Gustave Courbet. La filatrice.1853. Olio su tela, 91 x 115 cm, Musée Fabre, Montpellier
La componente più rivoluzionaria della pittura di Courbet è l'attenzione al dato concreto. L'artista è solito ritrarre personaggi in modo spontaneo, senza ricorrere a una messa in posa "decorosa".
Gustave Courbet è il principale esponente del Realismo francese. Di famiglia contadina benestante, nacque a Ornans nel 1819. Non ebbe una formazione scolastica ma seguì i proprio studi come autodidatta.
Nel 1840 si trasferì a Parigi per dedicarsi alla pittura. Evitò l'accademia e le scuole d'arte ufficiali poiché non condivideva quel tipo di insegnamento, basato su regole e procedimenti imposti, imparò a dipingere osservando e studiando le opere dei maestri del Louvre. Scelse, come affermava lui stesso, la vita del bohemien e dell'impegno politico e sociale.
Nel 1861 aprì una propria singolare scuola, in antitesi alle scuole di stato, che funzionava come un'antica 'bottega' in cui si imparava il mestiere dell'arte, con un insegnamento basato soprattutto sull'osservazione del vero, sulla tecnica e sull'esperienza.
Il realismo di Courbet ha radici culturali complesse e lontane, si riferisce alle opere in gran parte conosciute studiate a fondo nel Louvre. I 'maestri' di Courbet sono i manieristi italiani, Caravaggio, Tiziano, Rembrandt, e artisti più recenti come Gèricault, uno dei principali esponenti del Romanticismo francese.
I temi dei suoi quadri nacquero sia dalle sue scelte di vita, sia dalle conversazioni con gli amici intellettuali; tra questi Charles Baudelaire, Champfleury, Max Bouchon, Proudhon e gli artisti Corot e Daumier.
Nei suoi dipinti Courbet abbandonò qualsiasi riferimento storico o mitologico, per concentrarsi sui piccoli fenomeni del quotidiano, registrati con un occhio estremamente distaccato e oggettivo, attento ai dettagli più concreti.
La componente più rivoluzionaria della pittura di Courbet è questa attenzione sul dato concreto. L'artista era solito ritrarre personaggi in modo spontaneo, senza ricorrere a una messa in posa "decorosa". Uno degli esempi più noti è La filatrice, un ritratto della sorella addormentata per la stanchezza, fatto senza che la ragazza se ne accorgesse. Attraverso questo suo interesse per il quotidiano, il fatto reale assunse nei suoi quadri una dignità prima impensabile, e questo, nel mondo della pittura a lui contemporaneo, suscitò scandali e risentimenti, tanto da essere definito "un selvaggio".
Altro elemento importante è la tecnica: la sua è una pittura 'fisica' anche a livello tecnico. È una pittura greve, pesante, piena di verdi, bruni, grigi, colori terrestri, ma anche "tattile": Courbet realizza uno strato spesso di colore a olio mescolato a sabbia, e oltre ai pennelli usa la spatola per ottenere effetti di 'concretezza' e rilievi sulla tela.
Nonostante i rifiuti e le critiche pesanti dei salon parigini, Courbet reagisce sia organizzando in proprio una sua mostra personale, sia continuando a presentare le sue opere ai salon. Troverà alcuni convinti sostenitori e soprattutto otterrà un primo grande successo a Francoforte, nel 1858.
Nel 1871 Partecipa all'insurrezione di Parigi e prende parte alla Comune. Ma con la restaurazione viene arrestato e condannato nel 1873 a tre mesi di prigione. Processato di nuovo nel 1874 viene condannato a pagare 300.000 franchi perché ritenuto responsabile dell'abbattimento della Colonna Vendome (eretta nel 1810 in onore di Napoleone. La colonna in bronzo, alta 43 m. illustrava le imprese napoleoniche, a imitazione della Colonna Traiana. È stata abbattuta dal governo rivoluzionario della Comune di Parigi).
Courbet vende all'asta tutte le sue opere e si ritira in un paesino della Svizzera. In seguito a un periodo di malattia, tre anni dopo, nel 1877, muore.
A. Cocchi.
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P.Couthion. L'opera completa di Courbet. Classici dell'arte Rizzoli, Milano 1985
G. Cricco, F. P. Di Teodoro Itinerario nell'arte vol. 3. Zanichelli editore. Bologna 2004
C. Bertelli, G, Briganti, A. Giuliano Storia dell'arte italiana. Vol. 4, Electa Mondadori editore.
J. J. Fernier, Courbet. Dossier Art n. 99. Giunti, Firenze 1995