Giorgione da Castelfranco. Adorazione dei pastori.1505-10. Olio su tavola. National Gallery, Washington D.C.
L'opera di Giorgione portò in Veneto un tipo di cultura classica e naturalistica che ha avuto importanti conseguenze nella pittura. I suoi quadri sono rimasti ancora avvolti in un'aura di mistero, perchè costruiti su significati e allegorie destinati ad un'elite colta e aristocratica, comprensibili soltanto da pochi intenditori.
Poco si sa della vita di Giorgione, primo grande pittore veneto del Cinquecento. La sicurezza sull’anno della morte, avvenuta nel 1510, deriva da una testimonianza diretta. Il 25 ottobre del 1510, la peste infuriò a Venezia ed Isabella d'Este, Marchesa di Mantova, sembra già avere ricevuto notizia della morte del pittore. Questa testimonianza si evince dalla corrispondenza di Isabella con Taddeo Albano, nella quale vengono anche nominati due dipinti di Giorgione con soggetti notturni, mai identificati. L'Albano il 7 novembre, scrisse una lettera di risposta alla Marchesa: "ditto Zorzo morì più dì fanno da peste".
Le date di nascita e di morte del pittore di Castelfranco ci vengono tramandate dal Vasari, il quale nelle sue "Vite" descrive l'artista nel suo carattere, nelle sue abitudini e indica alcune caratteristiche della sua opera. Seppure rimane l'incertezza su dove il Vasari avesse preso le informazioni sulla vita del misterioso pittore, la data di nascita, il 1477, sembra verosimile.
Nulla si sa del suo cognome: egli è conosciuto solo come Giorgio, in veneto Zorzo o Zorzi, da Castelfranco Veneto, luogo di nascita, centro agricolo dell’entroterra trevigiano. Pare che l'accrescitivo del nome, Giorgione, gli venga attribuito dal Vasari "dalle fattezze della persona e dalla grandezza dell'animo". Lo storico parla dell'artista come "nato d'umilissima stirpe", fatto che pare essere smentito da Carlo Ridolfi ne "La Maraviglia dell'arte" (1648), ove si scrive che "Giorgione nascesse in Vedelago d'una delle più comode famiglie del contado, di padre facoltoso".
Secondo una romanzesca descrizione nelle Vite di Vasari, Giorgione appare come amante della musica, lui stesso musicista, oltre che appassionato conoscitore della poesia, e delle arti figurative. Per certo sappiamo che Giorgione dipinse quasi esclusivamente per una selezionata committenza patrizia, della quale condivide i gusti raffinati e gli ideali umanistici, preferendo quindi soggetti mitologici o comunque fantastici rispetto a quelli religiosi allora correnti.
Più propenso a rappresentare la natura, Giorgione non è un pittore di "storie", la sua abilità è orientata sulle qualità di fusione cromatica e definizione atmosferica piuttosto che nella costruzione della figura, le sue opere sono più adatte alla destinazione privata. Inoltre i suoi soggetti sono costruiti su significati e allegorie difficili, comprensibili soltanto da pochi intenditori.
Le pale d'altare, i teleri storici e le scene tratte dalla "storia sacra" come il Mosè bambino degli Uffizi o l'Adorazione dei Magi di Londra, non mancano nella sua produzione, e hanno potuto portargli successo sia di pubblico apprezzamento che economico e di riconoscimento professionale, ma Giorgione non ha potuto, (o saputo, o voluto) costruire quei rapporti politico-culturali, in sede ecclesiastica e civica che gli avrebbero permesso di "sfondare" e ottenere commissioni veramente di prestigio.
Il mito di Giorgione, pittore celebre, che trascorre una vita agiata, frequentando circoli nobiliari, allegre brigate, molte belle donne, è frutto di una visione romantica. La sua posizione marginale rispetto al "grande giro" dell'arte di allora e che oggi lo rende ancora più interessante e pieno di fascino, spiega anche l'incomprensione di questo originale artista.
Giorgione lavorò sotto la protezione delle famiglie veneziane dei Contarini, Vendramin, Marcello, che acquistano le sue opere e le ammirano nel segreto dei propri salotti. E' questa una delle motivazioni principali della scarsità di notizie sull'artista e anche della difficoltà di attribuzione per lunghissimo tempo da parte degli storici dell'arte.
In tale contesto risulta particolarmente prezioso il taccuino di Marcantonio Michiel un giovane e colto umanista (vissuto tra il 1484 ca. e il 1522), amatore d'arte appartenente alla nobiltà veneziana, che dal 1525 annotò nel suo libretto una serie di descrizioni di opere da lui viste nei palazzi dei maggiori collezionisti di Venezia. E' dalla sua testimonianza che si è potuti risalire all'attribuzione di opere sicuramente di Giorgione come la Tempesta e i Tre filosofi.
L'opera di Giorgione, comunque, portò in Veneto un tipo di cultura classica e naturalistica che ebbe importanti conseguenze nella pittura. L'abbandono del disegno, la costruzione della forma mediante il colore, l'invenzione del tonalismo e della composizione basata sulla dominante cromatica piuttosto che sulla strutturazione geometrica sono innovazioni straordinarie. In breve, grazie al proprio estro inventivo e alle abilità tecnica destinata a diventare uno dei principali punti di riferimento artistico e culturale della città. In essa, tra gli altri, mosse i primi passi in campo pittorico anche il giovane e promettente Tiziano Vecellio, che nei confronti del maestro rimase sempre debitore di una straordinaria sensibilità per il colore.
Ci sono molti dubbi sulla sua formazione di Giorgione.
Nella sua città, Castelfranco Veneto, ha realizzato almeno due opere importanti: il Fregio di casa Marta, in buone condizioni di conservazione, ma molto trascurato o addirittura non riconosciuto da alcuni studiosi, e la celebre Pala di Castelfranco del 1500-1504, conservata nel Duomo.
Probabilmente, Giorgione si trasferisce a Venezia piuttosto tardi, intorno al 1503-04. Dall'iscrizione presente dietro il suo Ritratto di Laura, è documentato il suo ingresso presso la bottega di Vincenzo Catena, seguace arcaizzante di Giovanni Bellini, per poi entrare in contatto con altri artisti allievi di Leonardo da Vinci.
Il presunto incontro con Leonardo, nel marzo del 1500, spesso citato dai testi di storia dell'arte, è in realtà molto improbabile, sia perchè Leonardo si fermò a Venezia giusto il tempo di consegnare al governo della Serenissima un Progetto di ingegneria militare e poi ripartire in tutta fretta, sia perchè Giorgione non risulta essere a Venezia prima del 1503.
Sulla sua formazione esiste quindi un silenzio totale per la mancanza di qualsiasi documento. Gli studiosi hanno potuto solo fare riferimento alle componenti stilistiche che mettono le opere del maestro veneto in rapporto con altri artisti rinascimentali.
A venezia, Giorgione ha potuto studiare anche le opere di Antonello da Messina, e, accanto all'uso della luce derivata dalla corrente belliniana, sembra aver assimilato qualche componente del classicismo peruginesco e dell'armonia e delicatezza dei bolognesi Francesco Francia e Lorenzo Costa.
Giorgione non fu pittore di grandi opere pubbliche, eppure la sua portata innovativa venne percepita già dalla committenza locale veneziana, raffinata e amante di un'arte colta e ricca di rimandi allegorici.
Vasari lo collocò tra gli artisti iniziatori della Maniera moderna, subito dopo Leonardo, cogliendone i dati stilistici essenziali: «sfumò le sue pitture e dette una terribil movenzia [cioè un eccezionale senso di movimento] alle sue cose, per una certa oscurità di ombre ben intese [cioè per un chiaroscuro realistico] ».
La pittura tonale rappresenta la vera rivoluzione pittorica di Giorgione. Riguarda infatti l'uso del colore e l'intonazione sentimentale e intima, già evidente in una delle sue prime opere la Pala di Castelfranco del 1500-1504.
Le opere profane, realizzate a partire dai primi anni del Cinquecento, non seguono i canoni ben delineati dell'arte sacra. Le scene rappresentate sono spesso difficili da interpretare, ritraggono personaggi immaginati dagli autori, a volte volute dai committenti. Tali committenti, inoltre, tengono per loro i quadri, nel chiuso degli ambienti nobiliari. E' così che, lontano dall'ufficialità della Chiesa e dei luoghi pubblici, le opere si disperdono, vengono vendute, cedute ad altri proprietari. A ciò s'aggiunga, nel caso di Giorgione, l'alone quasi mitico che circonda la sua figura e che lo ha tenuto "prigioniero" nei secoli. Molte informazioni relative all'opera giorgionesca e di altri autori coevi provengono da un fortuito ritrovamento.
All'inizio del secolo scorso, viene rinvenuto e pubblicato un libretto di appunti, redatto nel Cinquecento, inizialmente chiamato "Anonimo Morelliano" - dal nome dello scopritore abate Morelli - e poi attribuito a Marcantonio Michiel. Questo nobile veneziano, appassionato d'arte, descrive ciò che vede nei salotti nobiliari, splendide tele collezionate dai patrizi veneziani: Giorgione è tra i pittori da lui menzionati.
Alcuni documenti pubblici rendono ragione di pagamenti per opere di Giorgione: nel 1507 riceve 20 ducati per un "telero", grande dipinto su tela; nel 1508, per l'opera svolta nel Fondaco dei Tedeschi, 150 ducati, cifra stabilita da una commissione formata da Giovanni Bellini, Vittore Carapaccio, Lazzaro Bastioni, Vittore di Matteo.
Giorgione. Venere dormiente. Dett. 1507. Olio su tela. Dresda, Gemaldegalerie Alte Meister
Elemento fondamentale della sua pittura e originale è il paesaggio, trattato con libertà e verità nuove. I suoi paesaggi introducono una visione aperta e serena. Sono superfici ampie e distese, che non costituiscono più soltanto uno sfondo per la scena, ma diventano l’espressione di uno stato d’animo, creano un’ambientazione, un’atmosfera particolare, magica e poetica. Sono paesaggi interiori.
Inoltre Giorgione introduce la pittura tonale: un nuovo modo di comporre il quadro basandosi sui colori che è diverso sia dai contrasti cromatici realizzati da Raffaello, sia dai contrapposti di Michelangelo e sia dallo sfumato di Leonardo. Il colore sviluppato sulla base di una dominante e le sue variazioni di tono diventa la struttura del dipinto. Il colore costruisce le forme e lo spazio, in quanto viene usato nella sua valenza costruttiva e spaziale. Ma serve anche a creare una dimensione emozionale, un’atmosfera, attraverso le proprietà psicologiche e direttamente espressive delle varie combinazioni cromatiche.
Giorgione. Adorazione dei pastori. 1504. Olio su tela. Washington, National Gallery of Art
L’utilizzo della pittura tonale è anche il mezzo più adatto per esprimere il “sentimento della natura" che permea tutte le opere del Giorgione. Osservando la natura, varia il tono dei colori sotto i cambiamenti della luce dovuti al tempo atmosferico. Nella modulazione tonale crea i passaggi da un tono all’altro con una dominante complessiva (es: scala del verde) scomposta nelle componenti (giallo e blu) in cui si fondono e si compenetrano tutte le forme del quadro.
In base ad una radicata tradizione è stato alungo ritenuto che Giorgione abbia frequentato la bottega di Giovanni Bellini. Ma questa tesi non trova alcun riscontro sicuro, mentre l'iscrizione presente sul retro della Laura di Vienna, dipinta da Giorgione nel 1506, prova invece un suo apprendistato nella bottega veneziana del belliniano Vincenzo Catena.
Ma ad oggi, nonostante gli studi accurati, si possono attribuire con sicurezza a Giorgione solo pochi dipinti. Anche la testimonianza di Vasari, va riferita a un'unica opera: Pala di Castelfranco, visibile al pubblico perché posta sull'altare di una chiesa. Secondo Vasari Giorgione è uno dei protagonisti di "quella terza maniera che noi vogliamo chiamare la moderna".
Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Part. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Uno dei maggiori equivoci sul pittore di Castelfranco deriva inoltre dall'insistenza del Vasari riguardo a una non dimostrabile influenza profonda di Leonardo su Giorgione. Dagli studi più recenti, si può ravvisare un parallelo tra Giorgione e Leonardo solo perchè entrambi portano avanti, l'uno a Venezia, l'altro a Firenze, vie espressive fortemente innovative e incentrate sullo studio della natura.
Giorgione, con uno stile sostanzialmente diverso da quello di Leonardo, sperimenta la pittura tonale.
Corrisponde a questa tecnica la Pala di Castelfranco, interamente costruita sul colore, senza ricorso al disegno.
L'esecuzione diretta con i colori senza disegno diviene una costante in tutte le sue opere. Giorgione osserva che la natura è fatta di colori, e compone i suoi quadri cromaticamente "intonando" le figure tra loro e con gli elementi del paesaggio. Tutto ciò si riscontra nei tre capolavori di Giorgione: I tre filosofi, La tempesta, la Venere. I temi e i significati delle tre tele nascono forse da quei ristrtti circoli intellettuali e restano a tutt'oggi di difficile interpretazione. Ma il soggetto nella pittura di Giorgione è secondario rispetto all'interpretazione artistica. passa in secondo piano.
Ne I tre filosofi, ad esempio, non è tanto importante capire cosa stiano facendo questi uomini, quanto ammirarne l'armonia con la natura.
La tempesta è un capolavoro in cui si esprime in pieno la visione panteistica dell'uomo che è tutt'uno con la natura. Anche qui non si conoscono ancora le identità dei personaggi rappresentati, nè tantomeno i significati e le allegorie. Ma emerge il mistero della natura nel suo manifestarsi nell'improvviso scoppio del fulmine.
Altrettanto originale ed estranea alla tradizione precedente, la sua Venere, che non ricalca il mito della sua nascita dalla spuma marina, ma è una donna addormentata, immersa nel paesaggio e nei suoi sogni.
La ricerca espressiva di Giorgione va anche intesa nell'ambito del neoaristotelismo, fenomeno culturale nato in seno all'ateneo padovano per opera soprattutto di Pietro Pomponazzi e rapidamente approdato a Venezia e nel territorio lagunare.
In questa nuova cultura spicca la concezione di autonomia del sapere e la ricerca del vero naturale, inteso come verità non mediata, che viene sviluppata da un forte rapporto tra letteratura, scienza e filosofia.
La lirica interpretazione del Giorgione su temi come uomo, natura, universo si basa su un'intimo amore per la natura e per l'uomo, ma rappresenta anche una sensibile risposta a stimoli e suggestioni ricevuti dal quel particolare contesto culturale.
Giorgione. Pala di Castelfranco. 1500-1504. Part. Olio su tela. Castelfranco Veneto, Duomo.
Anche il tema della divinità viene affrontato da Giorgione in modo assolutamente inedito e lo esprime secondo la propria autonoma esperienza spirituale. Così immerge le sue figure sacre in paesaggi incantati, la cui bellezza è l'essenza stessa del divino.
La verità per Giorgione coincide con il vissuto interiore. Il suo amore per la natura, e per i suoi fenomeni, il nascere o tramontare del sole, le montagne, gli alberi, i boschi, l'acqua, la foschia, le nuvole sono i veri protagonisti dei suoi dipinti, cantati più che descritti, dalla voce del suo colore.
A. Cocchi
Giorgione.
Mappa sintetica con cenni sul contesto storico e riferimenti alle opere principali. Autore: A. Cocchi
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Giorgione è uno dei maestri più misteriosi e affascinanti della pittura italiana. Fu il maggiore interprete della concezione di armonia tra uomo e natura espressa attraverso il colore. I suoi capolavori sono spiegati in maniera sintetica e chiara nella mappa di Geometrie fluide, per comprendere con facilità lo stile e le opere principali di questo straordinario artista.
A. Gentili. Giorgione. Dossier Art n.148. Giunti. Firenze, 1999
V. Lilli. L'opera completa di Giorgione. Classici dell'arte Rizzoli. Milano, 1966
Vasari, Vite, 1568
G. Cricco, F. P. Di Teodoro Itinerario nell’arte. Vol. 3 Dal Rinascimento al Manierismo. Zanichelli Editore, Ozzano Emilia 2006
Vivere l'arte. A cura di C. Fumarco e L. Beltrame. Vol. 2 Dal Rinascimento al Rococò. Bruno Mondadori Editore, Verona 2008
La Nuova Enciclopedia dell’arte Garzanti, Giunti, Firenze 1986
R. Bossaglia Storia dell'arte. Vol 2 Dal Rinascimento al Barocco al Rococò. Principato Editrice, Milano 2003.
P. Adorno, A. Mastrangelo. Arte. Correnti e artisti vol. II
F. Negri Arnoldi Storia dell'arte vol III. Fratelli Fabbri Editori
E. Bernini, R. Rota Eikon guida alla storia dell'arte. Vol. 2 Dal Quattrocento al Seicento. Editori Laterza, Bari 2006
G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa Storia dell'arte. Vol. 2 Dal Quattrocento al Settecento. Istituto Italiano Edizioni Atlas, Begamo 2006
Giorgione. «Le maraviglie dell'arte».
Catalogo della mostra (Venezia, novembre 2003-febbraio 2004)
a cura di G. Nepi Scirè e S. Rossi.
Copertina flessibileEdizione illustrata.
Il catalogo della mostra veneziana, edito da Marsilio, raccoglie una serie di scritti sulle opere di uno degli artisti più misteriosi del Cinquecento.
Le osservazioni degli studiosi più esperti si arricciscono di nuove informazioni, derivate dai restauri e dalle ricerche più recenti.