Già nel Ritratto di Gertrude Stein del 1906 (New York, Metropolitan) c'ਠuno sviluppo rispetto al periodo rosa, ma non ਠancora cubismo, ਠun momento intermedio. Picasso accoglie l'insegnamento di Cà©zanne, interpretando l'impianto strutturale del maestro francese. Si avverte che il cambiamento stilistico già iniziato nel periodo di Gà²sol diventa pi๠risoluto: Picasso punta decisamente sul volume, si fa pi๠forte il senso plastico.
Nello stesso anno in cui termina il Ritratto di Gertrude Stein, Picasso inizia la sua opera pi๠innovativa, considerata uno dei quadri pi๠sconvolgenti e rivoluzionari del '900, Les Demoiselles d'Avignon. Non ਠtanto la qualità a renderlo indimenticabile, quanto la genesi del dipinto e i risultati a cui approda. Nella vicenda personale dell'artista corrisponde ad un altro momento di crisi. L'artista aveva appena rotto il suo legame di convivenza con Fernande Olivier, si isola, non riceve pi๠e non si serve pi๠di modelle. In tale isolamento, tra la fine del 1906 e la metà del 1907 comincia la lunga e convinta lavorazione delle Demoiselles d'Avignon. L'artista lavora febbrilmente alla grande tela con continui momenti di sconforto. Si applica al suo lavoro con una rabbia e un accanimento inauditi. Scrive il critico AndrਠSalmon: à«Picasso conobbe l'inquietudine. Voltಠcontro il muro le tele e gettಠi pennellià»; racconta ancora Salmon che l'esecuzione fu difficile e che à«mai fatica fu meno ricompensata dalla gioiaà».
Gli studi del dipinto sparsi sul pavimento arriveranno fino a 806, e sembrano tutti molto diversi tra loro. Alcuni sono nudi femminili dalle silhouette grottesche, o volti di marinai dai tratti pi๠realistici. Altri sono volti "primitivi". L'esecuzione rivela un'evoluzione sofferta che porta a una netta frattura stilistica. Picasso sapeva di dover continuare a dissolvere la forma; con quel furore istintivo e cerebrale che era tipico della sua natura spacca la prospettiva e la frantuma in volumi scanditi, incastrati l'uno nell'altro, dissolve qualsiasi riferimento ad una concezione spaziale tradizionale, scompone i corpi e li riduce ad una somma di figure geometriche. Nonostante il deciso abbandono di ogni visione realistica, questa tela, innovativa e stravolgente, ਠcomunque legata all'oggettività del mondo reale che per Picasso rimane sempre il centro di gravitazione della sua aspirazione. à«L'arte astratta non esiste - dichiara con convinzione - bisogna sempre partire da qualcosa [...] Non ਠsulla natura che io lavoro ma davanti ad essa, con essaà».
Lui stesso racconta quell'esperienza: à«Avevo la metà del quadro. Mi dicevo: non ci siamo! Ho fatto l'altra metà . Mi sono chiesto se dovevo rifare tutto. Poi mi sono detto: no, si capirà ciಠche volevo fareà».
Ma sul momento nessuno capisce. Quando lo vedono, nel 1907, tutti i suoi amici rimangono sconvolti, qualcuno pensa che sia impazzito.
Il critico d'arte tedesco Wilhelm Uhde, uno dei primi sostenitori del Doganiere, descrive l'opera al gallerista Kahnweiler: à«un quadro molto strano, qualcosa di assiroà».
Leo Stein si demoralizza quando lo vede e dice a Matisse che Picasso vuole ridicolizzare la pittura moderna. Anche Gertrude ਠdelusa, ma continua a essergli fedele e ad acquistare le sue opere.
Apollinaire ਠinfastidito.
Felix Feneon pronuncia una frase crudele: à«E' interessante, ragazzo mio. Dovreste consacrarvi alla caricaturaà».
Braque ਠscettico à«Ascolta. Malgrado le tue spiegazioni, sulla tua pittura, ਠcome se tu volessi farci mangiare stoppa, o bere petrolio per sputare fuocoà».
Derain s'inquieta:à«Il suo quadro ਠun'impresa disperata. Un giorno troveremo Picasso appeso a testa in già¹.à»
Insomma, la costernazione ਠgenerale e lo scandalo clamoroso.
Daniel-Henry Kahnweiler, perಠਠconsapevole dell'importanza di questa opera e tenta di acquistarla, ma Picasso gli lascia premdere solo gli schizzi. Ha l'intuizione che con essa si gioca il destino dell'arte moderna. E il tempo non tarda a dargli ragione.
Kahnweiler, discendente di una facoltosa famiglia tedesca, ਠun gallerista e sensibile conoscitore d'arte. Di vedute molto aperte, fu il primo a mettere sotto contratto molti protagonisti dell'avanguardia. Scriverà uno dei primi libri dedicati al cubismo. Con lui Picasso lavorerà tutta la vita.
Deve passare un certo tempo perchਠgli amici e i sostenitori di Picasso superino quello sconcerto, ma poi si rendono conto dell'importanza dell'opera e riprendono a stimare l'artista. In un primo tempo Picasso chiamava il quadro Il bordello di Avignone. Poi i suoi amici poeti, Jacob, Apollinaire e Salmon anche a dimostrazione di aver capito le sue intenzioni, gli suggeriscono il titolo originario: Il bordello filosofico. Assume il titolo attuale solo nel dopoguerra.
Il quadro rimane nello studio di Picasso fino al 1916. Nel 1920 viene acquistato dal collezionista Jacques Doucet. Viene riprodotto per la prima volta nel 1925 sulla rivista La Rà©volution Surrealiste, ed esposta la prima volta nel 1935 al Petit Palais di Parigi.
Picasso non scopre il cubismo con Les Demoiselles, ma quest'opera ne ਠla premessa necessaria, per questo in questa fase si parla di protocubismo.
Il quadro, inoltre, segna il punto pi๠alto della riflessione sul portato antropologico e formale dei feticci africani che l'artista studia al Trocadà©ro, Museo etnografico parigino e comincia a collezionare. Gli effetti si riconoscono anche in una serie di disegni e dipinti contemporanei alla realizzazione della grande tela.
A. Cocchi
Bibliografia
Gertrude Stein, Picasso. Adelphi 1973
E. Bernini R. Rota, Eikon. Guida alla storia dell'arte. vol. 3 Laterza, Roma-Bari 1999
E. Bernini R. Rota A regola d'arte. vol 5 Il Novecento. Laterza, Roma-Bari 2001
G. Dorfles, A. Vettese Il Novecento. Protagonisti e movimenti. Atlas, Milano 2006
F. Galluzzi Pablo Picasso Giunti, Firenze 2002
G.G. Lemaire, Picasso Dossier Art n.19 Giunti, Firenze 1987
Classici Rizzoli, 22,
G. Cricco, F. P. Di Teodoro, Itinerario nell'arte vol 3 Zanichelli ed. seconda edizione,