Pittura in Romagna dal XV al XVI secolo

Il Rinascimento in Romagna

L'arte in Romagna nella seconda metà del '400

Il Cinquecento

La Contromaniera in Romagna

Bibliografia

 

 

Il rinascimento in Romagna

 

Rispetto al boom artistico di Firenze e della Toscana, il '400 sorprende le località romagnole in un momento di lenta transizione e di ripresa e ricostruzione ripetto ai momenti di conflitto e devastazione attraversati negli ultimi decenni del '300. L'arte in Romagna all'inizio del secolo vive un moderato adeguamento alle nuove correnti, inizialmente riferito soprattutto all'Italia settentriuonale. La cultura umanistica fiorentina raggiunge infatti i maggiori centri rimagnoli solo verso la metà del secolo, mentre nella prima parte del XV secolo il gusto che prevalse fu quello tardogotico diffuso da artisti come i veneziani Jacobello di Bonomo e Niccolò di Pietro.
A Jacobello si deve il bellissimo Polittico con la Vergine in trono e Santi realizzato 1385 e conservato a Santarcangelo. Niccolò è invece l'autore dell'intenso Crocifisso dipinto nel 1404 e conservato alla Collegiata di Verucchio.
Le componenti del gusto cortese e raffinato caratteristiche dello stile tardogotico veneto vennero però assimilate dagli artisti romagnoli attraverso un'interpretazione meno aulica e idealizzata, per avvicinarsi ad una visione più semplice e concreta ma molto intensa e profonda soprattutto negli aspetti umani. Ciò si può vedere soprattutto nell'opera di Bittino da Faenza, una figura molto importante per la diffusione dello stile tardogotico in Romagna. Questo artista, attivo soprattutto nel territorio riminese, ha lasciato notevoli testimonianze della sua pittura, come la Crocifissione del Museo di Rimini, l'Adorazione dei Magi, oggi della Pinacoteca di Bologna e un affresco staccato con l'Adorazione dei Magi conservato al Museo di San Francesco di San Marino.
Il maggiore interesse alla quotidianità e alla dimensione umana si rivela in una più semplice e sincera espressività legata alla civiltà contadina della Romagna e spiega anche il protrarsi e volgarizzarsi del tardogotico in questo territorio oltre la metà del '400 anche nelle località minori. Alcuni esempi significativi sono l'affresco nel Santuario di Corzano con le Nozze di santa Caterina e gli affreschi della chiesa di Tipano presso Cesena.

Con la seconda metà del secolo si vede affacciarsi in Romagna anche l'influenza della cultura umanistica. In questo momento accanto ai contatti con il Veneto e con L'Emilia diventano più importanti i rapporti con le Marche e la Toscana. I primi avamposti dello stile rinascimentale fiorentino sono soprattutto i centri dell'Alta Val di Savio e del Bidente. Esempi interessanti si trovano a Bagno di SRomagna e a Meldola.

 

 

L'arte in Romagna nella seconda metà del '400




Certamente nel corso del '400 si accentuò il processo di scarto culturale tra centro e periferia che già era iniziato durante il Basso Medioevo. Con il sostituirsi dei centri comunali ai vecchi abitati  medievali era già avvenuto anche uno spostamento delle "officine" della produzione artistica. Di conseguenza e in connessione anche alle nuove situazioni economiche, l'innovazione artistica fu sempre più legata ai centri urbani, soprattutto a quelli amggiormente sviluppati e fiorenti.
Anche in Romagna per trovare i riscontri più significativi della nuova estetica rinascimentale è quindi necessario guardare a città come Rimini, Forlì, Faenza, Cesena e Ravenna. Qui i contenuti  dell'arte del Rinascimento coninciano ad arrivare nella seconda metà del secolo, riallacciandosi ad una situazione comune atutta l'Italia settentrionale, ma gli esempi non mancano ed a volte si tratta di opere di altissimo livello estetico.
Per quanto riguarda la cultura umanistica, il mecenatismo dei malatesta è stato senz'altro il primo e principale motore che ha permesso l'accesso in Romagna dell'arte rinascimentale.
Sigismondo Pandolfo Malatesta a Rimini e il fratello Novello Malatesta a Cesena hanno voluto due monumenti di massima importanza: il Tempio Malatestiano e la Biblioteca Malatestiana, l'uno e l'altro oggi considerati Patrimonio dell'Umanità. Inoltre hanno entrambi ospitato presso le loro corti illustri umanisti, artisti e celebrità della cultura e l'esempio dei Malatesta non rimase un caso isolato, poichè venne imitato da tutte le principali signorie che si succedettero nei centri romagnoli. I nuovi impulsi umanistici vennero accolti anche dalle signorie dei piccoli centri romagnoli e accanto al fondamentale impegno ricostruttivo e di ripresa econonmica e sociale si possono anche trovare esempi di mecenatismo. Le opere pubbliche riguardarono soprattutto le ricostruzioni di ciò che era andato distrutto nei precedenti episodi bellici e molte energie si concentrarono soprattutto sui problemi di maggiore emergenza economica e sociale. In tale contesto si colloca lo sviluppo e la diffusione delle fortificazioni romagnole.
Il clima di vivacità culturale del Rinascimento ha stimolato anche in Romagna la formazione e lo sviluppo di artisti di grande levatura come i rinminesi Giovan francesco da Rimini e il Lattanzio, i forlivesi Melozzo e Palmezzano e il ravennate Niccolò Rondinelli. Però tra gli ultimi decenni del XV secolo e  in quello successivo, questi maestri si spostarono per lavorare fuori dalla loro patria, lasciando in Romagna solo la minima parte delle loro opere.

Fuori dai grandi centri, la visione razionale, armonica, misurata del Rinascimento venne recepita dalla cultura artistica romagnola con molta gradualità, deposistandosi via via sulla recente assimilazione dello stile tardogotico la cui ricchezza decorativa si avvicinava ancora all'aulicità e al cromatismo acceso dell'afflato arcaico bizantino, mai del tutto spento in Romagna, soprattutto nelle espressioni delle periferie e nelle opere di devozione popolare.

Nell'Alta Valle del Savio e del Bidente, negli abitati più lontani dai centri principali,  l'estetica rinascimentala passò in Romagna dalla Toscana e attraversando l'appennino si diffuse in modo frammentario mediante maestri minori e opere di bottega di provenienza fiorentina. Un esempio a questo riguardo è rappresentato dalla presenza di alcune 'robbiane' le ceramiche dipinte provenienti dalla celebre bottega dei della Robbia come quelle che si possono ancora vedere a Corniolo, vicino a Sarsina. Non di rado queste opere sono poi diventate modelli assunti dagli artisti locali, spesso rimasti anonimi, per produrre originali interpretazioni artistiche di carattere popolare.

Nel complesso il territorio romagnolo offre per l'età rinascimentale un parrimonio artistico tutt'altro che inconsistente e anche piuttosto diversificato, considerando la compresenza di tendenze e influssi diversi.

Da un punto di vista quantitativo, la scultura dei secoli XV e XVI offre gli esempi più rari, concentrati soprattutto nell'area della cosiddetta 'Romagna toscana'. A Meldola La Madonna dell'Ulivo nella Collegiata di San Niccolò, la pala d'altare della scuola di Giovanni della Robbia  nella chiesa parrocchiale di Corniolo, il Crocifisso quattrocentesco nella Chiesetta del Crocifisso di Santa Sofia rappresentano alcuni importanti esempi. Nelle colline forlivesi nella Cattedrale di Bertinoro si trova un Crocifisso ligneo del XVI secolo.
L'architettura rinascimentale è ben documentata non solo nei più noti monumenti dei centri maggiori, ma anche nelle località minori, soprattutto nella fase finale del XV secolo e in quello successivo. Per gli edifici sacri si possono citare i casi della chiesa e del convento di santa Maria dei Miracoli a Pianetto, presso Galeata, realizzata a partire dal 1497 su probabile disegno di Francesco di Giorgio Martini.  Molto numerosa è l'architettura civile del Rinascimento in Romagna, soprattutto per quanto riguarda l'edilizia difensiva: rocche, castelli e mura assumono in questo periodo il loro aspetto definitivo e si adattano alla nuova situazione politica e sociale. Un caso interessante è quello offerto dalla trasformazione della Rocca di Forlimpopoli.

 



Il Cinquecento



Se l'arte del '500 è ricchissima di capolavori in tutta Italia, compresa l'Emilia Romagna con eventi che hanno avuto forti ripercussioni anche in Europa, in Romagna è un secolo di particolare fascino, con un quadro artistico molto articolato e interessante.

Questo territorio, agevolato dalla sua collocazione geografica centrale, attraversata da importanti vie di traffico e comunicazione, anche nel XVI secolo  ha continuato a raccogliere influenze e intrecciare contatti con tutte le aree confinanti. Gli arstisti romagnoli del '500 si sonmo mostrati molto ricettivi e hanno lavorato guardando sia alle soluzioni  emiliane e venete, sia a quelle toscane, umbre e delle vicine Marche. Nell'insieme, quindi, il quadro artistico della Romagna del '500 è molto ricco e complesso e non può essere ridotto ad un percorso lineare, poichè anche gli stessi singoli artisti hanno manifestato iter personali pieni di cambiamenti, arricchimenti e svolte, dovute ai loro continui spostamenti e scambi reciproci.
In linea di massima si può vedere che nell'area appenninica prevalgono i rapporti con Firenze, la Toscana e l'Umbria, mentre i pianura e verso Rimini sono più forti i rapporti con le Marche. Ma ciò è abbastanza relativo poichè va considerato che molti artisti locali hanno comunque mantenuto contatti anche con l'ambiente ferrarese ed emiliano.

Per fare qualche esempio, il ciclo di affreschi della Chiesina dell'Ospedale di meldola, dei primi del '500 è opera di artisti locali che rivelano un netto orientamento verso le soluzioni appartenenti alla cultura figurativa dell'Italia centrale. Accanto ad un gusto vicino a quello della corte del Magnifico e ad artisti come il Perugino e il Pinturicchio, mostrano anche aperture verso l'ambiente urbinate, con riferimento a Giovanni Santi. Solo nell'ultima scena, con la Salita al Calvario, si trovano invece rinvii all'ambito forlivese del Palmezzano e del Carrari e a quello ferrarese di Ercole de Roberti. Si tratta evidentemente dell'opera di un autore di formazione diversa dagli altri che hanno lavorato agli stessi affreschi.

A Forlimpopoli, attraverso le opere di Luca Longhi e Marco Palmezzano, si può vedere come, intorno agli anni '30 del secolo, la lezione rinascimentale sia stata appresa ed elaborata, mentre si affacciano anche alcune conponentii stilistiche appartenenti alla Maniera. Qui sono evidenti i riferimenti all'ambiente veneto, soprattutto nella tavola dell'Annunciazione di Palmezzano, un influsso che è rimasto costante nell'arte romagnola fin dal medioevo e verrà mantenuto ancora fino a scomparire solo nel '600. Ma si può anche notare che sia nelle opere di Longhi che in quelle di Palmezzano le componenti tardorinascimentali e manieristiche tendono ad essere filtrate sempre in un linguaggio più personale e al tempo stesso 'romagnolo'. Questa linea propriamente romagnola della pittura, che assumerà un aspetto definitivo all'inizio del '600, si rintraccia anche nelle opere realizzate da Livio Modigliani, intorno alla metà del '500, in cui la tendenza manieristica si intreccia con l'insegnamento dell'urbinaqte Federico Barocci.
La presenza di Barocci in Romagna è stata importantissima per gli sviluppi della pittura locale e verso la fine del secolo diventrà lo stimolo principale per il formarsi della cosiddetta Contromaniera.
Intanto nella zona appenninica si continua il tradizionale collegamento con Firrenze e la Toscana. Qui la presenza di artisti toscani e fiorentini rimase costante per tutto il XVI secolo, un esempio è offerto dalla pala con  Madonna e santi di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio a Bagno di Romagna.

 


La Contromaniera in Romagna



Nell'ultimo quarto del XVI secolo, soprattuto in Emilia Romagna, i riflessi della nuova situazione religiosa incidono sulla produzione artistica avviando un processo di cambiamanto che si accelera negli anni '80 e '90, portando alla formazione di una nuova corrente artistica aderente ai principi della  Controriforma cattolica. Tale corrente, denominata 'Contromaniera' (perchè si sviluppa in opposizione al Manierismo), si forma, con modalità ed esiti diversi, su posizioni parallele a Bologna, a Firenze e ad Urbino. In queste città infatti, alla fine del '500 si realizzano opere già svincolate dallo stilismo della Maniera e che con orientamento opposto si fanno interpreti dei nuovi valori della Controriforma.
Naturalezza, semplicità, fedeltà al dogma, leggibilità, chiarezza visiva e concettuale sono alcuni dei fondamentali elementi di stile di quest'arte. E' un fenimeno che si manifesta nel giro di un ventennio, divenendo, in questi anni di fine secolo, la punta d'avanguardia della pittura in Italia. A Roma si continua a segure le formule manieriste, sviluppando un linguaggio sofisticato e un'eleganza sempre più superficiale. Qui, almeno fino all'arrivo di Caravaggio nel '92-'93 e di Annibale Carracci nel '95, vengono ancora preferite le soluzioni estenuate della vecchia maniera.

A Bologna l'innovazione della Contromaniera sim può riconoscere nell'opera dei Carracci e la loro Accademia degli Incamminati e trova i suoi precedenti oltre che con Correggio, anche negli esperimenti pittorici di Bartolomeo Passerotti e Pellegrino Tibaldi. A Firenze la nuova linea espressiva si esprime soprattutto nell'arte di Santi di Tito e del Passignano, preceduta dall'esempio di Andrea del Sarto. Un'altra punta importante in questa direzione è rappresentata dall'opera di Federico Barocci a Urbino.
Benchè sarà la corrente bolognese ad avere il ruolo dominante sugli sviluppi della pittura del XVII secolo, in Romagna, oltre a questa, si risente dell'influenza anche delle altre corrennti.
Un'opera esemplare che testimonia i rapporti con la contromaniera fiorentina è la tela della Visitazione di Giovanni Stradano, conservata a Pianetto. I rapporti con il Barocci  sono invece ravvisabili nell'inclinazione più sentimentale delle Ante dell'organo della Chiesa dei Servi a Forlimpopoli, realizzate da Livio Modigliani.

 

A. Cocchi

 

Bibliografia




AA. VV. Arte in emilia Romagna. Electa editrice, Milano 1985

A. Corbara, Livello e confini dell'unità artistica dell'antica Romagna in: Rubiconia Accademia dei Filopatridi - Quaderno X, Savignano sul Rubicone 1970.

S. J. Freedberg La pittura in Italia dal 1500 al 1600. Nuova Alfa editoriale. Bologna 1988

A. Tambini. Pittura dall'alto medioevo al tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì. Comune di Faenza, 1982

C. Volpe. La pittura dall'Alto Medioevo al Tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì. Comune di Faenza, 1982

C. Volpe. La pittura riminese del Trecento. I Maestri del colore n. 228, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1966

C. Volpe. La pittura nell'Emilia e nella Romagna. raccolta di scritti sul trecento e Quattrocento. Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Modena 1993.

 
Approfondimenti
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