Michelangelo Merisi, Caravaggio. Canestra di Frutta. 1597-1600. Olio su tela. 54,5X67,5 cm. Milano, Pinacoteca Ambrosiana
La Canestra di Caravaggio è considerata il primo esempio di natura morta moderna, dove gli oggetti sono protagonisti assoluti rivelati dalla luce nelle loro piena verosimiglianza. Allegoria della Vanitas e ricca di simboli cristologici, è anche un'opera emblematica della cultura del Seicento.
Il dipinto è stato realizzato da Caravaggio nel 1600 ca. È stato richiesto al pittore dal cardinale Francesco Maria Del Monte per regalarlo al cardinale Federico Borromeo di Milano. Si trova ancora all'Ambrosiana: la biblioteca fondata dello stesso Borromeo. Del Monte e Borromeo erano amici e condividevano la passione per la pittura e l'interesse per le scienze (tra cui l'alchimia), tra i due ci sono stati molti scambi culturali.
Il cardinale Federico Borromeo era parente di Costanza Colonna, marchesa di Caravaggio, al cui servizio stava il padre del pittore. I Colonna continuarono a proteggere Caravaggio in tutte le sue disavventure, anche tramite il Borromeo.
Stando ai documenti, la Canestra appartenne al Borromeo fin dal 1607.
Egli era un appassionato di nature morte, genere che si stava diffondendo in quegli anni. Il cardinale possedeva una preziosa collezione con quadri di fiori e nature morte di artisti famosi come il fiammingo Jean Brughel.
La Canestra di Caravaggio è un capolavoro di importanza fondamentale non perché sia il primo, del suo genere, anzi, il genere della natura morta esisteva già ed aveva una lunga tradizione alle spalle, ma perché con questo dipinto Caravaggio contravviene alle regole della gerarchia dei generi, sostenendo che la qualità del dipinto non dipende dal soggetto ma dalla fattura. Con questo quadro si apre una fase nuova, moderna della pittura.
Osservando questo quadro possiamo notare la grande naturalezza, c'è un effetto di cose che sembrano messe là così come sono: la mela buona, quella bacata, le foglie secche, il cesto di vimini. Oggi ammiriamo il forte naturalismo, la pienezza delle forme, i colori e la luce così "veri" che riescono quasi a farci sentire il profumo. Il rapporto con la realtà è uno degli aspetti più importanti della pittura di Caravaggio. Inoltre si avverte anche una luminosità e un'energia positiva, trasmessa da questo quadro, che apparentemente allude alla bellezza della natura così com'è in maniera spontanea.
Ma osservando con più attenzione, si notano altri particolari che possono sembrare abbastanza strani. La completa assenza dello sfondo ci fa capire che Caravaggio non ha esattamente ritratto dal vero la scena, ma ha operato una sintesi, per concentrare tutta la nostra attenzione sul primo piano. L'inquadratura della canestra è decentrata, come se il pittore volesse farci capire che anche le foglie secche sono importanti. La mela buona è quasi nascosta da quella bacata, messa davanti, ben in vista. Inoltre, la cesta è posata sull'orlo del tavolo, in bilico e non al centro, come avviene normalmente, ciò suggerisce un senso di precarietà, transitorietà. Anche il punto di vista è molto strano: è esattamente perpendicolare al bordo del tavolo, si tratta di una visione particolare, privilegiata, assolutamente anomala.
E' quindi chiaro che la canestra di Caravaggio non è semplicemente ciò che sembra, ma è un'allegoria, allude al tema religioso della Vanitas.
Il concetto della natura effimera della vita e delle cose terrene è una delle riflessioni centrali sulle quali si soffermano i due cardinali e in particolare il Borromeo.
L'accezione religiosa di questa natura morta è evidenziata soprattutto dall'uso che Caravaggio fa della luce, oltre che dalla stessa composizione. Il colore caldo e dorato della luce allude (riprendendo una tradizione antica, che risale all'arte bizantina) alla presenza divina. Nel quadro ogni oggetto è vivificato dalla luce divina, che si sofferma su ogni cosa e crea questi magnifici effetti: riflessi, trasparenze, bagliori...Inoltre la luce pervade interamente lo spazio, la canestra occupa solo metà quadro. La metà superiore del quadro è tutta occupata da questo colore giallo oro: allusione alla presenza di Dio e alla salvezza nella vita eterna. E' il mondo del trascendente, regno dello spirito che si contrappone alla natura terrena delle cose.
Anche gli stessi frutti non sono stati scelti a caso, sono frutti simbolici riferiti a testi sacri come il Cantico dei Cantici e ad altre fonti di carattere religioso, filosofico e scientifico, molto ben conosciuti sia da Del Monte che dal Borromeo.
A. Cocchi
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