Home  /  Artisti  /  Giorgione

Giorgione da Castelfranco. Pala di Castelfranco

Una malinconica 'sacra conversazione'

 

Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.

 

 

Con la Pala di Castelfranco il pittore veneto Giorgione offre un'interpretazione nuova e altamente poetica del tema tradizionale della "sacra conversazione".
La composizione è ridotta all'essenziale in una semplice struttura a piramide.
Lo spazio non è costruito geometricamente, attraverso un disegno prospettico, ma suggerito dal colore, attravenso le sapienti modulazioni cromatiche giocate sulle variazioni dal verde al giallo dorato.
Il colore, in questo come negli altri dipinti di questo artista è protagonista del quadro. E' il colore che costruisce e fonde le forme e gli spazi, crea un'armonia generale nell'accostarsi e sciogliersi dei toni.
La tecnica pittorica del Giorgione, basata sulla pittura tonale, consiste nell'uso diretto del colore senza disegno. Non esistono linee di contorno, ogni cosa compare e si definisce dall'accostarsi e sovrapporsi leggero delle pennelate. Non viene usato neppure il disegno prospettico.
L'effetto dello spazio, tuttavia, è molto forte: si estende sia in profondità sia lateralmente nello splendido paesaggio, ma si percepisce anche attorno ai personaggi, che risultano come volumi geometrici morbidi e dalle masse ariose compenetrate dall'atmosfera sospesa che c'è intorno.
La tecnica di Giorgione è innovativa anche rispetto all'uso tradizionale del colore a olio.
Di solito si usava stendere il colore per velature sempre più scure su una preparazione in gesso, insistendo di più sulle parti in ombra e lasciando trasparire il gesso nelle parti chiare, in modo da creare degli effetti di luce. Giorgione invece lascia la tela grezza e ruvida e interviene sul suo colore grigiastro con toni sempre più chiari e poco diluiti, in modo da farli rimanere opachi e ottenere una resa materica e contorni come sfuocati. Questo spiega come, nonostante la naturalezza e spontaneità dei suoi quadri, in realtà Giorgione lavorava con grande attenzione, calibrando con cura ogni pennnellata.

La scena è ambientata in un luogo indefinito e quasi spoglio. Il pavimento, il trono e il parapetto sono ridotti a semplici piani e forme solide geometriche, come se si trattasse di una scenografia allestita per una rappresentazione teatrale.
Le linee orizzontali e vericali di questi elementi di dispongono nello schema della croce. Sull'asse verticale si dispongono lo stemma di famiglia del committente Tuzio Costanzo, il tappeto, il gruppo della Madonna col Bambino. Il nostro sguardo viene fatto salire fino ad uscire dal quadro, con l'alto schienale del trono di cui non si vede la fine, secondo un simbolico percorso dalla realtà terrena al mondo divino. L'asse orizzontale suggerisce una dilatazione dello spazio, ribadito dal paesaggio disteso e dall'orizzonte immerso nella foschia. Anche il pavimento a scacchiera, che sembra ribaltarsi in avanti, suggerisce una continuità oltre i limiti del quadro, in una sorta di gioco tra indefinito e infinito dello spazio.

La scelta del punto di vista rialzato, permette all'occhio di perdersi in profondità.  Oltre al parapetto, lo sguordo può vagare liberamente, verso il castello sulla collina, nell'ampio prato a valle, può superare il bosco, verso le montagne avvolte nella nebbia, fino all'orizzonte.
L'uso della luce calda, dorata, diffusa dagli ultimi raggi del sole, permette una perfetta unificazione tra primo piano e sfondo, tra interno ed esterno, nella stessa atmosfera. Le forme arrotondate e le variazioni tonali del paesaggio, la stessa luminosità contenuta, entrano in perfetta coerenza anche con l'atteggiamento rilassato, assorto dei personaggi, isolati nella loro intensa malinconia.
Domina un senso di unità, di fusione totale, che rispecchia l'espressione di un sentimento religioso universale, che unisce divinità, umanità e natura.

I personaggi di Giorgione sembrano respirare insieme alla natura, hanno un'aura indefinita, non sono caratterizzati nelle fisionomie, i loro tratti sono idealizzati in una perfezione geometrica, le forme dei corpi sono morbide e arrotondate, e sembrano come trapassate dall'atmosfera e dalla luce.
La Madonna ha un atteggiamento insieme solenne e rassegnato, la testa dipinta in un ovale perfetto, lo sguardo rivolto verso il basso in un punto imprecisato. Tiene la sinistra appoggiata al bracciolo del trono, con la destra sostiene il Bambino, disposto obliquamente in grembo, addormentato e con la testa reclinata su una spalla. I panneggi ricordano quelli della Madonna nell'Annunciazione di Leonardo agli Uffizi, ma sono più sobri, meno ridondanti.

 

Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Particolare del santo in armatura. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Particolare del santo in armatura. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.

 


Il santo in armatura (San Giorgio, San Liberale o San Giovanni) è ritratto in posa marziale, sostiene il suo vessillo con una mano e i guanti con l'altra, ma sotto l'elmo rivela un viso di adolescente velato da un'ombra, ha i capelli lunghi sulle spalle e guarda tristemente verso lo spettatore. Il personaggio più dinamico è san Francesco, che protende la mano verso di noi e mostra le stimmate con un gesto di richiamo.

 

Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Particolare del castello. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Particolare del castello. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.

 


A destra le forme imponenti di un castello sono sfregiate da una guerra: si vedono i segni dell'aggressione sulla torre e sull'avancorpo. A sinistra due soldati in armatura  sembrano riposarsi su un prato, come se fossero colti in un momento di tregua o fossero due sopravvissuti a una battaglia.
L'interesse per la resa dei fenomeni della natura si coglie nei particolari del paesaggio e nell'attenta ricostruzione di un pomeriggio di tarda estate, sul far della sera.
Per un'analisi sulla committenza, i significati e il contesto storico si rinvia alla lettura iconologica del dipinto.

 

La lettura iconologica

 

La Pala di Castelfranco, nel Duomo di Castelfranco Veneto, è un'altra delle opere di Giorgione che lascia aperti parecchi dubbi, nonostante le indicazioni desunte dai restauri e dai numerosi studi di cui è stata oggetto.
Un primo motivo di discordanza tra gli storici è la datazione, che  secondo alcuni corrisponde al 1504-5, secondo altri va anticipata al 1502 o anche al 1500.

 

Giorgione. Pala di castelfranco. 1500-1504. Particolare dello stemma.Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Giorgione. Pala di castelfranco. 1500-1504. Particolare dello stemma. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.

 


Questa è l'unica pala d'altare, a destinazione pubblica che si conosca tra i dipinti assegnati all'artista. Unica notizia certa è che è stata realizzata per Tuzio Costanzo, un condottiero dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, che voleva collocare il dipinto sull'altare della sua cappella di famiglia nel Duomo di Castelfranco. Lo stemma della famiglia Costanzo, con sei coste e unabanda rossa, campeggia, ben evidente, al centro del piedistallo del trono. Non è ancora stato chiarito perchè la famiglia Costanzo de' Verni si trovasse a Castelfranco Veneto, poichè era proveniente, per un ramo da Napoli e per l'altro ramo da Messina. Sembra probabile che l'opera sia stata richiesta da Tuzio, in ricordo del figlio Matteo, caduto in battaglia a Ravenna nel 1504 all'età  di ventitrè anni, mentre combatteva per la Repubblica di Venezia. E ciò sposterebbe la data al 1504-05.
La funzione elegiaca e devozionale può trovare conferma nel tono malinconico che pervade tutta la composizione.
La Madonna in trono è rappresentata in un'espressione di profonda tristezza mentre sorregge il Bambino addormentato, ma anche i due santi ai piedi del trono esprimono una intensa malinconia. Allude allo stesso sentimento anche l'atmosfera sospesa e silenziosa in cui si trova immerso lo splendido paesaggio che si apre dietro le figure. Il tramonto, momento di passaggio dal giorno alla notte, è simbolo del passaggio dalla vita alla morte, mentre il castello rovinato e i soldati in riposo nella campagna, rinviano a tempi di guerra, probabilmente riferiti a quelli che hanno sconvolto il territorio veneziano in quegli anni e nei quali il giovane Matteo Costanzo ha trovato la morte.

I due santi presso il trono sembrano rivolgersi allo spettatore come per suggerire qualcosa, ma il loro messaggio rimane per noi alquanto misterioso.
Il santo a destra è stato identificato con una certa sicurezza come san Francesco, il quale, con un gesto dimostrativo, mostra i segni delle stimmate.
Il santo cavaliere a sinistra, in armatura e con il vessillo appoggiato alla spalla, è meno idenfificabile: può essere San Giorgio, patrono dello stesso pittore, San Liberale, santo a cui è dedicato il Duomo e patrono della Marca Trevigiana, o san Giovanni, patrono dell'ordine cavalleresco di cui faceva parte il committente del dipinto. Gli studiosi in un primo tempo sostenevano che il Costanzo appartenesse all'Ordine di Malta, e il santo veniva indicato come Nicasio, martire patrono di quell'ordine.
Ma quest'ultima ipotesi è stata totalmente riconsiderata, poichè sembra che Tuzio Costanzo appartenesse all'Ordine di San Giovanni e non a quello di Malta, non ancora istituito agli inizi del '500.
Altra possibilità  è che il personaggio rappresentato possa rappresentare tutti e tre i santi, in base alla maniera allusiva generica, tipica di Giorgione.
Al di là  delle ipotesi e dei dubbi che permangono sul personaggio in armatura, va tenuto presente che il viso di questo cavaliere è stato completamente ridipinto e che alla National Gallery di Londra esiste un'altra versione della stessa figura su una tavoletta di piccole dimensioni. Anche in questo caso non è accertato se si tratti di un bozzetto preparatorio fatto dal Giorgione per questa pala o di una copia di scuola.

 

 

 

A. Cocchi

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia.

 

A. Gentili. Giorgione. Dossier Art n.148. Giunti. Firenze, 1999
V. Lilli. L'opera completa di Giorgione. Classici dell'arte Rizzoli.  Milano, 1966
Vasari, Vite, 1568
G. Cricco, F. P. Di Teodoro Itinerario mnell'arte. Vol. 3 Dal Rinascimento al Manierismo. Zanichelli Editore, Ozzano Emilia  2006
Vivere l'arte. A cura di C. Fumarco e L. Beltrame. Vol. 2 Dal Rinascimento al Rococò. Bruno Mondadori Editore, Verona 2008
La Nuova Enciclopedia dell’arte Garzanti, Giunti, Firenze 1986
R. Bossaglia Storia dell'arte. Vol 2 Dal Rinascimento al Barocco al Rococò. Principato Editrice, Milano 2003.
P. Adorno, A. Mastrangelo. Arte. Correnti e artisti vol. II
F. Negri Arnoldi Storia dell'arte vol III. Fratelli Fabbri Editori
E. Bernini, R. Rota Eikon guida alla storia dell'arte. Vol. 2 Dal Quattrocento al Seicento. Editori Laterza, Bari 2006
G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa Storia dell'arte. Vol. 2 Dal Quattrocento al Settecento. Istituto Italiano Edizioni Atlas, Begamo 2006

 

 

 
Approfondimenti
Loading…