I reperti preistorici più antichi
L'insediamento di Mensa-Matelica
L'arte preistorica del territorio cesenate è ancora poco conosciuta. Il ritrovamento di testimonianze sulla preistoria della città è cominciato soltanto dopo la seconda guerra mondiale e comunque si tratta di oggetti ritrovati per lo più in maniera sporadica, poichè sono mancate campagne di scavo condotte sistematicamente.
Rispetto alla situazione archeologica regionale, soprattutto emiliana, dove sono stati trovati numerosi oggetti lavorati dall'uomo appartenenti anche alle fasi più antiche del paleolitico, l'area del cesenate e ravennate è più povera di reperti paleolitici perchè i fenomeni geologici dell'abbassamento del suolo hanno portato più in profondità gli strati corrispondenti a quelle epoche remote, rendendo molto più difficoltosi gli scavi e i ritrovamenti.
Diversi resti preistorici, conservati al locale Museo Storico dell'Antichità, risalgono al Neolitico. Si tratta di manufatti in pietra riaffiorati nei campi della zona tra Cesena e Castiglione di Cervia, nell'area del Monte, in quella dell'Ippodromo e verso Borello. In queste aree si trovavano alcuni insediamenti umani sparsi o costituiti da piccoli villaggi.
I reperti più antichi sono due nuclei di selce neolitici ritrovati nel 1953 da Antonio Veggiani sul Colle Spaziano, dove si trova oggi l'Abbazia del Monte.
E' molto interessante vedere come confrontando questi oggetti ritrovati in un'area così ristretta, emergano differenze di stile che tradiscono la confluenza di tradizioni e culture diverse.
Una serie di anse del tardo Neolitico conservate al Museo Storico delle Antichità di Cesena mostrano una varietà di forme molto interessante che indica come nella stessa epoca e in un territorio relativamente ristretto ci fosse comunque una certa apertura culturale e una discreta creatività nella manifattura ceramica. L'ansa di un recipiente, eseguita dal ceramista con la funzione pratica di impugnatura, per afferrare e sostenere il vaso, in questi casi assume anche un valore simbolico-decorativo. Da San Martino in Fiume deriva un'ansa a protome di animale, cioè modellata con una forma che ricorda una testa d'anatra (definita infatti come "anatrella" dagli archeologi). Un'altra ansa a protome animale è stata invece ritrovata a Capocolle ed ha una forma molto diversa: è rappresentata forse la testa stilizzata di un animale con un muso o becco rivolto verso il basso e due corna cilindriche. Altre anse provenienti da Capocolle sono diversissime tra loro, come quella a flabello, che si apre verso l'alto come un cono rovesciato, l'ansa detta cilindro-retta con l'impugnatura ad anello sormontata da un cilindretto e l'ansa a rostro, dove l'impugnatura è arricchita da una propaggine appiattita sviluppata verso l'alto.
Altri frammenti dello stesso museo mostrano che anche le pareti dei vasi presentavano lavorazioni ornamentali. Due esempi provengono entrambi dal sito di Capocolle: Il primo frammento mostra una lavorazione detta "a tubercoli", ovvero con elementi semisferici applicati sulla superficie del vaso in modo da creare delle protuberanze con effetto molto plastico. Un altro frammento mostra invece una decorazione praticata ad incisione con motivi geometrici e lineari che denuncia una visione estetica molto più "grafica", secondo lo stile appenninico.
Le variazioni stilistiche e la diversità di soluzioni visibili anche in questo piccolo nucleo di reperti rivelano un intreccio di contatti, scambi e influenze tra i singoli gruppi umani già presenti in quest'area. Dall'età del Bronzo in avanti i traffici e gli spostamenti erano garantiti nella zona soprattutto da due importanti vie di comunicazione. La prima è rappresentata dal fiume Savio, un tempo navigabile, collegamento diretto dall'appennino al mare, la seconda è rappresentata dalla rete di percorsi pedemontani che dall'area riminese si diramavano sulle colline oltrepassando Bertinoro e spingendosi verso l'appennino.
Il territorio è inoltre caratterizzato da alcuni interessanti santuari preistorici. La presenza di numerose sorgenti d'acqua, spesso con proprietà terapeutiche, favorirono il sorgere di villaggi e luoghi di culto come la Panighina e la Fratta, conosciuti già nel Neolitico ma che accrebbero la loro importanza soprattutto nei periodi successivi.
Più documentata è l'Età del Bronzo, alla quale appartiene un nucleo più consistente di reperti provenienti da diversi insediamenti disseminati tra la prima collina cesenate e la pianura in direzione della costa.
Alcuni gruppi seminomadi dediti alla pastorizia sostarono alla Panighina, a Capocolle, a Guado della Fornasaccia (presso Borgo di Ronta), a San Martino in Fiume, a Mensa-Matelica e a Valle Felici, lungo la spiaggia tra Cesenatico e Cervia. Di questi antichi pastori rimangono alcuni frammenti appartenenti ad oggetti d'uso quotidiano e armi.
Alla prima categoria appartengono i frammenti di vasi in terracotta ritrovati a San Martino in Fiume. Sono oggetti con semplici ornamenti a cordone la cui di fattura rozza indica una realizzazione senza pretese e un uso domestico e quotidiano.
Simili ad essi sono i vasi ritrovati a Guado della Fornasaccia, ma questi presentano una lavorazione un po' più elaborata perchè i cordoni decorativi applicati sulle superfici sono lavorati ad intaglio. Dallo stesso sito provengono anche una punta di freccia di selce, alcune spatole, un osso con incisioni, alcuni punteruoli in osso e il frammento di una macina. Escludendo la macina, tutti gli altri oggetti indicano l'abitudine alla caccia, alla conciatura e lavorazione delle pelli.
Dal Bronzo medio all'Età del Ferro queste popolazioni hanno iniziato a trasformare la loro cultura, venendo a contatto con popoli appartenenti all'area marchigiana e al Veneto. Dai primi, deriva lo "stile appenninico" della tarda Età del Bronzo, riconoscibile in alcuni ornamenti geometrici praticati a incisione sui vasi ritrovati a Capocolle. Dai Veneti gli antichi pastori delle colline cesenati derivarono invece le anse con caratteristica appendice a rostro.
Il periodo finale dell'Età del Bronzo sembra aver portato una nuova fase stilistica nell'artigianato della ceramica preistorica cesenate. Diverse anse di vasi in terracotta da San Martino in Fiume hanno assunto forme a protome animale, come nell'esempio ad "anatrella" e "cilindro-retta", mostrando l'influenza delle più evolute e dinamiche culture subappenninica e protovillanoviana, ma anche questo stile permarrà attardandosi fino all'Età del Ferro.
Nell'Età del Bronzo uno dei centri più documentati nella produzione artistica dell'area cesenate sembra essere quello di Mensa Matelica, ai confini verso il territorio di Ravenna. Qui in occasione degli scavi condotti da G. A.Mansuelli e R. Scarani per la Soprintendenza delle Antichità dell'Emilia e Romagna nel 1949 vennero alla luce le tracce di un abitato databile tra il IX e il VII secolo a. C. e una considerevole quantità di manufatti in terracotta. Osservando l'insieme dei reperti sorprende la varietà di forme e ornamenti dovuta sia alla diversa funzione dei singoli oggetti sia ad una cultura artistica aperta a contatti con la civiltà appenninica delle Marche e a quella terramaricola dell'Emilia Orientale.
Sono state ritrovate parecchie giare dotate di grosse anse, ma anche olle, orci, scodelle, ciotole, tazze. Molto interessanti i vasi biconici decorati a solchi e bozze cave a rilievo. Anche la qualità della fattura e della decorazione è di livello più alto rispetto agli oggetti coevi rinvenuti negli altri siti. Diversi vasi presentano solchi verticali simili a metope, solchi disposti a meandro, fasce decorate a punteggiatura o a tratteggio. Molto originali sono una piccola tartaruga in terracotta e un manico di lesina decorato a occhi di dado. Tra i reperti figura anche un frammento di bronzo.
Un altro sito importante dell'Età del Bronzo è quello di Capocolle, scoperto la prima volta da Mauro Jacuzzi nel 1962 e poi analizzato da Antonio Veggiani tra il 1965 e il 1968. Qui sono state ritrovate le tracce di un villaggio composto da diverse capanne dalle quali sono riemersi parecchi oggetti in terracotta, pietra e bronzo.
Anche in questo caso i vasi a cui appartenevano i frammenti erano di tipo diverso come tazze, giare, dolii e presentavano caratteristiche e decorazioni da ricondurre ad uno stile riferito alla civiltà terramaricola-protovillanoviana. Lo dimostrano i diversi tipi di ansa (a rostro, cilindro-retta, cornuta, a flabello, a nastro) e le decorazioni preaticate ad incisione con tratteggi e punteggiature. Anche gli orli dei vasi sono particolari, perchè si vedono intacche realizzate con le dita o con apposite stecche.
I reperti in pietra sono numerosi ma meno interessanti: si tratta per lo più di schegge e nuclei di selce a cui si aggiunge una macina e macinelli. Fa eccezione solo un martello rituale in pietra verde che mostra un foro circolare, testimone di un'antica e misteriosa attività religiosa.
Tra i reperti in bronzo va segnalato un bellissimo pugnale dalla forma slanciata e con spina centrale. Appartiene ad uno stile piuttosto raffinato che ricorda quello dell'insediamento coevo di Toscanella Imolese. Nella parte dell'impugnatura si vedono tre fori per i chiodi che dovevano fissare la lama al manico del pugnale.
La Panighina, località posta a circa sette chilometri a ovest di Cesena, sembra essere stato un centro religioso legato al culto delle acque per il lungo periodo che comprende l'età del Bronzo e del Ferro. Qui, dopo ad alcuni ritrovamenti casuali avvenuti nel 1870, vennero eseguiti una serie di scavi archeologici dal 1902 al 1911 che riportò alla luce un'antica stipe votiva. La conoscenza dell'artigianato ceramico dell'età del bronzo è testimoniata dai numerosi vasi che venivano portate come ex-voto o gettati nelle bocche delle sorgenti sacre dai fedeli in particolari riti di ringraziamento. Questi oggetti presentano decorazioni diverse con particolari che dimostrano una certà varietà di soluzioni. Le ornamentazioni si concentrano soprattutto negli orli con intacche e decori e nelle anse caniculate.
All'età del Ferro risalgono alcune armille e fibule in bronzo mentre altri reperti sono di età romana, segno che il luogo continuò ad essere frequentato per molto tempo.
Altro centro idrico e terapeutico è la Fratta, anch'esso antico luogo sacro fin dalla preistoria, frequentato anche dai Romani.
All'età del Ferro dell'area cesenate risalgono rari reperti. Alcuni sono di fattura molto modesta come i vasetti di ceramica ritrovati a Torre del Moro. A San Martino in Fiume sono stati ritrovati alcuni oggetti in ceramica di fattura etrusca che gli studiosi associano a oggetti coevi ritrovati in località Bertarina, nella zona di Vecchiazzano di Forlì e al Persolano di Faenza, appartenenti allo stile Villanoviano bolognese e alla civiltà felsinea.
Nell'epoca preromana, tra il VI e il V secolo a. C. nel territoro collinare intorno a Cesena tra le valli del Savio e del Bidente, si avvicedarono alcune tribù celtiche come i Galli Boi e gruppi degli Umbri Sapinates, documentati nella Valle del Savio. Entrambe queste popolazioni furono spesso in contrasto sia tra loro che contro i Romani che stavano avanzando in Romagna. Su questi antichi popoli e sulle loro vicende le conoscenze sono ancora scarse, sappiamo però che i Boi si erano stanziati soprattutto in pianura, nella zona del Compito e nel territorio riminese, ma avevano costruito alcuni villaggi anche verso l'appennino, presso i fiumi Lamone e Bidente. Sembra anche che le tribù residenti più a sud si fossero fuse con quelle dei Senoni, stanziati nella pianura del piceno.
I Sapinates invece rappresentavano un gruppo molto forte e agguerrito che costituirono la loro città principale presso l'odierna Sarsina.
A. Cocchi