I sarcofagi egiziani

Sarcofago di  di Lady Madja. Legno dipinto, ca. 1450 a.C.
Sarcofago di Lady Madja. Legno dipinto, ca. 1450 a.C. (metà XVIII dinastia).
Proveniente dalla necropoli occidentale di Gurnet Murrai. Parigi. Louvre. Foto di Rama "Rama, Cc-by-sa-2.0-fr"

 

 

Per gli antichi Egizi  il sarcofago rappresentava la dimora in cui il Ka, l'anima del defunto, avrebbe trascorso la sua vita eterna nell'aldilà. Il nome egizio del sarcofago era nebankh: “Possessore di vita”.

La dimora per la vita eterna

 

Il termine “sarcofago” deriva dal greco “sarcophàgos” che significa “mangiatore di carne”, ma per gli antichi Egizi rappresentava la dimora in cui il Ka, l'anima del defunto avrebbe trascorso la sua vita eterna nell'aldilà. Il nome egizio del sarcofago era nebankh: “Possessore di vita”.
I primi sarcofagi egizi risalgono alla fine del periodo Neolitico.

La prima forma di sarcofago viene riscoperta a Deyr Tasa; costruito “a paniere” rettangolare composto da bastoni e coperto poi da una stuoia.

I primi esemplari sono composti in argilla o in legno e sostituiscono quelli con forma a “paniere”.
Per quanto riguarda la civiltà egizia, durante le prime due dinastie il corpo del defunto era sepolto rannicchiato, mentre dalla terza dinastia l’asportazione dei visceri ha originato una posizione distesa all’interno del sarcofago e quindi una forma strettamente rettangolare.
Presso gli egiziani fondamentale importanza veniva riscontrata dalla fama in vita del defunto e in base a questo venivano sovrapposti anche più di due sarcofagi per onorarne il proprietario.
Nel caso della famiglia reale il sarcofago era costruito in pietra (ad esempio in basalto, calcare, granito o alabastro…) mentre per le persone appartenenti ad un ceto sociale medio-alto veniva utilizzata argilla o legno di varia tipologia: salice, palma dum, acacia, carrubo, giuggiolo, fico sicomoro, palma di datteri…
Il popolo, invece, veniva ancora sepolto in cesti di legno.

Dalla quarta-quinta dinastia in poi i sarcofagi cominciano ad essere decorati  principalmente con l’uso di iscrizioni geroglifiche riguardanti la vita passata a futura del defunto o tratte dal famoso “Libro dei Morti”.
In questo periodo il nome del faraone, per quanto riguarda i sarcofagi reali, veniva incluso all’interno di altre decorazioni.
Presente in tutti i “coperchi” era la raffigurazione, non totalmente somigliante, del corpo e del viso del defunto, poiché secondo la religione egiziana l’anima solo in questo modo aveva la possibilità di reincarnarsi.

Dal Medio Regno i sarcofagi assunsero una forma antropoide; mentre dal Nuovo Regno quelli destinati ai faraoni assunsero la forma del cartiglio (elemento decorativo scolpito o dipinto racchiuso nell’immagine di un rotolo cartaceo).

Durante la diciannovesima e ventesima dinastia il sarcofago veniva dipinto con colori molto vivaci su uno sfondo chiaro, principalmente giallo e con scene raffiguranti riti sacri funerari e cerimonie religiose.
 
Con l’avanzare delle dinastie venivano costruiti sempre più massicci e resistenti.

Dopo il periodo Tolemaico e l'epoca Tarda a partire dal 30 a. C. i Romani conquistarono l’Egitto, di conseguenza le arti delle due grandi civiltà si intrecciarono originando sarcofagi di stile "misto": con disegni e iscrizioni geroglifiche secondo la tradizione egiziana, ma con il ritratto del defunto secondo lo stile naturalistico romano.

C. Bertozzi, F. Ravaioli, M.Tani (alunni del Liceo Monti, Cesena)

 

 

Il sarcofago di Cheope

 


Sarcofago di Cheope. Tomba della piramide di Cheope. 
2585 a.C. Necropoli di El Giza.

 

Tra le grandi scoperte effettuate nel campo dell'archeologia ritroviamo il sarcofago di Cheope.

La piramide di Khufwey o Khufu, comunque da tutti conosciuto come Cheope, fatta costruire durante il suo regno, che orientativamente potremmo datare  tra il 2609-2580 a.C., non  è la piramide più antica costruita. Possiamo dire, però, che è quella più grande, circa 144 mt di altezza attuale. 
Nella camera del Re il materiale predominante è il granito rosso sia per il rivestimento delle pareti sia per il sarcofago tutt’ora presente che ospitava il corpo del sovrano.

Ma c’è un quesito che ha fatto pensare gli studiosi ovvero il sarcofago veniva  ritenuto troppo piccolo per poter contenere il corpo di un adulto.
 
Il mistero si è svelato quando sono stati ritrovati sarcofagi dello stesso periodo di quello di Cheope, le dimensioni delle casse che utilizzavano gli antichi egizi  erano molto piccole per poter contenere il corpo di un adulto ,  infatti Il defunto veniva messo all'interno di una o due casse, di cui l'ultima di solito in materiale litico, nella tipica posizione del dormiente, ovvero rannicchiato, sul fianco sinistro con la faccia rivolta verso oriente.

Il sarcofago consiste in una cassa rettangolare liscia. Lavorazione scarsamente accurata che mostra ancora i tagli della sega e tracce del trapano tubolare usato per svuotare la cassa. Manca il coperchio. Il bordo superiore della cassa presenta tagli per l'incastro del coperchio. Petrie trovò un grande ciottolo di selce sotto il lato sud del sarcofago. Misura all'esterno  2.276X0.978X1.051 mm, e all'interno 1.983X0.681X0.874 mm. La cassa ha uno spessore di 144 mm.  con un fondo spesso 175 mm.

Il sarcofago, ritrovato nella necropoli di El Giza, presenta un cattivo stato di conservazione e necessita di un lungo e accurato lavoro di restauro. Nell'angolo sud-est è gravemente compromesso da una grande frattura che giunge sino a metà dell'altezza.

L. Di Nicola, S. Guidi, P.P. Turci, A. D. Leonìdou 

 

 

 Sarcofago di Psusenne I

 


Maschera funeraria di Psusenne I. Oro, lapislazzuli, vetri. XXI Dinastia (1075-945 a.C.),
Terzo Periodo Intermedio.(1075-664 a.C.)60X40cm.
Proveniente dalla Necropoli di Tanis, Tebe nord. Il Cairo, Museo Egizio.

 

Nel 1929 il giovane archeologo Pierre Montet si imbattè, scavando nei pressi del sito di Tanis, in quella che in seguito venne chiamata Necropoli di Tanis.
All'interno di questo complesso funerario, Montet trovò più  di una tomba, ma quella più sorprendente e straordinariamente ricca di manufatti è la Tomba del faraone Psunesse I, che regnò tra il 1086 e il 989 a.C. All'interno della tomba vennero trovati orecchini, collane, bracciali e naturalmente vari oggetti quotidiani come vestiti, calici e bracieri.

Le casse in cui è contenuto il faraone ricordano molto, come posizione, quelle del faraone Tutankhamon. I due sarcofagi erano contenuti in un grande cofano di granito rosa e il coperchio di questo cofano aveva due facce: su quella esterna è raffigurato il faraone con le braccia incrociate e gli attributi della regalità e della divinità stretti tra le mani, mentre in quella interna è raffigurata la dea Nut (dea del cielo) che nel culto funerario svolge un ruolo protettivo nei confronti dei defunti; in entrambe le facce sono incise numerose formule rituali. 
Quando questo primo sarcofago esterno venne aperto, apparve un sarcofago antropoide (o mummiforme) in granito nero con delle formule rituali incise davanti e dietro. Tra i due primi sarcofagi furono trovati armi e scettri.
Dentro il sarcofago in granito nero vi era un secondo sarcofago in argento, probabilmente il più bello mai trovato dopo quello di Tutankhamon. Il sarcofago presenta anche alcune tracce di oro sul viso del defunto e si notano bene i segni di alcune formule rituali probabilmente andate perse col tempo. Quando gli archeologi riuscirono ad aprire, con molta difficoltà, il sarcofago d'argento apparve la mummia di Psusenne I con il volto coperta da una meravigliosa maschera d'oro massiccio molto simile a quella di Tutankhamon ma con meno decorazioni, a parte delle incrostazioni di vetri e di lapislazzuli.

A. Massafra, F. Dri, G. Placucci 

 

 

 Sarcofago antropoide di Butehamon

 


Sarcofago antropoide di Butehamon.
Legno decorato con tempera e pietre preziose.
Terzo Periodo Intermedio, XXI dinastia (990-970 a.C.). 175X45cm circa;
proveniente da Tebe, Tomba TT 291. Torino, Museo Egizio.

 

Nel Terzo Periodo Intermedio in generale le tombe non venivano più decorate, così che i precedenti dipinti murari che rappresentavano scene iconografiche e testi funerari si trasformarono nelle elaborate decorazioni pittoriche dei sarcofagi.
Butehamon, lo scriba regale della necropoli, fu sepolto in questo sarcofago antropoide (di forma umana), tipico della XXI dinastia, il quale venne poi sistemato ancora in un’altra bara dotata di un ulteriore «falso» coperchio. Il defunto porta una lunga parrucca riccamente intrecciata, legata da un diadema di boccioli di loto (simbolo della rinascita), e la barba divina arricciata e intrecciata (le barbe lisce erano riservate ai vivi). Ha le braccia incrociate e nelle mani tiene da un lato l’amuleto djed (che simboleggia una delle colonne che reggevano il paradiso, e rappresenta inoltre la spina dorsale di Osiride, nonché la parola «durare») e dall’altro l’amuleto tyet (un nodo protettivo). Sotto le braccia è raffigurata la barca solare sollevata da un gruppo di babbuini, e sotto di essa una grande immagine della dea Neith alata. Il resto della figura è decorato con testi sacri disposti quasi come fossero le bende della mummia, che racchiudono scene religiose. Nessuna porzione di superficie è priva di decorazioni.
L’interno del sarcofago è stuccato in bianco e ricoperto di testi relativi al rituale della «Apertura della Bocca», scritti in ieratico.

A. Massafra, F. Dri, G. Placucci

 

 

Sarcofago antropoide di Shepsesptah

 

 

Sarcofago antropoide di Shepsesptah. Legno decorato con tempere.
XXVI Dinastia (664-332 a.C.). 190X55 cm circa.
Proveniente da Tebe. Parma, Museo Archeologico Nazionale.

 

 

Il Sarcofago di Shepsesptah fa parte del primo nucleo della collezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Parma.
Il sarcofago appartiene al sacerdote Shepsesptah, che esercitò diverse cariche in Sechem (Letopoli), da cui proviene. 
E’ di epoca tarda e risale alla XXVI Dinastia (664-332 a.C.).
Realizzato in legno forma antropoide, presenta un volto decorato a doratura a foglia d’oro, con un “pizzo osiriano” decorato a spina di pesce e una parrucca a striature alternate dorate e di colore blu egizio. Presenta un pettorale decorato a sei strisce di perline e fiori, racchiuso dalla collana Usekh. Sotto la collana in grande evidenza è la raffigurazione della dea Nuth, accovacciata, con le ali espanse e un grande disco solare sul capo. Il resto del coperchio del sarcofago è occupato da undici colonne di iscrizioni in caratteri geroglifici dipinti in diversi colori, che riproducono parte del capitolo LXXII del Libro dei Morti.

A. Massafra, F. Dri, G. Placucci

  

 

 

 

Sarcofago di Ny-Nsw-Wesert

 

Alcuni archeologi, al lavoro nei pressi di Giza,hanno scoperto il più antico sarcofago ancora intatto mai rinvenuto in Egitto, molto probabilmente contiene una mummia di 4500 anni fa.
Il  sarcofago, realizzato in pietra arenaria, è stato scoperto due chilometri a sud-est della Sfinge, in una regione utilizzata come cimitero per i lavoratori delle piramidi. Probabilmente risale alla IV dinastia, fra il 2613 e il 2494 a.C., durante il  regno di Khufu.
geroglifici rinvenuti sulla tomba ci comunicano che i resti nel sarcofago sono quelli di Ny-Nsw-Wesert, un supervisore del distretto amministrativo che dirigeva la forza lavoro delle piramidi e dei templi della zona di Giza.
L'egittologo Zahi  Hawass, che ha diretto le operazioni di scavo,  ha riferito che il coperchio del sarcofago è sigillato e quindi non è stato mai aperto.

Secondo Jeffrey Spencer, del British Museum, si tratta di una scoperta interessante, perché le tombe intatte sono estremamente rare. Il 99% sono infatti già state violate da ladri in cerca di ricchezze.
E’ comunque molto improbabile che nel sarcofago siano contenuti oggetti di grande valore.
Anche il corpo potrebbe essere in buona parte decomposto perché in quel periodo le tecniche di mummificazione erano ancora in via di sviluppo.

Zahi Hawass

Nato nel  1947 il 28 Maggio a Damietta, è un archeologo, egittologo, egiziano.
Segretario del Consiglio supremo delle antichità egizie, negli ultimi anni è diventato una figura nota a livello internazionale per le sue frequenti apparizioni in documentari televisivi sull’antica civiltà egizia.

 

A. D. Leonìdou

 

 

 

Sarcofago di Takhaaenbastet

 


Coperchio di Takhaaenbastet. VIII-VII sec. a. C.
Torino, Museo Egizio.

 

Nel campo della scultura lignea della scultura egizia, particolare rilievo assumono i sarcofagi. Spesso, a seconda dell’importanza del defunto, si impiegavano fino a tre sarcofagi inseriti uno dentro l’altro, per poter proteggere il corpo del defunto in essi contenuto.
Tra i tanti sarcofagi una delle maggiori scoperte fu il ritrovamento del coperchio di Takhaaenbastet.

Takhaaenbastet, era la figlia di Pefau, un alto sacerdote che le iscrizione definiscono “purificatore di Amon” e perciò uno dei più importanti sacerdoti.
Proviene dagli scavi che nel 1903 Ernesto Schiaparelli effettuò nella Valle delle Regine, presso l’antica Tebe, fra le gole rocciose sulla riva del Nilo.

All’incirca attribuibile alla  XXIV-XXV dinastia, dunque un periodo già molto tardo (VIII-VII sec. a.C.) il coperchio del suo sarcofago presenta le stesse caratteristiche magico-simboliche di molti reperti di epoche precedenti  a riprova di come nell’antico Egitto le regole dell’arte fossero rimaste sostanzialmente immutate per secoli poiché la situazione politica era statica, infatti il faraone aveva il potere assoluto su ogni cosa, e l’arte era strettamente legata alla religione perciò rigida e immutabile.

Nonostante il legno del sarcofago sia stato annerito da un antico incendio forse provocato dai primi saccheggiatori della tomba, il volto pare modellato con molta finezza e nelle decorazioni si alternano motivi geometrici, iscrizioni rituali e rappresentazioni di carattere religioso.

Nella parte interna del coperchio,infine,sono leggibili alcune importanti preghiere funebri nelle quali si invoca per la defunta a benevolenza degli dei.
Tra l’altro si legge,secondo l’interpretazione dello Schiaparelli:

“ la tua anima sia in cielo,il tuo corpo nel mondo sotterraneo;siano pani al tuo corpo,acqua alla tua gola,il soffio di vita alle tue narici; possa tu essere privilegiata presso Osiride; possa tu unirti a quelli che sono nei loro tabernacoli”.

Sul sarcofago sono dipinti varie scene della vita quotidiana della defunta, i colori sono vivaci, dal rosso al blu, e inoltre è decorato con figure che rappresentano vari dei, le operazioni di mummificazione e disegni geometrici.

L. Di Nicola, S. Guidi, P.P. Turci 

 

 


 

 La mummia-gatto del British Museum

 


Mummia di gatto. I sec. a. C. Londra, British Museum

 

Risale al periodo romano, circa al  I secolo a.C., oggi è conservatas presso il British Museum di Londra.
In genere gli animali erano associati a divinità, la loro mummificazione  avviene negli ultimi periodi della storia egizia.
Il gatto era associato alla dea Bastet, insieme ad altre divinità egizie. Questo  gatto è stato avvolto elaboratamente seguendo la tecnica tradizionale della mummificazione egiziana.
L’aspetto esterno è molto curato rispetto all’interno e sembra che il gatto non sia morto di decesso naturale: forse è stato abbattuto.
La sepoltura di un animale sacro a un dio era considerata atto di rispetto e devozione nei suoi confronti.
Molti cimiteri di gatti  sono stati saccheggiati: un carico di ben  centottantamila gatti mummificati è stato portato nel 1800 in Gran Bretagna per essere utilizzati  come concime.  Quasi sempre la mummia del felino era sepolta di fianco al faraone.

A. D. Leonìdou

 

 

 

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Bibliografia

 

Giorgio Cricco, Francesco Paolo Di Teodoro  Itinerario nell’arte, edit. Zanichelli, Ozzano Emilia (Bologna),  2009

Science. Giugno 2002. American Association for the Advancement of science (AAAS). Acacia Edizioni.
A. M. Donadoni Roveri. I sarcofagi egizi dalle origini alla fine dell’Antico Regno. Serie Archeologia/ Università di Roma, Istituto di studi del Vicino Oriente.
-Il cannocchiale. forum su internet
Anne Millard. I Segreti dell’Egitto edizioni Vallardi  2002

“Itinerario nell’arte-Dalla Preistoria all’alrte romana” di Giorgio Cricco e Francesco Paolo Di Teodoro, Zanichelli, p.281, 2006 (prima edizione)
“Le grandi civiltà: Egitto” di Alberto Siliotti, edizioni White Star, p.288, 2004
“I segreti dell’Egitto” di Anne Millard, edizioni Vallardi, p.131, 2002
“Dove”(Luglio 2005) rivista mensile, Rizzoli, p.88, 2005
Science. Giugno 2002. American Association for the Advancement of science (AAAS). Acacia Edizioni.

 

 
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