Il villaggio di Deir-el-Medina. Nuovo Regno. Luxor, Egitto. Foto di Roland Unger
Presso i cantieri delle grandi necropoli faraoniche erano stati costruiti diversi villaggi operai dove si svolgeva la vita degli antichi costruttori.
All'interno delle antiche necropoli egizie, per avere una migliore continuità e organizzazione dei lavori esistevano diversi villaggi abitati.
Nella necropoli della Valle delle Regine, presso una delle due dighe della ta set Neferu sono ancora visibili i resti delle costruzioni in pietra di età ramesside, semplici abitazioni realizzate per le maestranze impegnate nella costruzione e decorazione delle tombe.
Ma il più noto è il villaggio di Deir el-Medina, molto ben organizzato, composto da numerose abitazioni di diverse dimensioni e tipologie. Più a monte era anche situato un posto di guardia, per la polizia del faraone.
Proseguendo il sentiero si potevano raggiungere anche i cantieri della Valle dei Re, verso nord-ovest. Il villaggio rimase in funzione durante il Nuovo Regno, poi venne abbandonato con il termine dei lavori delle due necropoli.
Un altro villaggio, denominato Villaggio di ta set Neferu, è stato scoperto in occasione degli scavi archeologici del 1985-86. E' situato nel cuore della Valle delle Regine, e si estende per circa mille chilometri.
Venne danneggiato dapprima in età romana, poi in età cristiana, quando i materiali delle costruzioni vennero reimpiegati per costruire nuove abitazioni.
Sul confine a ovest della valle delle Regine si trova il villaggio di Set maat, voluto dal faraone Ramesse III. Il villaggio di Set Maat, che in Egizio antico significa "La sede dell'Ordine", era un piccolo nucleo di abitazioni, satellite rispetto al più grande e organizzato Deir el Medina, e vi risiedevano coloro che preferivano rimanere sul posto di lavoro durante la costruzione, piuttosto che rientrare nella propria abituale residenza.
E' a questo periodo che risale il primo sciopero dei lavoratori finora conosciuto nella storia.
A causa degli eccessivi ritardi nel pagamento dei salari, consistenti in derrate alimentari, gli operai e gli artisti di Ramesse III si espressero con una protesta, minacciando di fermare i lavori con un'azione di sciopero. Nell'anno 28 del regno di Ramesse III lo scriba Neferhotep sollecitava il vizir To di provvedere ad inviare gli alimenti. Dopo l'intervento del Vizir sembra che il problema fosse momentaneamente risolto, ma le difficoltà economiche del paese causarono numerosi episodi di proteste operaie e gli scioperi sono documentati a partire dall'anno 29 fino alla fine del regno di Ramesse III.
Con la XXI dinastia la costruzione delle tombe terminò e i villaggi operai vennero abbandonati.
Villaggio di Deir el-Medina. Veduta delle mura di cinta. Luxor, Egitto
Il villaggio di Deir el-Medina è una interessante testimonianza di struttura urbana e di architettura civile dell'antico Egitto che sorse durante il Nuovo Regno.
In questo periodo le sepolture dei faraoni hanno ormai abbandonato l'aspetto delle piramidi, caratteristiche dell'Antico Regno, per assumere la forma di monumentali ipogei scavati nella roccia. Sorsero così le enormi necropoli della Valle dei Re e la necropoli della Valle delle Regine, di fronte all'antica Tebe, odierna Luxor, sulla sponda occidentale del Nilo.
Villaggio di Deir el-Medina. Via secondaria e abitazioni.Luxor, Egitto
Il villaggio di Deir el-Medina serviva entrambe le necropoli, poichè è stato appositamente costruito per ospitare gli operai, gli artigiani e gli artisti impegnati nelle costruzioni delle tombe. Un sentiero, ancora oggi percorribile collegava il villaggio operaio con i cantieri delle necropoli. Il villaggio, perfettamente organizzato fu abitato per tutto il Nuovo Regno e venne abbandonato solo alla fine di questo periodo, quando si conclusero le costruzioni delle necropoli.
Posto di guardia presso Deir el-Medina nella Valle del Dolmen.
Fonte: C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr.
Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
La sua struttura è semplice e funzionale. Circondato e protetto da un muro di cinta lungo 131 metri e largo 50, il centro abitato è di forma rettangolare. Accessibile mediante un'unica porta, è attraversato per tutta la sua lunghezza da una via principale, lungo le quali si dispongono, in modo ordinato, le abitazioni. Le differenze nelle dimensioni e nel numero di strutture testimoniano delle differenze sociali degli abitanti. L'intero villaggio occupava complessivamente circa due ettari e comprendeva una settantina di abitazioni all'interno della cinta muraria e circa cinquanta dimore fuori dalle mura.
La maggior parte delle costruzioni sono piccole, prive di fondamenta ma con basamento in pietra e con piante rettangolari molto simili tra loro anche nella suddivisione degli spazi interni. Le murature, per mantenere gli interni più freschi, sono in mattoni crudi, realizzati con impasti di argilla e paglia, modellati in stampi rettangolari, compattati e poi fatti asciugare al sole. I tetti erano composti di griglie di canne intrecciatte e paglia. Alle pareti erano praticate finestre e porte di piccole dimensioni, coperte con usci di legno o stuoie, per proteggersi dal calore, dalla polvere e dagli insetti. Anche lo spazio interno delle abitazioni è organizzato in maniera funzionale. Appena varcato l'ingresso, un primo vano ha una destinazione sacra, è dotato di nicchia che ospita un altare e oggetti liturgici per il culto degli dei e degli antenati. Il secondo ambiente in genere ha funzione di soggiorno e sala di ricevimento, in alcuni esempi presenta una colonna centrale a sostegno del soffitto. Seguono la stanza da letto, la cucina e una stanza con funzione di deposito per le provviste. spesso una scala conduce al terrazzo.
Alcune costruzioni, riferite a famiglie più ricche, sono più grandi, dotate di fondamenta e si articolano su più ambienti, comprendendo anche quelli destinati a diversi tipi di produzioni artigianali, stalle per animali o depositi per cereali, alimenti o vino.
Sul margine orientale della Valle delle Regine, nella zona detta Valle del Dolmen, si trova un antico sentiero usato ancora oggi, che portava dal villaggio operaio di Deir el-Medina al Santuario rupestre del dio Path e della dea Mert-seger (personificazione della montagna tebana), risalente al faraone Ramesse III.
Dopo un tratto in salita, nel punto più alto del sentiero, su uno sperone roccioso si trovano i resti di un piccolo nucleo di abitazioni che costituiva il posto di guardia, riservato ad uno speciale corpo di sorveglianza. Si trattava della polizia addetta al controllo della necropoli e della via di accesso. La posizione in disparte rispetto al villaggio serviva per evitare troppi contatti e familiarità tra operai e sorveglianti. Sulle mura perimetrali si trova una pietra eretta verticalmente chiamata "menhir", che caratterizza il luogo.
Posto di guardia presso Deir el-Medina nella Valle del Dolmen. Part. del "Dolmen".
Fonte: C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr. Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
Le ricerche archeologiche condotte nel villaggio di Deir el-Medina hanno permesso di recuperare numerosi reperti e informazioni sulla vita quotidiana degli antichi abitanti.
E' stato possibile risalire alle abitudini alimentari, all'abbigliamento, all'arredamento e alle attività. Sono stati ritrovati numerosi manufatti in ceramica legno e tessuti come vasellame, tavoli, sgabelli, letti, cofanetti, biancheria, tovaglie, cuscini, ecc. Gli studiosi hanno ricostruito le retribuzioni dei lavori, che venivano versate soprattutto in forma di alimenti, e si è rintracciata persino la notizia di uno sciopero degli operai.
Villaggio operaio di Ta set Neferu.
Fonte: C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr.
Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
Il ritrovamento di numerosi ostraca, schegge di roccia utilizzate per scrivere dagli scribi dei villaggi operai (attivi a partire dall'età ramesside nelle necropoli della Valle delle Regine) ha permesso agli archeologi di accedere a un grande numero di informazioni e, insieme ad altri reperti, di disporre di una ricca documentazione sulla vita quotidiana dei villaggi.
In base a quanto riportato da queste fonti, le giornate lavorative non erano diverse da quelle odierne, poiché consistevano in otto ore, separate dalla pausa di mezzogiorno per il pranzo. A volte però il lavoro si fermata a metà giornata, poiché il pomeriggio non sempre veniva ripreso. Normalmente ogni mese contava ventiquattro giorni lavorativi, era diviso in tre decadi, in cui ad ogni otto giorni di lavoro seguivano due giornate di riposo. A questi si aggiungevano parecchie feste religiose distribuite nel corso dell'anno. I ritmi di lavoro non dovevano essere eccessivamente pesanti, anche perché negli ostraca ritrovati sono segnate numerose assenze dei lavoratori per motivi personali o di famiglia. Il salario consisteva soprattutto in derrate alimentari.
Ostracon con cavatore di pietra al lavoro. Fitzwilliam Museum, Cambridge
Ogni cantiere solitamente lavorava ad una tomba, solo a volte si poteva occupare anche di due tombe contemporaneamente, era organizzato in squadre dirette dai rispettivi capi-squadra. Il capo-squadra aveva funzioni di coordinamento, guida e controllo nelle fasi del lavoro e di responsabilità sia dell'operato e del buon funzionamento dei gruppi che delle persone. Ogni squadra era formata da operatori specializzati divisi in gruppi che comprendevano i tagliatori di pietra, gli stuccatori, gli scultori, i pittori e i disegnatori.
I pittori e di disegnatori formavano un gruppo a parte, guidato da un maestro.
Questi operatori si tramandavano il lavoro di padre in figlio, e spesso partecipavano ai lavori anche i figli, chiamati "ragazzi delle tombe", che svolgevano il loro apprendistato intervenendo con lavori più semplici e meno faticosi.
I lavori più faticosi e umili venivano invece affidati ai servi, che non vivevano all'interno della comunità.
Tutti i materiali e gli attrezzi necessari allo svolgimento dei lavori erano generalmente forniti dallo Stato, così come gli abiti e gli alimenti con cui venivano pagati gli operai.
Mazza e scalpello egizi. Torino, Museo Egizio.
Fonte: C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr.
Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
Nei villaggi un compito importante era svolto dai guardiani che controllavano le tombe, i materiali e si occupavano dei magazzini con gli approvvigionamenti.
Un'altra figura particolare e considerata di prestigio era lo scriba. Egli era sempre presente nel villaggio e nei cantieri e svolgeva compiti molto delicati, facendo anche da tramite tra i capi-squadra e le autorità dello stato. Lo scriba curava anche il registro delle assenze e teneva i conti dei salari degli operai. Solitamente in ogni tomba lavoravano due scribi, uno per ogni lato, e anche loro tramandavano il proprio mestiere alle successive generazioni.
In ogni squadra erano presenti anche due "guardiani della porta" che all'occorrenza fungevano da guardie del corpo degli scribi, ma generalmente controllavano e distribuivano materiali ed alimenti agli operai o fungevano da messaggeri, portando messaggi tra gli scribi e i vizir.
La polizia del villaggio era chianmata "megiayu" e svolgeva compiti di sorveglianza, sicurezza e servizio d'ordine, ma non viveva con gli altri, per evitare contatti troppo stretti con gli operai e le loro famiglie, i "poliziotti" risiedevano nei posti di guardia, a una certa distanza dal villaggio. Un esempio interessante è il posto di guardia della Valle del Dolmen, nei pressi di Deir el Medina.
A. Cocchi
Arte egizia. Periodizzazione
Schema con i diversi periodi storici della civiltà egizia e le opere d'arte più caratteristiche dalle origini al periodo finale.
Autore: A. Cocchi
Viene prima il tempio di Amon a Karnak, la mastaba o la piramide di Cheope? A volte è facile confondersi perchè la civiltà egizia ha avuto una storia lunga e complicata. Questa mappa offre un valido aiuto per comprendere e ricordare facilmente il succedersi dei momenti storici e rispettivi prodotti artistici perchè riporta tutti i periodi della storia egiziana "in fila" con i principali monumenti che caratterizzano ogni epoca.
Arte dell'Antico Egitto
Mappa sintetica con i principali esempi di architettura, scultura e pittura e riferimenti allo stile. Autore: A.Cocchi
L'arte dell'Antico Egitto è uno dei capitoli più ricchi e interessanti della storia dell'arte antica. La mappa di Geometrie fluide illustra con esempi e schemi chiari e sintetici l'architettura, la scultura e la pittura di questa straordinaria civiltà.
La grafica e le illustrazioni permettono una facile comprensione e assimilazione dei contenuti.
C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr. Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
A. Gabucci (a cura di), A. Fassone, E. Ferraris. Storia dell'architettura. Egitto. Gruppo Editoriale l'Espresso. Bergamo, 2009
AA.VV. La Storia dell'Arte. Le prime civiltà. Electa editore. Milano, 2006
AA.VV. Egitto. Archeologia e storia. Vol. I Folio editrice
G. Cricco, F.P. Di Teodoro Itinerari nell'arte. Vol. I. Zanichelli editore, Bologna 2003
E. Bernini, R. Rota Eikon. Guida alla storia dell'arte. Vol.I. Editori Laterza, Bari, 2005
M. D. Appia Egitto. L'avventura dei Faraoni fra storia e archeologia. Fabbri Editori, I fasc.
F. Negri Arnoldi Storia dell'arte vol I. Gruppo editoriale Fabbri, Milano 1985
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S. Pernigotti Gli artisti nell'antico Egitto Dossier in Archeo. Attualità del passato. anno XVII n.1 (191) gennaio 2001
www. Grandeportale-artecultura.it