicamente eseguito con rapide pennellate che portano a raffigurazioni essenziali e stilizzate.

La scelta di dedicare la mostra alla sola produzione dei “bianchi” deriva dalla notevole eterogeneità ed ampiezza della produzione di maiolica italiana di stile compendiario, che sarebbe difficile documentare in modo esaustivo in un'unica mostra. La manifestazione intende rappresentare le tappe e le ragioni del successo dei bianchi, attraverso l’esposizione di circa 130 maioliche, realizzate nelle diverse aree di produzione italiane.
Il percorso espositivo si articola in una sezione introduttiva sul Compendiario e sulla rivoluzionaria produzione dei bianchi e in successive sezioni organizzate per aree geografiche di produzione, a partire da quella che è dedicata al territorio dell’Emilia Romagna su cui insiste Faenza, che costituisce il primo e il più antico centro di produzione dei bianchi di stile compendiario. Le altre sezioni sono dedicate alle aree geografiche necessarie a delineare la storia dei bianchi in Italia: Trentino, Lombardia, Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Puglia, Campania, Calabria, Molise, Basilicata, Sicilia e Sardegna.Accanto a opere di celebri botteghe e maestri, saranno esposti lavori meno noti, ma utili a documentare la capillare diffusione dei bianchi in tutta Italia.

 

fonte:
Ufficio Stampa CivitaBarbara Izzo
tel. 06 692050220
cell. 348-8535647 e-mail izzo@civita.it
Arianna Diana
tel. 06 692050258 diana@civita.it http://www.civita.it/ – sala stampa

La Maiolica Italiana di Stile Compendiario "I Bianchi"

 

Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Viale Baccarini 19 – 48018 Faenza RA
tel. 0546/697311 - fax. 0546/27141
E-mail: info@micfaenza.org

ORARIO ESTIVO: 1 aprile - 31 ottobre
dal martedì alla domenica e festivi 9,30-19,00
Il museo è chiuso: tutti i lunedì non festivi, 1 gennaio, 1 maggio, 15 agosto, 25 dicembre

 

 

 

 

 

L'esotismo nell'arte

 

Esotismo indica il gusto e l’interesse per la cultura e il costume di popoli lontani con stili di vita diversi da quelli occidentali. Nell'ambito del Decadentismo europeo l’esotismo rappresenta anche un desiderio di evasione, l’aspirazione ad una vita più intensa (perché più voluttuosa o violenta) e di recuperare valori perduti che si riteneva fossero ancora vivi nelle civiltà considerate “primitive”.

 


Paul Gauguin. Te Tamari no atua (La nascita di Cristo, figlio di Dio). 1896. 
Olio su tela. 96x131,1 cm. Neue Pinacotek, Monaco di Baviera.


Sull’arte l’influenza dell’esotismo si rivela nella scelta di soggetti o di particolari figurativi che possono essere desunti da esperienze di viaggi, da scambi commerciali o dalla fantasia degli artisti stimolata da racconti e testimonianze.
Avendo una matrice irrazionale, l’esotismo si manifesta in tutti i tempi nella storia dell’arte, ogni volta che un paese o una civiltà viene a contatto con un’altra.

 

 

 Oinochoe. Ceramica dipinta da Rodi. Stile greco orientalizzante.
VI sec. a. C. Metropolitan Museum of Art, New York

 


Nell’antichità l’arte greca ha conosciuto un periodo orientalizzante, così pure l’arte etrusca. Nell’alto medioevo l’arte in Italia è una mescolanza di stili “stranieri”, come quello bizantino, longobardo, carolingio, ecc. Più tardi, l'architettura del Romanico a Venezia, Pisa e nel sud d’Italia presenta numerosi riferimenti orientali soprattutto per i fiorenti scambi commerciali con il Medio Oriente e i paesi arabi, ma influenze orientali sono presenti anche nel Gotico e nel Rinascimento.

 


Part. del Corteo delle Vergini. V sec. Mosaico. Sant'Apollinare Nuovo. Ravenna



In seguito alle scoperte geografiche, a partire dal Seicento e nel corso del Settecento, i contatti con i paesi extraeuropei divennero più intensi e costanti,  di conseguenza si accrebbe l’interesse verso quei popoli lontani. Nell’arte si diffusero i temi esotici anche grazie all’opera di artisti come Rembrandt, M Le NainVelasquezLa Tour e Giambattista Tiepolo.

 


Giambattista Tiepolo. 1718. Cacciatore a cavallo. Collezione Fondazione Cariplo.

 


Una nuova fonte per la diffusione dell’esotismo, nel XVIII secolo, è rappresentata dalle relazioni dei missionari, ricche di informazioni e descrizioni dei paesaggi e monumenti cinesi. Si diffuse la moda della cineseria che invase ogni campo espressivo: la progettazione dei giardini, l’arredamento, la ceramica, l’abbigliamento, la produzione tessile, la decorazione.

 



François Boucher. Il giardino cinese. 1742 ca. Olio su tela. 40.5 × 48 cm.
 Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie de Besançon


Mobili e oggetti ispirati a modelli cinesi e giapponesi divennero molto comuni nelle residenze signorili, finché non costituì un elemento fondamentale dello stile Rococò. Questa moda settecentesca, puramente decorativa, era comunque diversa dall’esotismo ottocentesco, basato su un desiderio profondamente sentito che porterà diversi artisti e intellettuali anche a viaggiare e soggiornare lontano dalla patria.

La spedizione napoleonica in Egitto costituì la premessa essenziale alla formazione dell’esotismo preromantico. Con il Romanticismo, nella poesia e nelle arti, il mito della lontananza, del mistero, la passione per ciò che non si conosce e la sensuale contemplazione di mondi voluttuosi e cruenti divenne una componente fondamentale. I pittori romantici come Delacroix, A. G. DecampsÈ. Fromentin e altri, proposero spesso temi esotici nei loro dipinti. Per fare qualche esempio si può ricordare Il massacro di Scio, le Donne di Algeri, o i dipinti sugli animali esotici di Delacroix.

 


Eugéne Delacroix. Il massacro di Scio. 1823-24. Olio su tela. cm. 417X354. Parigi, Louvre 

 


La storia dell'esotismo nell’arte proseguì nel tempo e ricomprarve in una veste nuova con l’Impressionismo. Il giardino giapponese di Givenchy, fonte di ispirazione delle meravigliose Ninfee di Monet è uno degli esempi più noti, ma l’esotismo sta alla base dello studio dell'arte nipponica e delle collezioni di stampe giapponesi che gli artisti impressionisti e postimpressionisti stavano raccogliendo.

L’arte giapponese divenne poi imprescindibile per la corrente del Simbolismo, soprattutto nello stile di Gauguin di Bonnard e dei Nabis, ma ha avuto un ruolo importante anche per un pittore come Van Gogh continuò ad essere un modello di riferimento anche per l’Art Nouveau.

 

Vincent van Gogh, Japonaiserie (ispirato a Keisai Eisen), 1887, Olio su cotone.
110,3 x 60 cm, Van Gogh Museum Amsterdam 

 


Un’altra vicenda artistica inerente all’esotismo è la scoperta dell’arte Africana, punto di passaggio fondamentale per lo sviluppo del Cubismo in funzione di una rottura stilistica radicale rispetto alla rappresentazione dello spazio di tradizione rinascimentale.

In seguito, nelle diverse correnti novecentesche, i richiami alle culture extraeuropee, passando attraverso esperienze come ad esempio le ricerche sul Linearismo orientale di Tobey, o la ripresa di caratteri cufici di Tápies, divennero molto più liberi, spesso dovuti alle esigenze espressive dei singoli artisti e rispecchiano una visione sempre più globale e multiculturale.

 

A. Cocchi

 

 

Bibliografia

 

 H. L. Jaffè. L'arte del XX secolo. Sansoni editore, 1970

R. Barilli. Soggettività e oggettività del linguaggio simbolista. in L'arte Moderna Vol.2 F.lli Fabbri Editori, Milano. 1975
M. T. Benedetti. Simbolismo. Dossier Artn.128. Giunti, Firenze 1997

 

 

 

 

Modelle e pittori.
Agostina Segatori e gli Impressionisti 

 


Camille Corot. Ritratto di Agostina Segatori. 1870. Olio su tela

 

 

Agostina Segatori nasce nel 1843 in Ciociaria, forse ad Anticoli Corrado.
Durante un viaggio in Italia negli anni ’60/70 dell’ottocento Jean Baptiste Corot la sceglie come modella, portandola a Parigi. Qui conoscerà altri pittori importanti di cui sarà modella: Jean-Léon GéromeEdouard Manet Edgar Degas.
Nel 1872 incontra il pittore Edouard Dantan. La relazione dura fino al 1884. (Poi Dantan si sposerà con un’altra e morirà in un incidente nel 1897, per il ribaltamento della carrozza a cavallo).

 


Jean-Léon Gérôme. Volto di donna italiana (1860?)

 


Il 6 ottobre 1873 le nasce un figlio non riconosciuto da Dantan, Jean-Pierre, che prenderà il cognome Ségatori-Morière, dal patrigno (nel frattempo la madre si era sposata). Entrato al liceo di Vanves il 6 ottobre 1879, ne uscirà il 15 dicembre 1885, stabilendosi a Parigi in rue Mansart n.1 e aprendo un’attività di corniciaio e doratore in legno.

 


Edouard Manet. Ritratto di Agostina Segatori. 1860.


La Segatori ebbe anche una relazione sentimentale con il pittore svedese August Hagborg che le fece un ritratto, e uno glielo fece anche Manet, che fu venduto dal mercante Portier a Alexandre Cassat, fratello della pittrice Mary Cassat, e che ora si trova in una collezione privata di New York. (oltre ai famosi ritratti di Corot). Finita la carriera di modella il 10 aprile 1885 aprirà prima un cabaret nella rue Richelieu, Au Tambourin, che chiuderà presto i battenti, trasferendosi lo stesso anno in boulevard de Clichy n.62.

 


Un affiche di Jules Chéret

 


Questo locale, arredato con l’aiuto di GauguinNorbert Goeneutte, Ludovic Némo (pseudonimo di Emile Bernard), H. Tode, etc., con tavoli e sedie a mò di tamburelli, che richiamano l’insegna, in cui la padrona e le affascinanti sue giovani cameriere servono ai tavoli in costumi folcloristici della Ciociaria, diventerà presto un punto di riferimento per la giovane cultura pittorica dell’epoca a Montmartre.

 


Una locandina pubblicitaria del Tambourin


La Segatori lo userà anche per esposizioni temporanee e per aste di dipinti di pittori suoi amici.
Organizzerà qui una mostra con opere di Edouard Dantan, Jean-Léon Gérôme, Bernard, de Pille e altri e lascerà nella primavera del 1887 carta bianca anche a Van Gogh, divenuto forse suo amante per pochi mesi, che organizzerà una mostra di crépons giapponesi, con opere dei suoi amici del Petit Boulevard (Bernard, Anquetin e altri).



Jean Baptiste Camille Corot. Agostina. 1866. Olio su tela.


 


Il locale, trasformato nel 1893 in Cabaret de la Butte, diventò poi il famoso Cabaret des Quat’Z’Arts, alla fine del secolo.
Agostina Segatori  morì nel 1910, portandosi nella tomba i segreti di una stagione irripetibile per la storia dell’arte moderna.

 


Edgar Degas. Four studies of an Italian woman. 1857?


Di lei restano oltre agli stupendi ritratti già citati di Corot, Manet, Gérome, Degas, Hagborg, H.Tode e soprattutto Van Gogh, alcune opere di Dantan, che ritraggono lei e il figlio: nel 1873 un medaglione in cera di lei, Jupiter e Léda, L’Annonciation, molti ritratti del figlio, poi nel 1878: Femme turque assise faite rue Capron à MontmartreJean-Pierre en incroyableJean-Pierre en costume Breton, etc.
Nel 1884, nonostante la loro separazione, per decorare il locale della rue de Richelieu le dona Le portrait d’une Villervillaise, La mère Catin la Dufay, e un bouc  dipinto su un tambourin.

A. De Robertis

(Notizie ricavate dal blog di Bernard Vassor Autour  du Père Tanguy).

 

 

 

Falsi e copie su Van Gogh

 


L'Arlesiana dello GNAM di Roma, attribuita a Van Gogh

 

Alcuni studi condotti da Antonio De Robertis sul mercato dei falsi e sul problema delle copie riferite all'opera di Van Gogh.

 

I falsi van Gogh esposti al Vittoriano.

 


Claude-Emile e Amedèe Schuffenecker (attr. erronea a Van Gogh)
Augustine Roulin con la figlia Marcelle. Filadelfia, Museum of Modern Art

 

Posted by: geometriefluide on: settembre 18, 2010

C’e troppa disinformazione su Van Gogh. E’ recente la figuraccia degli organi di stampa nazionali ed esteri, che hanno lanciato la notizia di un quadro rubato in un museo del Cairo, con la foto di uno che si trova nel museo di Hartford in Connecticut, che tra l’altro è oramai considerato una errata se non falsa attribuzione. Ora è in arrivo una ben più grave notizia, legata alla PROSSIMA MOSTRA SU VAN GOGH AL VITTORIANO DI ROMA. Perché il quadro: Augustine Roulin con la figlia Marcelle, in prestito dal museo di Filadelfia è un falso, realizzato dai fratelli Schuffenecker. Per approfondire l'argomento si può consultare l'articolo di Antonio de Robertis su Geometrie fluide. E’oramai risaputo che nel catalogo completo dell’opera di Van Gogh (circa 900 opere a olio), quasi 90 (pari al 10%), potrebbero essere falsi o errate attribuzioni. Di queste, circa 30 (pari a un terzo), sono riconducibili ai due fratelli Claude-Emile e Amedèe Schuffenecker, pittore il primo e mercante prima di vini poi di quadri il secondo. Uno di questi è sicuramente : Augustine Roulin con la figlia Marcelle in prestito dal museo di Filadelfia per questa mostra. Antonio De Robertis, uno dei maggiori specialisti dell’opera di Van Gogh, ci spiega le ragioni per cui questo dipinto è un falso, con un piccolo saggio, facente parte del suo libro: Il mio Van Gogh. Saggi brevi e non, pubblicato nel 2007, poi ripreso nel successivo libro: Il Ritratto senza nome & il nome senza ritratto. Tutti i ritratti e i nomi sconosciuti da Anversa ad Auvers, pubblicato nel 2009. Approfondimenti offerti da Geometrie fluide anche su Van Gogh ritrattista.

 

 


Autore ignoto, (falso van Gogh) Contadino che fabbrica un cesto,
una delle opere esposte al Vittoriano

 

 

Antonio De Robertis ci segnala alcune opere che potrebbero essere false tra quelle espooste alla mostra di Van Gogh attualmente al Vittoriano. Si riporta di seguito la sua segnalazione.

Nelle scorse settimane ho segnalato 3 opere dubbie di Van Gogh in mostra a Roma: Ritratto di Madame Roulin con la figlioletta (1888) Olio su tela, 92,4 x 73,5 cm,Philadelphia Museum of Art – Lascito di Lisa Norris Elkins, 950, - Autoritratto (1886)Olio su tela, 38,8 x 30,3 cm,del Geemente museum dell’Aja, - La casa di Jorgus (1890)Olio su tela, 33 x 40,5 cm, già proprietà Readers Digest.

Ora che finalmente ho potuto visionare il catalogo Skira mi sono accorto che altre due vanno aggiunte alla serie: Contadino che fabbrica un cesto (1885)Olio su tela, 41 x 33 cm,collezione privata,Dr. Gachet (1890),Incisione su carta, 18 x 15 cm.

Cinque quadri falsi su più o meno 25 esposti fanno il 20%,media altissima se consideriamo che dei circa 900 Van Gogh catalogati,90(solo il 10%) sono stati ritenuti dubbi dai 13 massimi studiosi mondiali. La mostra si sta rivelando un successo di pubblico e ne sono contento,ma come studioso non posso tacere che dal punto di vista filologico si sono trascurate le risultanze di anni di studi scrupolosi sui falsi, condotti da me e da altri ben più eminenti ricercatori,che avrebbero invitato alla prudenza,quindi sarebbe stato meglio evitare di esporli. Per il commento ai primi tre rimando in particolare ai blogs Geometrie fluide e alle interviste che ho rilasciato recentemente a New Notizie e Gossip Italiano.Il quarto è un falso Schuffenecker,già da me contestato alla mostra di Treviso del 2002. Il quinto è contestato da anni da Benoit Landais, studioso francese, trapiantato ad Amsterdam.

Sull'opera Contadino che fabbrica un cesto si è a lungo discusso a proposito dell'assegnazione a Van Gogh. Per la maggior parte degli studiosi e anche per lo stesso comitato scientifico del Museo di Van Gogh non si tratta di un dipinto del grande maestro olandese. Lo studioso De Robertis si interroga sul motivo dell'esposizione di quest'opera alla mostra su Van Gogh al Vittoriano di Roma. Si indica di seguito la sua riflessione. PERCHE’ QUESTO QUADRO E’ IN MOSTRA AL VITTORIANO? Del comitato scientifico che ha organizzato la mostra di Van Gogh al Vittoriano di Roma fa parte anche lo staff del museo Van Gogh,che ha pure prestato alcuni quadri.Nel numero di gennaio 2005 della prestigiosa rivista d’arte inglese Apollo Martin Bailey, giornalista di spicco e critico d’arte specialista di Van Gogh presenta un articolo dal titolo Van Gogh the fakes debate.(Vincent van Goghs paintings), in cui elenca 38 dipinti per i quali è aperto un dibattito tra i maggiori studiosi al mondo circa la loro autenticità,fortemente messa in discussione.Uno di questi è proprio CONTADINO CHE FABBRICA UN CESTO,che viene così indicato: Peasantmaking a basket.(Nuenen Period)Jan 01, 2005 ... 2. Peasant making a basket, 1885, private collection, JH657/F171a. Oil on panel, unsigned, 41 x 33 cm. Van Gogh Museum specialists have questioned certain 'repetitions' of authentic paintings. In this context Louis van Tilborgh and Ella Hendriks point out that this work is a ... In sostanza ci avverte che i due funzionari del museo Van Gogh Louis van Tilborgh and Ella Hendriks contestano alcune opere che sono ripetizioni di quadri originali e nella fattispecie proprio questo. Ma io ne avevo già contestato l’autografia in tempi non sospetti nel 1994, stilando un elenco di 30 opere dubitabili in catalogo,tutte provenienti dalla collezione dei fratelli falsari Claude-Emile e Amedée Schuffenecker,poi riportate da Martin Bailey in un articolo per il Giornale dell’Arte del giugno 1997 e dalla giornalista inglese Geraldine Norman per il documentario su Channel 4,andato in onda il 26 ottobre del 1997. Lo avevo di nuovo contestato nel 2002 quando l’originale era esposto a Treviso e le mie motivazioni erano chiare: Il quadro sospetto è uno dei soli 3 dei 229 del periodo olandese (gli altri sono: CONTADINA DAVANTI AL FUOCO F176JH799, e MULINO AD ACQUA A GENNEP F47JH526, entrambi non in mostra a Treviso) che sono una copia quasi identica degli omologhi F171aJH657 ,F158JH946 ,F125JH525, quest’ultimo in mostra a Treviso), e la coincidenza che entrambe le versioni dei primi due siano appartenute sia a Schuffenecker che anche ad Eugene Blot, mercante parigino amico dei fratelli falsari non lascia certo tranquilli. 

 

Antonio De Robertis

 

Il falsario dei maestri

 

Legenda: 1) 14 Girasoli, museo Van Gogh, Amsterdam 2) 14 Girasoli, museo Sompo (ex Yasuda), Tokio, entrambi estesi nella parte superiore da un intervento di Schuffenecker. 3) Jardin de Daubigny, museo di Hiroshima,l'originale da cui è stato cancellato il gatto nero (rimane la macchia). 4) foto dello stesso quadro un catalogo di un'asta del 1900 a Parigi in cui c'era ancora il gatto poi sparito. 5) Jardin de Daubigny, museo di Basilea,copia falsa realizzata e poi ampliata da Schuffenecker,che vi aggiunse il gatto, per confonderlo con l'originale. Per ulteriori notizie vedere il sito: http://www.vangoghiamo.altervista.org

 

C.E. Schuffenecker, falsario di circa 30 opere di Van Gogh, smascherato anni fa da Antonio De Robertis ha realizzato falsi d'autore, manipolando opere come "Il grande pino" di Cézanne del 1890-1896 conservato a San Paolo, Museu de Arte de Sao Paulo, Assis Chateaubriand. "Usò la stessa procedura anche in alcuni quadri di Van Gogh di sua proprietà, dei quali poi ampliò anche la copia falsa da lui ricavata. Due in particolare: I girasoli su fondo giallo del museo Van Gogh, di cui fece la copia falsa Yasuda ora a Tokio e il Jardin de Daubigny del museo di Hiroshima da cui ricavò la copia falsa ora al Kunst museum di Basilea, spostando curiosamente un gatto nero in primo piano dall’originale alla copia per confonderle. Anche in questi casi l’aggiunta superiore di alcuni centimetri è visibile ad occhio nudo, ma contrariamente a quanto avvenuto per il Grande pino di Cézanne, Schuffenecker non confessò mai la manipolazione sui Girasoli, scoperta e resa pubblica da me, in un articolo sulla terza pagina del Corriere della Sera del 27 gennaio 1994."

A. De Robertis

 


F279(Leo Nardus) errata attribuzione,
ora al Wadsworth Atheneum di Hartford-Connecticut

 

Posted by: geometriefluide on: marzo 15, 2010

Lo studioso italiano Antonio De Robertis smaschera un falsario sconosciuto di Van Gogh. Risulterebbe uno dei primi proprietari di tre opere nel catalogo generale De La Faille nn.228, 279, 513, ritenuti fortemente sospetti, appartenenti ora rispettivamente a tre fra i principali musei del mondo: National Galerie di BerlinoWadsworth Atheneum di Hartford, Kroller-Muller di Otterlo. De Robertis ha ricostruito i movimenti di un inquietante personaggio che ha vissuto di truffe tra la fine dell'800 e la prima metà del '900, riuscendo a vendere almeno un centinaio di falsi, spacciandoli per capolavori del Rinascimento italiano e olandese e dell'800. Tra gli artisti falsificati risultano Vermeer Van GoghTutta l'indagine di De Robertis su Geometrie fluide.

 

 

 

Slavic do art better

 

Posted by: geometriefluide on: gennaio 20, 2011

 


Alfons Mucha. Vetrata. 1930. Praga, Catterdale di San Vito.

 

Da qualche anno a questa parte, mi capita di seguire e riconoscere a colpo d’occhio delle opere provenienti dalla grande Madre Russia o dall’Europa dell’est in genere.
In realtà, ciò dipende essenzialmente da un particolare stile raffigurativo, utilizzo del colore e, soprattutto, della luce, che i russi [slavi in generale] possiedono. Sembra quasi che le figure e le forme siano totalmente scolpite nella luce, quella luce limpida ed intensa delle terre del Nord, quella luce preziosa, cristallina, di cui gli edifici si nutrono per restituirla al paesaggio circostante o per farla circolare al proprio interno come tiepida linfa.
Questa attenzione per la luce, infatti, la si riscontra anche negli edifici pubblici.

Varsavia, ad esempio, spesso ci si trova immersi in “mostri” architettonici composti di acciaio e vetro, materiali brillanti e leggeri alla vista che permettono alla luce di investire tutto l’ambiente interno e di riflettersi al contempo sulla superficie, dando luce all’esterno. Sono particolari fugaci, ma che colpiscono un occhio attento ed interessato all’impatto visivo e urbanistico delle strutture architettoniche.
Ed è effettivamente il vetro che sembra filtrare le pulsioni “luminose” dell’arte slava.  Il cristallo, anzi.  Lo si vede dai dipinti di Leonid Afremov, che paiono giochi di luce caleidoscopici e bagnati dalle calde tinte della pioggia serale, come una lente bagnata da gocce di pioggia, lo si ammira nelle opere lucenti e terse di Viktor Shvaiko, le quali aprono il cuore su ridenti finestre italiane e in altre disparate opere presenti al museo Nazionale, Narodowe, di Varsavia: opere atmosferiche, sezioni, frammenti di paesaggio dominati da grandi nubi di luce che pervadono gli scenari. Lo sgomento, il sublime, la meraviglia. Questo ciò che si prova innanzi a tali capolavori spesso troppo sottovalutati dal panorama artistico di ieri e di oggi.
Luce, luce e luce, analisi della luce e precisione fiamminga nel trattamento delle figure, che si fanno delicate, sottili, cariche di umanità e di calore [spirito, per altro, proprio di queste etnie], ed anche in un rinomatissimo artista Liberty, Alfons Maria Mucha, allo studio-museo a lui dedicato a Praga, è possibile osservare in una tela ben precisa, Winter Night, questa attenzione alla luce seppure l’ambientazione del dipinto sia notturna.
E ancora vetro riscontriamo nelle opere di Andrei Protsouk, un vetro che, stavolta, si identifica con le forme acuminate delle figure, quasi taglienti, ma alle quali non manca affatto il calore sopracitato.
Fa pensare, tutto ciò, anche alla famosissima Tamara de Lempicka, alle sue cubiche donne dagli occhi di vetro, da cui, probabilmente, il Protsouk trae ispirazione.

Luce e calore.

E che dire del Surreale? Delle forme adottate dal genio paranoico e caliente di Dalì e convertite alla disinteressata e confortante ortodossia delle terre dell’Est?
Anche qui: tratti simili, figurazioni che hanno in comune uno stesso tipo di tensione/espressione che si apre agli azzurri e ai verdi, agli scenari onirici quasi mai sconvolti da torbidi pensieri. Vedasi Vladimir Kush o anche Tomek Setowski. Ma nel Surreale avviene una fondamentale trasformazione: il vetro si fa acqua, le forme divengono fluide e la luce con esse. 
E se parlassimo di ghiaccio, piuttosto che di vetro? Ghiaccio che si scioglie, diviene acqua per intercessione del calore solare, rassicurante e mai totalizzante che, però, non trasforma in vapore?
È interessante considerare questa metafora come processo di creazione ed identificazione dell’arte proveniente da esponenti di una stessa etnia, etnia piuttosto vasta e variegata, per altro. Ed è altrettanto affascinante, osservare e riconoscere la magia delle melodie di Chaikovskij, nelle tele e nelle strade delle terre slave. Con una caratteristica ulteriore. Ricordate «Il maestro e Margherita» di Michail Bulgakov? La sua atmosfera a metà fra il magico ed il circense? I personaggi bizzarri, surreali, “appuntiti” di Azazello e Woland? Bene, vi lascio allora con un’osservazione da condividere: Volodia Popov.

Alessia Hilary Valastro
16.01.2011

 

 

 

 

Dissolvenze: Richter a Firenze

 


Una delle opere di Gerard Richter presenti alla mostra

 

Posted by: geometriefluide on: marzo 10, 2010

Il tema dell'inganno visivo, dell'artificio inteso come manipolazione della realtà e dell'apparenza ingennevole è un tema che trova ampio spazio nella tradizione artistica. La Volta Sistina di Michelangelo la Volta Farnese dei Carracci e il Baccodi Caravaggio sono solo alcuni degli esempi più noti. Ma nella contemporaneità, con lo sviluppo di tecniche di riproduzione sofisticate come quelle dei media, questo tema è fondamentale, soprattutto per quegli effetti così sottilmente efficaci (e spesso devastanti) che le attuali "tecniche dell'inganno" provocano nella società di oggi. La dissolvenza dell'immagine è il tema centrale su cui ruotano le opere raccolte dalla mostra proposta a Firenze dal Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, in Palazzo Strozzi, organizzata in collaborazione con la Kunsthalle di Amburgo. Gerard Richter, tedesco, nato nel 1932, è uno dei più grandi artisti della seconda metà del novecento. Con la sua incredibile "pittura fotografica" ha sviluppato una intensa ricerca espressiva sul rapporto tra la realtà e la sua immagine fotografica, svelando le complesse relazioni tra oggetto ed esperienza soggettiva, dato materiale e rappresentazione. Alla mostra sono presenti alcuni dei lavori più suggestivi di Richter, accanto a quelli di altri maestri contemporanei che si sono dedicati al tema della dissolvenza. Si possono ammirare le opere degli inglesi Antony Gormley e Roger Hiorns, degli statunitensi Marc Breslin e Scott Short, del cinese Xie Nanxing, dell’italiano Lorenzo Banci e del tedesco Wolfgang Tillmans. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 9 alle 20 fino al 25 aprile 2010.

 

 

 

 

La pittura di Cesare Zavattini

 


Una delle opere di Cesare Zavattini presenti in mostra.

 

 

Posted by: geometriefluide on: settembre 11, 2010

Dall'11 settembre al 21 novembre 2010 al Palazzo del Capitano di Bagno di Romagna si terrà la mostra Cesare Zavattini "...ma è certo che sono un pittore". L'inaugurazione avverrà sabato 11 settembre alle ore 17. Orari: da martedì a sabato: 16.00-18.00 e 20,30-22.00 domenica: 10.00-12.00 e 16.00-18.00 - 20,30-22.00 chiuso lunedì. Informazioni: tel. 0543/911046

 

 

 

 

Elsa Morante: scrittrice o profeta?

 

 


Elsa Morante in una foto d'epoca.

  
Elsa Morante, testimone o profeta? Riportiamo qui un brano risalente al 1945, in cui la scrittrice si riferisce a Benito Mussolini. Le sue parole, a un lettore di oggi, suonano profetiche.

"Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbe meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.
Perchè il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini?
Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto.
Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.
Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.
Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico.
In Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare."

 

Elsa Morante.

 

 

 

Se vuoi pubblicare una tua ricerca o articolo, leggi "collaborazioni", "Articoli, testi critici e ricerche" e scrivi a: info@geometriefluide.com

 

 

 

 

I libri di Libor

 


Il poster della mostra

 

Posted by: geometriefluide on: dicembre 3, 2010

In mostra a Casa Moretti di Cesenatico dal 5 dicembre 2010 al 9 gennaio 2011 i bizzarri “libri-oggetto” di Libor Michálak, artista e virtuoso della rilegatura. Non bisognava avere fretta nel preconizzare, con l’avvento della tecnologia digitale, la fine del libro. Perché non si erano fatti i conti con le leggi più sottili dell'evoluzione e con le reazioni che talvolta s’impongono nei processi di mutamento. Ci siamo riscoperti ancora troppo legati all’oggetto, devoti alla ritualità del voltar pagina, affezionati al loro frusciare, golosi annusatori di carte, colle e inchiostri nuovi. Ciò accade per la potenza e la forza che ancora, nell’era digitale, il libro sa mantenere, quasi indifferente ai contenuti che non alterano il fascino e il potere che la «scatola del testo» può ancora evocare. Piccola editoria in crescita, rassegne di meravigliosi prototipi editoriali e artigianali, fiere di antiquaria libraria volumi rari e di pregio, e tanto altro ancora, fanno della Romagna una terra felicemente ricca e stimolante. E nel baricentro costiero della Romagna, a Cesenatico, Casa Moretti è da sempre attenta alla scrittura e alle molteplici forme nelle quali il libro può materializzarsi. Per questo, e da una delle molteplici occasioni di incontro che la cultura può ancora realizzare, è nata questa mostra dei “libri-oggetto” di Libor Michálak, cecoslovacco che per ragioni familiari si è trovato anch’esso in Romagna. Libor nasce nel 1947 a Ostrava nella Repubblica Ceka. Ingegnere e docente presso l'Università di Economia e Marketing di Plzen, è padre di due figli. Grazie a loro, iniziando come per gioco a realizzare piccoli libriccini di filastrocche illustrate, da circa trent’anni si è dedicato alla rilegatura apprendendo le basi della tecnica dal suo caro amico e prestigioso restauratore di libri, Milan Kodejš. Di se stesso dice: «i miei libri sono come il jazz». «Io ho fatto come quei ragazzi neri di New Orleans, che all’inizio del secolo scorso chiedevano strumenti musicali ai militari che tornavano dalla guerra, e senza studio, senza scuole, senza conoscenza delle note musicali, ma solo con grande volontà e passione, hanno iniziato a suonare una musica meravigliosa. Io non ho frequentato una scuola per apprendere come rilegare libri e non conosco le “note” dei rilegatori. “Suono” secondo il mio carattere e l’umore. Non sono segnato dallo studio». E forse per questo che Libor rilega i suoi libri ancora con queste note fresche di umorismo, più difficili da intendere da un onesto e serio rilegatore. Lui non si ritiene un artista, né un professionista, ma forse un libero pensatore. La colpa o il merito di tutto questo va ai suoi amici, che l'hanno convinto che la sua 'arte' andava condivisa attraverso le mostre per divertire altre persone. Libor Michalák dice: «Vi prego non giudicate la mia tecnica, ma cercate di divertirvi. Grazie». inaugurazione domenica 5 dicembre ore 15.30 info: casamoretti@cesenatico.it - infomusei@cesenatico.it tel. 0547.79279

 

 

 

 

A Torino: stai al tuo posto

 


Marc Andrè Robinson. Right of return (By Themselves and Of Themselves)





Il legame tra design e arte contemporanea si manifesta in un originale dialogo creativo sul
tema della sedia, nella mostra Keep your seat, aperta al GAM di Torino fino al
23 maggio.
L’oggetto sedia è analizzato soffermandosi sull’idea di presenza, assenza e solitudine: una scultura dai rimandi infiniti, un luogo fisico dove misurare l’idea di una realtà che non si concede facilmente e che rimanda ad altre verità. Keep Your Seat: Stai Al Tuo Posto, realizzata con
la collaborazione del Vitra Design Museum e della collezione personale del suo direttore, Alexander von Vegesack, è una mostra in cui il protagonismo della sedia è costantemente
minacciato dalla sua negazione, dove la necessità di una presenza funzionale è in realtà la denuncia di un’assenza reale. Il corpo mancante sulla sedia, che nel design rappresenta l’oggetto del suo agire, nell’arte diviene il lato evocativo di un’assenza, di una simbologia esistenziale in cui il corpo dell’opera supplisce e si sovrappone alla mancanza del corpo reale, per questo motivo è la figura assente il vero soggetto di questa mostra.
Ai lavori degli artisti presentati in mostra tra cui Christoph Buchel, Marisa Merz, Tony Oursler, Doris Salcedo, Simon Starling, Adolf Vallazza, vedovamazzei e Chen Zhen, sono accostati 26 lavori di designer internazionali provenienti dalla collezione del Vitra Design Museum e da quella privata del Direttore Alexander von Vegesack.
La presenza di grandi esponenti del design internazionale come, tra gli altri, Charles Renne Mackintosh, Gae Aulenti, Carlo Mollino, Alessandro Mendini, Gerrit T. Rietveld, Fernando e Humberto Campana e la produzione Thonet, ridefinisce gli spazi della sala mostre in ambienti di pensiero indagando, attraverso l’oggetto sedia, sull’uomo, sull’idea di presenza, assenza e solitudine.
Inoltre, per la prima volta in un museo saranno esposti i mobili del famoso fashion designer Rick Owens.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Electa con testi di: Maria Cristina Didero, Fulvio Ferrari, Rocco Curto e Alexander Von Vegesack.


Artisti in mostra: Ghada Amer, Cristoph Büchel, Felice Castrati, Giuseppe Gallo, Phillip Lai, Marisa Merz, Tony Oursler, Marc André Robinson, Doris Salcedo, Alberto Sartoris, Simon Starling, Adolf Vallazza, vedovamazzei, Chen Zhen.

Designer in mostra: Gae Aulenti, Carlo Bugatti, Fernando e Humberto Campana, Joe Colombo, Martino Gamper, Frank O. Gehry, Coop Himmelblau, Massimo Iosa Ghini, Shiro
Kuramata, Charles Rennie Mackintosh, Alessandro Mendini, Carlo Mollino, Jasper Morrison, Olivier Mourgue, Rick Owens, Verner Panton, Gaetano Pesce, Gerrit T. Rietveld, Armando
Testa, August Thonet, Herbert Von Thaden, Sori Yanagi, Tokujin Yoshioka.
 
GAM-GALLERIA CIVICA D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEAVia Magenta, 31 10128 Torino - Italy

ORARI DI APERTURA
Collezioni e mostre Da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00Lunedì chiusoLa biglietteria chiude un'ora prima.
INGRESSO
Intero € 7,50Ridotto € 6,00Gratuito il primo martedì del mese.Ingresso libero per i possessori di Abbonamento Musei e Torino Card

 

 

 

 

 George Maciunas in mostra a Roma

 

 


George Maciunas. Fluxkit. 1964

 

Posted by: geometriefluide on: febbraio 10, 2010

Con la mostra dedicata al lituano George Maciunas, teorico e organizzatore del gruppo Fluxus prende l'avvio la rassegna Fluxis Biennal, incentrata sul celebre gruppo di artisti musicisti berlinesi e curata da Achille Bonito Oliva che proseguirà fino al 2011. La mostra George Maciunas, allestita in Auditorium Arte a Roma dal 26 gennaio al 17 marzo 2010, ripercorrerà lo spirito dell’attività dell’artista lituano attraverso il tema del gioco, inteso come modo di relazione, di scambio e di cambiamento. Saranno esposti, oltre a uno speciale ping-pong riadattato dall’artista, esempi dell’attività di graphic designer di Maciunas, della sua capacità di analisi critica sulla storia dell’arte, così come del suo unico e fertilissimo modo di lavorare all’unisono con gli altri artisti del gruppo Fluxus, fondendo le loro esperienze in un collettivo creativo dove l’equazione e la sovrapposizione tra arte e vita doveva essere totale. Informazioni: tel. 06 80241281 sito web: www.auditorium.com/eventi/4962183

 

 

 

 

Le alchimie di Mendini

 


Alessandro Mendini. Monumentino da casa in legno verniciato, 1975

 

 

Posted by: geometriefluide on: giugno 3, 2010

Fino al 24 luglio al Museo delle Arti di Catanzaro prosegue la mostra Alessandro Mendini. Alchimie. L'esposizione, dedicata all'architetto e designer milanese (nato nel 1931), comporende dipinti, sculture, mobili e progetti, con alcune testimonianze inedite o mai viste prima d’ora in Italia. Le oltre 70 opere esposte, scelte da Alberto Fiz, ripercorrono l'avventura creativa di Mendini dagli esordi, come esponente del Controdesign negli anni Settanta, fino alle opere più recenti, ma viene eviddenziata anche la fondamentale componente sperimentale del suo lavoro. Viene anche documentata la collaborazione tra Mendini e gli altri protagonisti del mondo dell’arte, in particolare Bruno Munari, Gio Ponti, Luigi Veronesi, Denis Santachiara, Bob Wilson, Peter Halley e tutti gli artisti della Transavanguardia. In mostra sono molti gli omaggi di amici e colleghi come i ritratti realizzati da Paladino, Mimmo Rotella, Michele De Lucchi e dall’artista giapponese Tiger Tateishi. Per questa ampia mostra, realizzata con la collaborazione e l’allestimento di Alessandro Mendini e del suo Atelier, sono state coinvolte, in qualità di prestatori, collezioni pubbliche e private italiane e straniere tra cui la Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, il Museo del Design della Triennale di Milano e gli Archivi dell’Università di Parma. Tra i prestatori anche le aziende con cui Mendini ha collaborato tra cui Alessi, Bisazza, Cassina, Cappellini, Venini e Zanotta. Secondo quanto afferma Alberto Fiz, Mendini sviluppa un’indagine che travalica l’oggetto per sviluppare una nuova relazione con il mondo: “L’architettura e il design non sono un fine ma un mezzo per ritrovare una connessione con l’aspetto più intimo delle cose in un desiderio continuo di metamorfosi e di ricreazione che va oltre la lezione del postmoderno. Qualsiasi creazione realizzi, Mendini parte da un’ipotesi antropomorfa dove l’uomo è sempre al centro della sua ricerca”, afferma Fiz. Divisa in quattro sezioni, la rassegna propone le tappe saliente di un’indagine iniziata nella prima metà degli anni settanta quando Mendini è stato tra gli artefici di una contestazione radicale nei confronti del funzionalismo che lo ha condotto nel 1973 a fondare Global Tools, scuola di architettura e design controcorrente avvicinabile all’esperienza dell’arte povera. E’ la fase del Controdesign che ha ampio spazio in mostra con la presentazione della Poltrona di paglia del 1975 a cui si aggiunge la performace Lassù con il falò della sedia in legno, un manifesto contro la tradizione. In mostra viene esposta anche la Sedia Terra del 1975 proveniente dal Vitra Design Museum, oltre all’Armatura per violino e violinista, una vera e propria corazza per uno strumento musicale innocuo. Non manca nemmeno Scivolavo, sedia inclinata verso terra o il Monumentino da casa dove la sedia domestica diventa un trono nell’esaltazione ironica dell’oggetto banale. Rientra in questa indagine anche Costume per Donna e Arpa dove l’arpa e l’arpista sono avvolte da un unico abito a maglia tanto da creare una vera e propria living sculpture, oggetto di una performance il giorno dell’inaugurazione. In seguito al Controdesign, la mostra si concentra sulla determinante fase del Redesign che nasce dalla rielaborazione semiologica di oggetti già noti di cui viene stravolto il significato e la finalità. Risale al 1978 un’opera fondamentale come Zig Zag dove la sedia realizzata nel 1932 dall’olandese Gerrit Rietveld, tra i principali esponenti del neoplasticismo, viene allungata a tal punto da formare una croce sviluppando così un’irriverente religiosità. E’ sempre dello stesso anno Thonet dove la più classica delle sedie assume l’aspetto di un’architettura ambientale che va oltre i suoi confini originari conquistando una nuova aura. Nel 1979 Mendini entra nello studio Alchimia per sviluppare una delle esperienze più significative e intense della sua carriera. Di questa fase sono esposte alcune opere emblematiche come la poltrona Proust ispirata all’autore di Alla ricerca del tempo perduto dove la ridefinizione dell’elemento di arredo passa attraversa la letteratura assumendo un aspetto mentale in un ricordo che si materializza intorno all’idea della decorazione puntinista di Georges Seurat e Paul Signac. Nello stesso periodo realizza il divano Kandissi ispirato a Wassily Kandinsky in una contaminazione tra colore e forma, perfettamente coerente con le teorie del maestro russo. La mostra, poi, presenta un progetto di particolare significato come il Mobile Infinito del 1981 caratterizzato da un mobile continuo nel senso che procede indefinitamente sia nella tipologia sia nel numero di autori coinvolti. A questo grande progetto formato da tavolo, comodino, credenza, letto,hanno partecipato 21 artisti in una sorta di io collettivo che si misura con la complessità. In mostra sono esposti, tra l’altro, il tavolo e il comodino su cui sono intervenuti Mimmo Paladino, Francesco Clemente, Sandro Chia, Nicola De Maria, Denis Santachiara, Gio Ponti, Bruno Munari e Luigi Veronesi. “L’oggetto deve produrre primariamente un pensiero ancor prima di una funzione in una progressiva ipotesi utopica destinata al raggiungimento di una sintesi possibile”, afferma Mendini che nell’ultima sezione della mostra dedicata alle Nuove Utopie esprime in maniera compiuta l’idea di una trasformazione permanente delle cose allargando l’orizzonte di riferimento creativo. L’utopia è rappresentata simbolicamente da tre grandi realizzazioni in oro come Mobile per uomo: GiaccaMobile per uomo: Scarpa, entrambi del 1997 e Visage Archaïque, una grande scultura del 2002 proveniente dalla Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi. Nei primi due casi la componente funzionale è minoritaria a quella monumentale in due mobili-sculture impreziositi da tessere in mosaico oro 24K tagliati e posati a mano. Mobili veri ma anche sculture domestiche dove la base del mobile è il piedistallo della scultura in una contaminazione efficace di generi e modelli. Nel caso di Visage Archaïque Mendini supera la metafora del design per realizzare una grande scultura in tessere di mosaico d’oro che ricorda i Moai, le statue monolitiche che si trovano nell’Isola di Pasqua ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico. In questo caso l’immagine arcaica è verificata attraverso la purezza dell’oro che ripropone la componente visionaria e misterica. Ancora una volta il segno linguistico viene recepito attraverso la logica interna della sua trasformazione. Architetto, designer e artista, Alessandro Mendini è nato a Milano nel 1931. L’architettura non era un suo sogno di ragazzo. In realtà desiderava fare il cartoonist o forse anche il pittore, fatto sta che nel 1959 si ritrova laureato in architettura. Lo Studio Nizzoli Associati è il suo primo luogo di lavoro. Nel 1970 abbandona la progettazione architettonica per dedicarsi al giornalismo specializzato in architettura e design. Dirige la rivista Casabella dal 1970 al 1976 e l’anno successivo fonda Modo che guida fino al 1979. E’ Giò Ponti, quello stesso anno, a consegnargli la direzione di Domus incarico che prosegue sino al 1985. A distanza di 25 anni, da marzo 2010 riprende la direzione della rivista. Negli anni settanta Mendini prende parte a gran parte delle esperienze di radical design che vedono la luce in questo periodo. Nel 1973 è tra i fondatori di Global Tools, un gruppo che fa parte del controdesign e si oppone con forza alla tradizione proponendo tematiche nuove come il corpo, la nuova edilizia, la comunicazione sociale e individuale. I membri del movimento si riuniscono nella redazione di Casabella. Nel 1979 gli viene assegnato il Compasso d’Oro per la sua attività di approfondimento teorico. In questi anni pubblica anche libri che raccolgono le sue idee: Paesaggio Casalingo (1978), Addio Architettura (1981) e Progetto Infelice (1983). Nel 1979 entra nello Studio Alchimia, fondato nel 1973 da Alessandro Guerriero, che punta alla creazione di oggetti con riferimenti alla cultura popolare e al kitsch, al di fuori della produzione industriale e della loro funzionalità. Una sfida nei confronti dei principi progettuali per inseguire il sogno alchimistico, per trasformare anche il materiale più povero in oggetti di valore. Con lui lavorano, tra gli altri, Ettore Sottsass e Michele De Lucchi. Nel 1981 vince con Alchimia un altro Compasso d’Oro per la realizzazione del Mobile Infinito. Nel 1989 apre, con il fratello Francesco, l’Atelier Mendini a Milano. Realizza oggetti, mobili, ambienti, pitture, installazioni, architetture. Collabora con compagnie internazionali come Alessi, Philips, Cartier, Bisazza, Swatch, Hermès, Venini ed è consulente di varie industrie, anche nell’Estremo Oriente, per l’impostazione dei loro problemi di immagine e di design. E’ membro onorario della Bezabel Academy of Arts and Design di Gerusalemme, è Chevaler des Arts et des Lettres in Francia, ha ricevuto l’onorificenza dell’Architectural League di New York e la Laurea Honoris Causa al Politecnico di Milano. E’ stato professore di design alla Hochschule fur Angewandte Kunst a Vienna ed è professore onorario all’Academic Council of Guangzhou Academy of Fine Arts in Cina. Ha organizzato diverse esposizioni e seminari in Italia e all’estero. I suoi lavori si trovano in vari musei, nella collezione permanente del Gilmar Paper Company, al Museo d’Arte Moderna di New York, negli archivi dell’Università di Parma e al centro Pompidou di Parigi. Con l’Atelier Mendini ha operato in diversi paesi progettando, tra l’altro, le fabbriche Alessi a Omegna, la nuova piscina olimpionica a Trieste, alcune stazioni della metropolitana e il restauro della Villa Comunale a Napoli, il Byblos Art Hotel-Villa Amistà a Verona, i nuovi uffici di Trend Group a Vicenza, il recupero di tre aree industriali con edifici destinati a spazi commerciali, uffici, residence e abitazioni a Milano Bovisa; una torre a Hiroshima in Giappone; il Museo di Groningen in Olanda; un quartiere a Lugano in Svizzera; il palazzo per gli uffici Madsack ad Hannover e un edificio commerciale a Lörrach in Germania, e altri edifici in Europa e negli Stati Uniti. Attualmente, in Corea, con l’Atelier Mendini sta coordinando il progetto Milan Design City, con vari edifici fra i quali la nuova Fiera di Incheon e la sede della Triennale di Milano. Alessandro Mendini Alchimie. Dal Controdesign alle Nuove Utopie Catanzaro, MARCA (via Alessandro Turco 63), 11 aprile- 25 luglio 2010. Orario: da martedì a domenica 9,30-13; 16-20,30; chiuso lunedì Ingresso: 3 euro; tel. 0961.746797. Catalogo Electa. info@museomarca.com www.museomarca.com

 

 

Renato Birolli a San Marino

 


Una delle opere di Renato Birolli esposte alla mostra.

 

Posted by: geometriefluide on: maggio 20, 2010

Alla Galleria d'arte moderna e contemporanea di San Marino fino al 30 giugno si svolge la mostra Renato Birolli. Necropoli e paesaggio adriatico, a cura di Zeno Birolli e Paolo Rusconi. L'esposizione è dedicata al lavoro compiuto dal pittore Renato Birolli (1905 - 1959) nell'area marchigiana durante gli anni Cinquanta. Renato Birolli arrivo' a Fosso Sejore, tra Pesaro e Fano, nell'estate del 1950, stabilendosi presso la casa di un pescatore. Per quell'anno e per le successive due estati, nel '53 e nel '54, fece di questo luogo lo spazio del suo lavoro e della elaborazione del paesaggio marino e terrestre, nonche' dalla riflessione sulla vita dei contadini e dei pescatori, fuori da qualsiasi istanza retorica. Tale periodo di ricerca e fervida attività - testimoniato dalle aperture internazionali del pittore, dalla sentita partecipazione al dibattito politico e artistico del dopoguerra, dalla ripresa della scrittura di un Taccuino in cui sono raccolti disegni e appunti adatti a cogliere la dimensione vitale, dinamica, cromatica e geometrica dell'ambiente naturale - e' rimasto meno frequentato dalla storiografia e dalla letteratura artistica. L'esposizione intende mettere in luce il particolare carattere di questa produzione molto legata ai luoghi, al paesaggio adriatico e al tema della Necropoli. Questo tema, che compare in un quadro durante il secondo soggiorno, nell'estate del 1953, e si riferisce a un luogo archeologico preciso - Novilara -, riveste nelle versioni degli anni successivi un significato esemplare del percorso dell'artista verso una maggiore presenza dell'uomo e della memoria. Sono esposte circa 40 opere, tra cui dipinti (molti di grande formato), un gruppo di ceramiche e disegni, oltre ad un ricco ed inedito corpo di materiale di documentazione. In mostra vi saranno dei veri capidopera e alcuni dipinti provenienti da musei italiani e stranieri, tra cui Storia di mare (Tramonto della luna) (1953 Olio su tela) della Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino e alcuni sconosciuti al pubblico italiano, come Falce sedia e canestra sull'aia (1952 Olio su tela) proveniente da São Paulo del Brasile ed Estate (n°2), (1954 Olio su tela), proveniente da New York. Il catalogo, edito da Scalpendi, oltre a documentare il percorso espositivo si gioverà di una serie di contributi riferiti al lavoro del pittore e alla sua biografia. Il carattere di questi scritti intende avere il vantaggio di una conoscenza diretta delle fonti manoscritte e a stampa conservate presso l'Archivio Rosa e Renato Birolli conservato a Firenze. In particolare sono stati privilegiati ambiti poco noti del lavoro dell'artista come il mosaico, la ceramica e un album di disegni databile al 1950. Inoltre una parte del catalogo e' dedicata all'approfondimento di alcune lettere inviate al collezionista Cavellini e a una dettagliata biografia degli anni Cinquanta. I saggi in catalogo sono di Paolo Rusconi, Claudio Spadoni, Gloria Manghetti. L'organizzazione della mostra avviene nell'ambito dei Musei di Stato della Repubblica di San Marino, con la direzione di Francesca Michelotti e la collaborazione di Juan Carlos Ceci. Oltre a questi testi saranno pubblicati degli estratti inediti dalla corrispondenza dell'artista e dai suoi scritti. Accanto alla mostra saranno previste una serie di manifestazioni collaterali quali conferenze e lezioni e attività didattiche per le scuole. Per informazioni: tel. 0549 885132 - 885414

 

 

 

 Edoardo Gellner a Fabbrica

 

 

 

27 novembre 2010 – 16 gennaio 2011

A chiusura delle celebrazioni per il centenario dalla nascita dell’architetto Edoardo Gellner, Fabbrica ospita una mostra ed una Giornata di Studi a lui dedicate.

Figura di spicco nel campo dell'architettura italiana e internazionale della metà del Novecento, Gellner lavora nel campo dell’interior design, dell’urbanistica e dell’architettura. Autore di numerose pubblicazioni sul tema del paesaggio e dell'architettura rurale alpina, realizza alcune importanti opere tra le quali il Villaggio Residenziale di Corte di Cadore costruito per Enrico Mattei e la chiesa di NostraSignora del Cadore, progettata in collaborazione con Carlo Scarpa.

La mostra, curata da Michele Merlo, ripropone l’esposizione realizzata a Cortina nell’estate 2009 e patrocinata, tra gli altri, dal PARC (Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanea), dalla Regione Veneto e dal Comune di Cortina.

Edoardo Gellner@Fabbrica

Mostra

Inaugurazione : 27 novembre 2010 ore 18.00

giovedì – domenica, inclusi festivi 15.00 – 19.00

apertura straordinaria 8 dicembre 15.00 – 19.00

chiusura 31 dicembre

 

Gellner. Similitudine, distinzione, identità

Giornata di Studi

27 novembre 2010 ore 9.30 – 17.00

fabbrica

Viale Carducci, 119 47035 Gambettola (FC)

Tel. 0547 5211 Fax: 0547 59302

e-mail: fabbrica@angelograssi.it web: www.angelograssi.it

 

 

 

 

 

 L'arte delle donne a Milano

 

Posted by: geometriefluide on: febbraio 16, 2010

L'arte delle donne – Dal Rinascimento al Surrealismo, in via di svolgimento al Palazzo Reale di Milano è aperta fino al 9 marzo 2008. Una mostra che raccoglie oltre 260 opere realizzate tra il Sedicesimo ed il Ventesimo secolo da 140 artiste, tra cui Rosalba Carriera, Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Nathalie Gontcharova, Camille Claudel e Tamara de Lempicka provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo. Il percorso espositivo parte dal Cinquecento con le opere di Sofonisba Anguissola (c.1535-1625), ammirata dan Anton Van Dick e Lavinia Fontana (1552-1614), grande ritrattista delle famiglie dell'aristocrazia bolognese. Seguono i dipinti di Marietta Robusti (c.1550-1590), figlia di Tintoretto, e Artemisia Gentileschi (1593-1654), altra nota pittrice figlia d'arte. Il Settecento è rappresentato da Rosalba Carriera (1675-1757), con i suoi raffinatissimi pastelli. Per l'Ottocento è stata presentata Camille Claudel, (1864-1943) con alcune delle sue sculture. Il Novecento si apre con le grandi Tamara de Lempicka (1902-1980) e Frida Kahlo (1907-1954) e si spinge fino alla celebre personalità di Meret Oppenheim (1913-1985), rappresentante della sperimentazione d'avanguardia. Informazioni: Milano, Palazzo Reale 5 dicembre 2007 – 9 marzo 2008 Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì dalle 9.30 alle 22.30 Biglietti: intero 9 euro; ridotto 7 euro Catalogo: Federico Motta Editore Per informazioni: 02 54915

 

 

 

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