"Ogni creatura del mondo
è per noi come un libro
una pittura, uno specchio
Della nostra vita, della nostra morte fedele simbolo."
(Alano di Lilla Rithmus alter)
Dett. del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto.
La natura intesa come "libro scritto dal dito di Dio", teofania contenente il codice cifrato della Creazione è una delle concezioni essenziali del pensiero e della cultura medievale. Ciò spiega l'importanza, nell'arte del Medioevo, delle numerose immagini di elementi naturali, dove ogni animale o pianta diventa "signum" che rivela verità celesti e insegnamenti morali.
Dalle prime rappresentazioni nell'arte paleocristiana, ai mosaici bizantini, alle decorazioni romaniche e gotiche, l'conografia naturalistica si riempie di elementi zoomorfi e fitomorfi in tutti i settori dell'arte: dalle miniature dei codici, all'oreficeria, agli elementi dell'architettura, ai cicli pittorici e scultorei.
Dett. del Portale di San Michele a Pavia
Per citare alcuni tra gli esempi più famosi: Lo Zooforo del Battistero di Parma realizzato da Benedetto Antelami, i mosaici della Basilica di Aquileia, quelli del Duomo di Monreale a Palermo o della Basilica di San Marco a Venezia, ecc.
Alle trasformazioni di stile e di mentalità che la rappresentazione della natura porta con sè, durante i secoli del Medioevo, si accompagna comunque anche uno specchio di quel sapere simbolico carico di messaggi e insegnamenti che per gli uomini di allora erano di immediata comprensione.
Il gallo e la tartaruga. Part. dei mosaici pavimentali della Basilica di Aquileia
I bestiari, raccolte e descrizioni di animali veri e immaginari, vanno considerati come le grandi enciclopedie di allora. In essi confluiscono conoscenze religiose, scientifiche, filosofiche, magiche, alchemiche, mitologiche, dati di esperienza diretta, convinzioni popolari.
Le fonti culturali sono quindi numerose. Il primo dei bestiari è il Physiologus, di autore anonimo del II o III secolo dopo Cristo, o il Liber Monstruorum, dell'VIII sec., molto diffuso in epoca medievale.
Tra le fonti più antiche, troviamo soprattutto Aristotele, conosciuto attraverso la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, sia in latino, sia nelle traduzioni commentate in arabo. Ma, accanto alle enciclopedie e ai numerosi trattati naturalistici si possono ricordare il XII libro delle Etimologie di Isidoro, il De Universo di Rabano Mauro (IX sec.), il De nimalibus di Alberto Magno, il De bestiis et aliis rebus di Ugo di San Vittore (XII esc.), e altri, fino ai bestiari d'amore del XIII secolo, che riflettono gli ideali cortesi delle raffinate corti europee.
Come genere il bestiario è stato ripreso anche in età moderna, naturalmente con significati diversi da quelli medievali, un esempio celebre è il Bestiario di Guillaume Apollinaire, raccolta di poesie dedicate ad animali, illustrato da Raoul Dufy.
Tra i più attuali e popolari sono da ricordare i bestiari fantasy, diffusi su figurine (cards) e su Internet, destinati a giochi di ruolo.
A. Cocchi
Bibliografia
G. Dorfles, G.Pieranti, M. Ragazzi, M.G. Recanati Percorsi d'arte. Istituto Italiano Edizioni Altlas. Bergamo 2006
Ugo di San Vittore De tribus diebus, 1123
Bestiari medievali, a cura di L. Morini. Einaudi, Torino 1996
F. Zambon, L'alfabeto simbolico degli animali. I bestiari nel medioevo. Luni editrice, Milano 2001
Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano, a cura di M. P: Ciccarese. Dehoniana editrice, Bologna 2002
X. Muratova. Guardare al natura, in Arti e storia del medioevo, vol. 3. Einaudi, Torino 2004
La natura intesa come "libro scritto dal dito di Dio", teofania contenente il codice cifrato della Creazione è una delle concezioni essenziali del pensiero e della cultura medievale. Ciò spiega l'importanza, nell'arte del Mediovevo, delle numerose immagini di elementi naturali, dove ogni animale o pianta diventa "signum" che rivela verità celesti e insegnamenti morali.
Dalle prime rappresentazioni nell'arte paleocristiana, ai mosaici bizantini, alle decorazioni romaniche e gotiche, l'conografia naturalistica si riempie di elementi zoomorfi e fitomorfi in tutti i settori dell'arte: dalle miniature dei codici, all'oreficeria, agli elementi dell'architettura, ai cicli pittorici e scultorei.
Per citare alcuni tra gli esempi più famosi: lo Zooforo del Battistero di Parma realizzato da Benedetto Antelami, i mosaici della Basilica di Aquileia, quelli del Duomo di Monreale a Palermo o della Basilica di San Marco a Venezia, ecc.
Alle trasformazioni di stile e di mentalità che la rappresentazione della natura porta con sè, durante i secoli del Medioevo, si accompagna comunque anche uno specchio di quel sapere simbolico carico di messaggi e insegnamenti che per gli uomini di allora erano di immediata comprensione.
I bestiari, raccolte e descrizioni di animali veri e immaginari, vanno considerati come le grandi enciclopedie di allora. In essi confluiscono conoscenze religiose, scientifiche, filosofiche, magiche, alchemiche, mitologiche, dati di esperienza diretta, convinzioni popolari.
Le fonti culturali sono quindi numerose. Il primo dei bestiari è il Physiologus, di autore anonimo del II o III sec. dopo Cristo, o il Liber Monstruorum, dell'VIII sec., molto diffuso in epoca medievale.Tra le fonti più antiche, troviamo soprattutto Aristotele, conosciuto attraverso la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, sia in latino, sia nelle traduzioni commentate in arabo. Ma, accanto alle enciclopedie e ai numerosi trattati naturalistici si possono ricordare il XII libro delle Etimologie di Isidoro, il De Universo di Rabano Mauro (IX sec.), il De Animalibus di Alberto Magno, il De bestiis et aliis rebus di Ugo di San Vittore (XII esc.), e altri, fino ai bestiari d'amore del XIII secolo, che riflettono gli ideali cortesi delle raffinate corti europee.
A. Cocchi
Bibliografia e sitografia
G. Dorfles, G.Pieranti, M. Ragazzi, M.G. Recanati Percorsi d'arte. Istituto Italiano Edizioni Altlas. Bergamo 2006
Ugo di San Vittore De tribus diebus, 1123
Bestiari medievali, a cura di L. Morini. Einaudi, Torino 1996
F. Zambon, L'alfabeto simbolico degli animali. I bestiari nel medioevo. Luni editrice, Milano 2001
Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano, a cura di M. P: Ciccarese. Dehoniana editrice, Bologna 2002
X. Muratova. Guardare al natura, in Arti e storia del medioevo, vol. 3. Einaudi, Torino 2004
Centauromachia. Cratere attico a figure nere. 450-440 a.C. Parigi Louvre
Il centauro è una figura fantastica della mitologia greca con sembianze umane nella parte superiore del corpo e di cavallo in quella inferiore. Si dice che la sua figura ebbe origine dalla relazione tra il re dei Lapiti, Issione, e la dea Era, da cui nacque appunto Centauro, il capostipite della sua specie. Questa creatura è priva di un significato simbolico ben definito.
Viene infatti definito in alcune leggende come brutale, malvagio e rozzo; ne è un esempio, l’episodio delle nozze del re Piritoo e Ippodamia, in cui i centauri, invitati in Tessaglia per il banchetto nuziale, tentarono di rapire la sposa. Venne ingaggiata una lotta (che prende il nome di Centauromachia) tra Centauri e Lapiti, alla fine della quale i centauri, sconfitti fuggirono nel monte Pindo. In altri casi come quelli di Chirone e Folo, i centauri vengono riconosciuti come saggi e sapienti. Particolare è la leggenda riguardante quest’ ultimo che narra di Ercole che essendo andanto a caccia del cinghiale Erimanto, giunse fino a Folo, che gli servì cibi caldi e vino di Dioniso. Allora, attirati dal profumo del vino arrivarono altri centauri intenzionati ad ggredire Ercole. Ma questo si difese facendo una strage e inseguì le creature fino a Capo Meleo.
La caratteristica dei centauri è quella di possedere gran parte dei difetti e dei pregi dell’ uomo, esasperati al massimo.
Fidia. Lotta tra Lapita e centauro. Metopa del Partenone. Londra, British Museum
Nella poesia omerica, virgiliana, ovidiana e nella favola greca, al centauro nel mondo antico erano attribuite varie qualità negative, e questo finì per rappresentare la parte “animale”, la malvagità e la rozzezza dell’uomo.
Il centauro godette di buona fama, solo nei primi secoli del cristianesimo, quando alcuni monaci videro in questa figura la doppia natura di Cristo; quella umana, nelle zampe che legano la creatura al terreno, quella divina nel passo della Genesi: «Dio creò l'uomo a propria immagine e somiglianza».
Ma già nel XIV secolo si tornò a vedere nel Centauro una figura negativa, quale quella del demonio e diventò il simbolo della sensualità sfrenata, dell’ irrazionalità, della malvagità, ma soprattutto di uno dei sette peccati capitali: l’ Ira.
In un secondo momento anche Dante collocò la bestia nell’Inferno della Divina Commedia, precisamente presso il fiume Flagentonte, nel settimo cerchio, designandoli come protettori dei violenti verso il prossimo.
Al Centauro venne in seguito anche associata, durante il Medioevo, la figura dell’eretico, in quanto le sue sembianze appunto, di metà uomo, metà cavallo, ricordavano lo stato dell’eretico, di metà cristiano e metà pagano. Venne spesso raffigurato con un aspetto selvaggio, impugnante un arco o, in alternativa, una clava, alle prese con la caccia di animali come cervi o colombe, che rappresentavano entrambi simbolicamente la debolezza dell’ anima, facile preda del peccato.
Ma sempre in epoca Mediovale, nei bestiari compaiono soprattutto le femmine dei centauri, le centauresse, che erano accusate di seduzione, voluttà, lussuria, omosessualità oltre di essere incapaci di trattenere i loro istinti più bassi.
Michelangelo. Centauromachia. 1490-92. Firenze, Casa Buonarroti
In epoca moderna, invece, la conoscenza delle stelle e la divinazione del futuro, ma anche l’ aura mistica che li circonda, hanno a tal punto affascinato gli scrittori, che i Centauri sono spesso citati nella letteratura fantasy. Possiamo trovarli tra le creature di Dungeons&Dragons, nei romanzi Dragonlance, nella saga di Warcraft e Warhammer o ancora nei peplum (sottogenere cinematografico che comprende film d’azione e fantastici) degli anni sessanta e settanta di Ray Harryhausen. Tranne per alcuni eccezioni come quella nel cartone animato, firmato Disney, di Hercules, i centauri sono rappresentati come creature legate alla Natura, più simili ai buoni Chirone e Folo.
Molto importanti sono anche le comparse nella saga di Narnia, dei centauri come guerrieri coraggiosi e del loro comandante Oreius, leale e saggio, e nella rinomata saga di Harry Potter dove queste creature figurano come una razza orgogliosa, restia a condividere il proprio sapere (riguardante la divinazione soprattutto) con gli umani, da cui sono poco rispettati.
S. Zamagni (alunni del Liceo Classico Monti, Cesena)
L’idra, il cui nome significa ‘serpente d’acqua’, secondo la maggior parte delle leggende, rappresentava un mostruoso animale dalle molte teste, di cui quella centrale immortale, sette nove o addirittura 50 e secondo alcuni mitologi sarebbero state d’oro , a seconda delle versioni. Qualsiasi testa venisse tagliata ne ricrescevano due. Presentava un corpo grosso come un tronco di un albero di colore verde. Dall’alito e dal sangue velenosissimi, abituato a uccidere uomini, razziare bestiame e depredare paesi. Era figlia di Echidna e tifone.
Antonio del Pollaiolo. Ercole e l'Idra.
1460 ca. Olio su tavola. Firenze, Uffizi
Nell’antichità l’Idra era classificata come un drago con molteplici teste. Fece la sua prima comparsa nel mondo classico nelle dodici fatiche di Eracle.
Eracle e l'Idra di Lerna. Anfora attica a figure nere. 540-530 a.C. Parigi, Louvre
I personaggi dell’opera
Eracle: Mitico eroe greco; figlio di Zeus e di Alcmèna, nacque a Tebe.
Iolao: Figlio di Ificle e quindi nipote di Eracle, spesso gli fece da accompagnatore e cocchiere. Iolao gli permise di uscirne vincitore: ogni qual volta l'eroe decapitava una delle teste, lui cauterizzava il moncone con il fuoco, di modo che non potesse più rigenerarsi.
Carcino: Grosso crostaceo che viveva con l’Idra. Cercò di aiutarla nel combattimento con Eracle, ma non riuscendo nel suo intento, ferì Iolao. Per vendetta, Eracle lo schiacciò. In seguito Era lo fece diventare la costellazione del cancro.
Ercole come uccisore dell'Idra di Lerna. Da originale del primo ellenismo.
Restauro moderno di Alessandro Algardi (XVII secolo) Marmo. cm 200 Roma, Musei Capitolini
Il mito
Nascosta nelle acque fangose di una palude vicino a Lerna, dimorava una creatura spaventosa con ben nove teste, di cui quella centrale si diceva fosse immortale era considerato un mostro imbattibile e terribile.
L’avvicinamento dell’Idra da parte di Eracle nella sua seconda fatica, fu tutt’altro che facile: finché rimaneva nascosta nelle acque paludose, il mostro poteva attaccare sempre di sorpresa, grazie alle teste che manteneva nascoste dalla melma. Eracle dovette costringere l'idra ad uscire dalla palude e vi riuscì bersagliandola a dovuta distanza con frecce infuocate. Una volta emersa, l'affrontò con la spada. Ma ogni qual volta le tagliava una testa, ne ricrescevano altre due al suo posto. Fortunatamente, Iolao lo accompagnò in questa impresa, e grazie a lui ne uscì vincitore. Questi scopri che cauterizzando la ferita la tesat non rnasceva così aiutò l’eroe a servirsi di tronchi ardenti per bruciare il moncone di ogni testa prima che avessero il tempo di crescere. Infine, tagliata la testa immortale, Eracle la schiacciò sotto un pesante masso, di modo che non potesse più nuocere a nessuno.
Così l’Idra fu uccisa ed Eracle si valse del suo sangue per avvelenare la punta delle sue frecce che, da quel momento, produssero ferite inguaribili.Purtroppo il veleno dell'Idra fu anche causa della morte dell'eroe, in quanto la moglie Deianira, siccome stava per essere abbandonata dal marito innamoratosi di Iole,acceta il sangue del centauro Nesso ferito a morte da eracle con una fraccia bagnata col sangue velenoso dell’idra. Per mantenere l’eroe sempre legato a sé, la sposa,doveva immergere una veste di Eracle nel sangue di Nesso e poi fargliela indossare. Non appena il poveretto la indossò fu preso da un tormento fortissimo: era la bile dell’idra che aveva infettato il sangue del centauro. Si gettò allora in una catasta di legna accesa.
Anche Omero accenna fuggevolmente alla morte di Eracle, ma senza fornire particolari.
Più eloquente invece è la tragedia di Sofocle (496-406 a. C.) intitolata Trachinie troviamo questo mito anche nella Teogonia di Esiodo, nell’Eneide di Virgilio e nelle Metamorfosi di Ovidio.
E. Maccherozzi (alunno del Liceo Classico Monti, Cesena)
Esistono differenti versioni dell’idra all’ interno di diversi bestiari; il racconto più ricorrente è questo: «C’ è un animale che viene dal fiume Nilo, il cui nome è Idra. Il Phisiologus dice di lui che è un animale somigliante a un serpente a molte teste, decisamente ostile al coccodrillo. Quando ne vede uno che dorme sulla riva del fiume con la bocca aperta, va a rotolarsi nel fango argilloso per poter scivolare meglio nelle fauci del coccodrillo. Poi si avvicina alla bestia dormiente e la sveglia; questa, colta di sorpresa, inghiotte viva l’idra, che scivola nelle sue viscere e ne esce dopo averle tutte dilaniate.»
L'Idra si trova anche rappresentata come una donna con gambe serpentiformi e come un serpente con testa di Medusa.
Nell'arte classica si trova sul frontone dell'Acropoli di Atene, nel gruppo ellenistico del Museo Capitolino, sulle metope del Tempio di Zeus a Olimpia e su numerosi sarcofagi romani e ceramiche figurate.
Nella zoologia mitologica medioevale, il termine Idra sta ad indicare un generico drago con molte teste. Nei bestiari medioevali esiste l'Hydrus, variante dell'Idra.
Erasmo da Rotterdam nei suoi Adagia paragona la guerra all'Idra di Lerna. «Quinetiam bellum e bello seritur, e simulato verum, e pusillo maximum exoritur, neque raro solet in his accidere quod de Lernaeo monstro fabulis proditum est». (E poiché guerra genera guerra, da guerra finta nasce guerra vera, da guerra piccina guerra poderosa, non di rado suole accadere ciò che nel mito si racconta del mostro di Lerna).
L'Idra è assieme al Drago a tre teste la creatura più temuta in assoluto, la sua ferocia smisurata è eguagliata solo dalla sua pericolosità e sono davvero pochi i fortunati di poter raccontare di essere sopravissuti ad un incontro con lei.
Il significato religioso dell’ animale: L’ Idra in verità è l’ immagine di Dio, che fu inghiottito dall’inferno, quando quello era ancora aperto. Da lì liberò i suoi, e dilaniò quel luogo mostruoso. Così fu la morte dell’inferno, e Dio trasse fuori i buoni in tal modo da lasciare dentro i malvagi.
Il bestiario d’amore, infine, aggiunge un’ altra proprietà dell’ idra: «quando ha perduto una delle sue teste, ne genera altre e trae profitto dal danno subìto. Essa, dice ancora, simboleggia l’uomo che è tradito dalla sua donna, e per l’ insulto la tradisce sette volte.».
Gustave Moreau. Ercole e l'Idra di Lerna. 11876. Olio su tela. Chicago, Art Institute.
Oggi possiamo trovare la figura dell’idra all'interno dei giochi di ruolo, dove l’idra mitologica è stata plasmata ad uso e consumo dell'ambientazione, divenendo un mostro fra i tanti e non mostrando più connessioni con la leggenda originale.
L’Idra in Dungeons & Dragons 2° edizione era facile incontrarla come mostro errante, oppure a protezione di qualche tesoro. Le sue dimensioni erano simili a quelle di un drago, solo con più teste. Vi erano solo tre tipi di Idra: Terrestre, Acquatica e Volante.
Fra le varie incarnazioni dell'idra, oltre a quella 'terrestre' e 'acquatica', spiccava quella volante.
L’Idra, come molti altri abitanti dei mari e fiumi quasi sconosciuti in tempi medioevali, era associata e accomunata ai mostri marini di varia natura, quali serpenti, piovre e calamari giganti, entrati a pieno diritto nel folclore e nel mito delle varie popolazioni.
Solo con l’avvento della tecnologia, la maggior parte di essi ha avuto una collocazione più zoologica e meno fantastica. L’Idra identifica oggi un protista pluricellulare: simile ad un minuscolo polipetto acquatico, non è più lungo di un paio di millimetri ed è formato da un corpo a sacco da cui partono una serie di tentacoli. Tali tentacoli sono composti da cellule urticanti, utilizzate solitamente per catturare le prede. La riproduzione avviene per gemmazione, rendendo quindi, il figlio del tutto identico al genitore.
L'Idra rappresentata da Gerardo Mercatore. sec. XVI
Anche una costellazione ha assunto il nome dell’animale mitologico: si tratta dell’Hydra (o, abbreviata, Hya), la più estesa delle 88 moderne costellazioni, già riconosciuta dall’astronomo greco Tolomeo.
La costellazione contiene al suo interno Alphard, una gigantesca stella arancione, il cui nome deriva dall’arabo ‘al-fard’, ‘la solitaria’, poiché è l’unica stella di questa grandezza presente nella costellazione.
La costellazione dell'Idra
La già citata leggenda di Eracle vorrebbe che l’Idra della costellazione fosse quella affrontata dall’eroe. Una volta sconfitta, l’Idra venne collocata in cielo a memoria della vittoria dell’eroe.
Un'altra leggenda vede invece l’Idra posta come separazione fra la costellazione del Corvo e quella del Cratere (o Tazza). Secondo tale leggenda, il dio Apollo avrebbe mandato il corvo a prendere dell’acqua con la tazza, ma questi si sarebbe attardato per poter mangiare dei fichi. Tornato da Apollo, il volatile si scusò affermando che l’Idra aveva bloccato la sorgente, impedendogli di riempire la tazza. Ma il dio, capendo che il corvo stava mentendo, lo punì mettendolo in una posizione, all’interno del cielo, in cui non avrebbe mai potuto bere dalla tazza, poiché ostacolato dal corpo dell’idra.
E. Maccherozzi
Come genere il bestiario è stato ripreso anche in età moderna, naturalmente con significati diversi da quelli medievali, un esempio celebre è il Bestiario di Guillaume Apollinaire, raccolta di poesie dedicate ad animali, illustrato da Raoul Dufy.
Tra i più attuali e popolari sono da ricordare i bestiari fantasy, diffusi su figurine (cards) e su Internet, destinati a giochi di ruolo.
A. Cocchi
Bibliografia e sitografia
G. Dorfles, G.Pieranti, M. Ragazzi, M.G. Recanati Percorsi d'arte. Istituto Italiano Edizioni Altlas. Bergamo 2006
Ugo di San Vittore De tribus diebus, 1123
Bestiari medievali, a cura di L. Morini. Einaudi, Torino 1996
F. Zambon, L'alfabeto simbolico degli animali. I bestiari nel medioevo. Luni editrice, Milano 2001
Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano, a cura di M. P: Ciccarese. Dehoniana editrice, Bologna 2002
X. Muratova. Guardare la natura, in Arti e storia del medioevo, vol. 3. Einaudi, Torino 2004