Gustav Klimt. Morte e vita. Dett. 1908-1915. Olio su tela. 198×178 cm. Vienna, Leopold Museum
In Morte e Vita Klimt realizzò una raffinata allegoria del ciclo vitale, dove le rappresentazioni della vita, dell’amore, dell’amicizia e della maternità sono intrecciate in un sorprendente messaggio simbolico.
Morte e vita è un’opera di Klimt, artista di punta dell’importante movimento artistico e filosofico che si sviluppò tra la fine dell ‘800 e il primo decennio del ‘900, nato in Francia, che prende il nome di Art Nouveau. Detto movimento artistico si sviluppò anche in Italia e prese il nome di Liberty.
Gustav Klimt. Morte e vita. 1908-1915 Olio su tela. 198×178 cm. Vienna, Leopold Museum
Caratterizzato da un tipico stile floreale e da un sentimento di nostalgia del passato ma, al contempo, da un forte attaccamento al presente. Tant’è che, proprio durante la Belle Époque, ci furono importanti innovazioni in campo scientifico e tecnologico che non ebbero eguali con le epoche precedenti, come i miglioramenti della vita comune: l’energia elettrica, la radio, l’automobile e il cinema.
L’epoca riusciva a conciliare perfettamente il contrasto tra periodo antecedente e quello successivo alla Prima Guerra Mondiale, in sostanza il periodo della libertà e il periodo privo di quest’ultima, e rispecchiava la vita all’interno delle grandi capitali europee, in cui si respirava un’aria di vita nuova, di pace e di benessere. In quest’ambito si inserì l’Art Nouveau, un’arte che si ispirava alla natura, esprimendola con linee solitamente curve, ondulate e dinamiche, col tratto denominato “a frusta”. Le figure, inoltre, era come se prendessero vita propria e divenissero spesso in piante o fiori.
Tutte queste caratteristiche si rispecchiano, in buona parte, nell’opera del pittore austriaco. L’idea fondante su cui si basa il dipinto è l’allegoria del ciclo vitale. La tela è suddivisa in due parti speculari e in dialogo tra loro, le quali formano un ciclo unico. Nella parte destra, in cui prevalgono colori vivaci, ci sono le rappresentazioni della vita, dell’amore, dell’amicizia e della maternità rese attraverso un aggrovigliamento di corpi, esseri umani di qualsiasi età e sesso; infatti, tra le tante figure, si notano una donna con un bambino in braccio, un’altra donna, notevolmente più anziana e infine una coppia di innamorati che si abbracciano. Mentre invece, nella parte sinistra, è rappresentata la figura della morte, identificata dal macabro Thanatos, che presenta un lungo manto in cui i motivi predominanti sono croci e cerchi, ed è intento a vegliare sull’umanità alla destra della tela, mentre sembra che stia quasi per colpire uno dei soggetti che compongono il groviglio di corpi.
In generale, tutte le figure che compongono l’opera sono nude o seminude, vestite con tessere colorate che compongono i loro abiti. Inoltre presentano copri composti, longilinei, calmi e rilassati come se non percepissero l’arrivo, dalla sinistra della tela, della morte o come se volessero negarla. In questo senso percepiamo il ciclo della vita: ognuno, vivendo la sua vita, fatta di amore, gioia e passione, può essere colpito in qualsiasi momento e modo dalla morte, a ricordare che la morte c’è ed esiste inevitabilmente per tutti.
L’opera, che presenta colori sgargianti e penetranti, fu definita anche dallo stesso Klimt come il suo componimento di maggior spessore dal punto di vista dei contenuti, infatti gli permise di vincere un premio a Roma nel 1911 durante International Art Exhibition. Tuttavia si può affermare che, nonostante la presenza incombente della morte, è la vita a trionfare con i suoi colori più accesi. Purtroppo però il dipinto ci ricorda che la gioia e le passioni della vita sono rese possibili solo esclusivamente grazie alla crudeltà della morte e che, quindi, il dolore che deriva dalla morte stessa è contenuto intrinsecamente nella vita di tutti noi (1).
In occasione di un seminario ad Amburgo nel 1925 Aby Warburg afferma che «il buon Dio abita nel dettaglio».
Hermann Usener – uno dei docenti che ha maggiormente influenzato il giovane Warburg – nei suoi corsi di mitologia sosteneva che «è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi». È così che entrambi gli studiosi, con parole diverse, intendevano attribuire ad un luogo minimo – come il dettaglio in relazione all’intera opera d’arte – la forza di un valore espressivo che quasi sempre si sviluppa in profondità e parla attraverso il tempo inattuale del Nachleben.
Warburg ha potuto riconoscere, nel corso dei suoi studi, che il sintomo sceglie proprio il dettaglio per infrangere la superficie: è manifestandosi sotto forma di formula di pathos che investe e carica il dettaglio di forza ed energia pulsionale (2).
Il metodo da me seguito, per sviluppare i suddetti studi, di ordine geometrico, non è nuovo poiché è lo stesso praticato dai critici d’arte che si avvalgono della geometria composita per entrare “dentro l’opera” di artisti del Rinascimento che ne facevano uso. Però io fuoriesco dai loro canoni con l’intento di mettere in luce risvolti geometrici che sono difficili da attribuire all’effettiva intenzione degli artisti rinascimentali, e in particolare di Gustav Klimt epocale, per il tema in corso, nell’accingersi ad iniziare l’opera pittorica, non essendoci peraltro documentazioni autografe a riguardo.
Quel che si accetta nel mondo accademico delle Belle Arti è che sicuramente gli artisti del Rinascimento utilizzavano schemi geometrici, a volte complessi, per impaginare le loro figure nella composizione generale, ed è altrettanto vero che tali schemi, il più delle volte ricostruibili “a posteriori” (ossia solo sulla base dell’opera e non degli studi autografi), per essere credibili devono intersecarsi con i punti salienti della composizione. Altrimenti, potremmo sovrapporre a questo o quel quadro figure geometriche a iosa o selve di linee il cui percorso finirebbe per essere del tutto arbitrario. (3)
Ma la geometria non finisce mai di meravigliare, poiché approfondendo l’indagine conoscitiva correlata alle ricerche geometriche composite per il caso di Gustav Klimt, che andrò a sondare con questo intento, portano a supporre cose che l'autore austriaco non ha immaginato di concepire.
Dunque, se questo approccio alle opere d'arte dell’uomo, è sostenibile, nulla vieta di pensare ad un “potenziale” effettivamente disponibile in seno all'opera klimtiana di Morte e Vita che, ad un certo momento, si esplica attraverso un imprevedibile “visitatore” capace, di dinamicizzarlo in toto o in parte per dar luogo a singolari resoconti.
Figura 1: Morte e Vita di Gustav Klimt. Il Pentalfa. Telaio della geometria composita. Le porte dell'Eros di Klimt: l'asse AB dello scettro della morte; la linea CD è parallela alla linea AB; la linea BC unisce le due linee suddette; il cerchio contorna il capo della donna con centro in O; il secondo cerchio è tangente alla linea CB.
Ricordarsi dell'aforisma di Hermann Husener:
«è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi» che nel nostro caso sono linee.
Ed ecco, nella fig. 1, lo sviluppo delle porte dell'Eros di Klimt risolto con un telaio strutturale:
1. l'asse AB dello scettro della morte;
2. la linea CD parallela alla linea AB;
3. la linea BC che unisce le due linee suddette;
4. il cerchio che contorna il capo della donna con centro in O.
Ed ora si procede per ottenere il pentalfa, o pentagramma, EIFGH:
1. Puntando il compasso sul centro O si traccia il cerchio tangente alla linea BC;
2. si rintraccia dalla linea CD la linea EF che è il primo lato del pentagramma tangente al cerchio interno;
3. uno alla volta di tracciano i restanti quattro lati del pentagramma, FH, HI, IG e GE, tutti tangenti al cerchio interno.
Antico simbolo esoterico che per gli Egizi raffigurava Horus, figlio di Iside e di Osiride, il Sole.
Il simbolo del pentalfa
Rappresentava la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Il Pentalpha è un simbolo ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il problema del segmento aureo, la parte del raggio di in cerchio corrispondente all’alto del decagono in esso inscritto. Il termine significa "cinque alfa", ossia cinque principi. Ai quattro già convalidati da Empedocle (Aria, Acqua, Terra e Fuoco), Pitagora ne aggiunse un quinto ovvero lo spirito. Il Pentagramma era dunque il simbolo dei pitagorici, ed era tracciato con una circonlocuzione che significava un triplice triangolo intrecciato. Veniva usato nella loro corrispondenza a significare "sta bene". Il P. dei greci significava natura, vita e salute.
Nella magia bianca rappresenta il microcosmo umano: le cinque estremità del corpo (v. la figura detta Agrippa), ed i suoi cinque segreti centri di forza, che proprio la magia bianca avrebbe il potere di risvegliare. Il P. con una punta rivolta verso l’alto è considerato simbolo attivo e benefico (Magia Bianca) mentre, rovesciato, con due punte in alto, è considerato passivo e malefico (Magia Nera). L’Istituzione Muratoria conferisce al P. il significato particolare detto "numero d’oro", oppure "proporzione aurea": è la proporzione ermetica per la quale la parte minore sta in rapporto alla maggiore come la maggiore sta al Tutto. É ciò che la geometria indica come divisione di una retta in media ed estrema ragione. Il valore numerico del numero d’oro è 1,618, che in pratica non viene mai usato in quanto, per la tracciatura del P., la rappresentazione geometrica è più immediata e precisa. Le proporzioni del numero d’oro si ritrovano in tutto ciò che nell’uomo crea una sensazione di armonia e di bellezza, ed il loro impiego è di grande aiuto nell’architettura. Per la Libera Muratoria la Stella Fiammeggiante simboleggia esotericamente il genio umano, inteso come raggio di Luce divina. Quindi essa costituisce sempre una promessa della Luce che deve venire. Essa rappresenta il Fuoco filosofico degli Alchimisti, che il Testi definisce la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia, alchemicamente ottenuta non con la comune combustione, ma con l’acciarino o la lente ustoria. All’interno della Stella, partecipe della sua luce, staziona la lettera "G", alla quale sono attribuiti antichi significati, quali: G.A.D.U., God (Dio), Gloria, Grandezza, Gravitazione, Gnosi, Geometria, Genio e Generazione. La Massoneria ha sostituito con tale lettera l’originale " y ", (yod) ebraico, iniziale di "hahy", il nome ebraico impronunciabile di Dio, Yhoah (Yehowah). Il P. è l’emblema del libero pensiero e del sacro fuoco del genio, che eleva l’essere umano alle grandi conoscenze superiori.
Il simbolo del Pentagramma è chiamato anche Pentagono regolare stellato o Stella a 5 punte; se è presente anche il cerchio esterno, viene detto Pentacolo. Dal punto di vista grafico, esso può anche essere visto come l'unione di cinque lettere "A" alle loro basi: per tale motivo, questo simbolo viene spesso designato anche come Pentalfa, cioè: "Cinque Alfa" (dove l'Alfa è la prima lettera dell'alfabeto greco e corrisponde, anche graficamente, alla nostra "A" maiuscola).
Sin dall'antichità, è stato associato al pianeta Venere. Questo pianeta, infatti, è l'unico del nostro sistema che può essere identificato con una semplice struttura grafica e senza equivoci, derivata dal tracciamento dei suoi movimenti astronomici attraverso lo Zodiaco. Infatti, se si segnano le posizioni planetarie di Venere lungo i 360° del cerchio zodiacale, la figura che si forma è proprio un pentagramma perfetto. Lungo questo percorso il pianeta passa da momenti di invisibilità a momenti di estrema luminosità; quando poi l'astro si trova in prossimità del Sole si manifesta secondo una duplice natura, ed è conosciuto come Stella del Mattino, Phosphoros, o Lucifero ("portatore di luce"), e come Stella della Sera, Hespheros o Afrodite (dea della bellezza, della sessualità e della pace).
I popoli antichi l'hanno spesso associato alle loro maggiori divinità femminili, le cosiddette Grandi Madri: i Sumeri ad Inanna, la dea dei Cieli, i Babilonesi ad Astarthe, gli Accadiani a Ishtar, i Greci ad Afrodite, i Romani a Venere, e così via. Per gli Egiziani il simbolo raffigurava Horus, il figlio di Iside ed Osiride, il Sole. Rappresentava la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Presso i mistici Ebrei medievali, questo simbolo era noto come Sigillo o Scudo di Salomone, termine che poi, nei secoli successivi, è andato ad indicare, impropriamente, la Stella a sei punte, o Esagramma. (4).
Tentare di valicare la linea dello scettro della Morte si è ghermiti da essa e non c'è modo di svincolarsi senza subirne le conseguenze nefaste.
Figura 2: Morte e vita di Gustav Klimt. Il Pentalfa e il doppio segno del Capro della Morte. AB è la linea dello scettro della Morte.
Si ha modo di prendere coscienza di questa cruda realtà sviluppando il telaio strutturale esibito con la fig. 1 che mostro di seguito con la fig. 2.
La fig. 2 mostra il limite oltre cui la Morte non può agire, con il pentagramma rovesciato LMNPQ segnato in rosso scuro, poiché la cuspide M è sul limite del quadro, cioè dal campo di azione dell'agire terrestre. Si vede che il Pentalfa della vita è coinvolto con due cuspidi, compromettendola.
Il segno del capro
Il Pentalfa con una punta protesa verso l'alto che inscrive una figura di «uomo» ha una valenza luminosa e benefica. Al contrario, rovesciato diventa il Pentacolo con inscritta una «testa di Capro» di valenza malefica, in opposizione alla Luce, emblema degli istinti e dell'animalità.
Il capovolgimento non da valore negativo solo a questo simbolo, ma ad ogni altra simbologia. Il Numero 9 9 9, ad esempio, rappresenta la spiritualità e la perfetta iniziazione. Capovolto diventa il Numero 666 dal significato demoniaco e contro-iniziatico. Lo stesso vale per la croce latina, che capovolta da simbolo cristico diventa una rappresentazione satanica (5).
Gaetano Barbella
Brescia, 24 luglio 2023
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1) https://www.arteopereartisti.it/morte-e-vita/
2) Tesi di laurea 2007-2008 della laureanda Elisa Danesin - Ricerche sulle Giuditta di Klimt. Uno sguardo warburghiano - Esercizi Filosofici 5, 2010, pp. 31-52 ISSN 1970-0164 - link:
http://www.univ.trieste.it/~eserfilo/art510/danesin510
3) Marco Bussaghi - DENTRO L'OPERA - Rivista Art e Dossier di ottobre 1997 - Gruppo Editoriale Giunti.
4) https://numeramente.it/pentalfa.htm
5) https://www.esonet.it/News-file-article-sid-763.html