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Geometria Dureriana. Il mostro marino

 Albrecht  Dürer. Il mostro marino. Dett.  Bulino. 1498 ca. Londra, National Gallery

 

 

Una delle più belle incisioni di Albrecht  Dürer, Il mostro marino, rimanda ad un intreccio di significati nascosti tra mito e simboli alchemici, risolvendosi in una spettacolare allegoria del rapimento.

 

 

La mostruosità del femmicidio-femminicidio. 

Il dramma di quest'ultimo secolo
 

 

Albrecht  Dürer concepì il bulino "Il mostro marino" nel 1498 circa, una magnifica lastra impressa su carta vergata coeva. Sul soggetto si è perplessi, considerato che l'autore divaga chiamandola semplicemente "Das Meerwunder" ("Il mostro marino") nel suo diario.  

 

 

 Albrecht  Drer. Il mostro marino. Bulino. 1498 ca. Londra, National Gallery
 Albrecht  Dürer. Il mostro marino. Bulino. 1498 ca. Londra, National Gallery

 

Sembra trattarsi a prima vista della scena, forse mitologica, di un tritone grottesco con una particolare prominenza a forma di corno sulla fronte che rapisce una principessa nuda, poiché indossa solo un elaborato diadema a perle. Forse si tratta della scena mitologica della leggenda della principessa argiva Amymone nel racconto Metamorfosi di Ovidio di Acheloo e Perimela.
Sulla riva, si agitano le sue compagne e un uomo, presumibilmente suo padre, invocandole di ritornare. Ma il tritone è tutto deciso a procedere, forse verso la sua nave ormeggiata in lontananza in alto a sinistra.
L'autore mostra, in questo bulino la notevole padronanza dell'incisione, specie nei dettagli con l'elaborato castello di Norimberga e la perfetta resa estetica del fogliame. Un pregio particolare si rivela nel presentare in primo piano la fanciulla rapita con le sue ombreggiature. Sono attrattive le increspature nell'acqua volte a porre in evidenza il deciso procedere dei due per allontanarsi dalla riva. E tutto concorda come di un coro a rendere sontuoso il quadro scenico del rapimento.

 

« Così la descrisse Panofshy 1: "l'incisione [...] mostra il rapimento di una ragazza nuda dal suo bagno. Il rapitore è un essere favoloso, metà uomo e metà pesce, abbellito da una lunga barba bianca e da piccole corna, e che porta come armi un guscio di tartaruga e una mascella. I compagni della sua vittima cercano la riva in preda al terrore; sua madre si torce le mani; suo padre, vestito in abito orientali, corre verso il bordo dell'acqua con futili gesti di disperazione. La fanciulla stessa, apparentemente meno turbata del suo entourage, si adagia sulla coda di pesce del suo rapitore, mostrando la sua bellezza in una posa tutto antica e limitando l'espressione del suo dolore a un basso singhiozzo o gemito. »

 

Un altro mito classico si adatta allo scenario del rapimento, quello di un'altra opera di  Dürer,  il disegno di Europa del 1495, tuttavia si è in dubbio per il fatto stesso che l'autore ha divagato titolando l'opera semplicemente "Das Meerwunder" ("Il mostro marino"). In alternativa varrebbe pensare che si tratti di un rapimento avvenuto in tempi recenti e in ambiente familiare?

 

« Poggio Bracciolini  2 per esempio, riferisce di un racconto in cui l'orribile storia di un Tritone, raccontata nella descrizione di Tanagra di Pausania, viene trasferita nel XV secolo e sulla costa della Dalmazia. Un mostro, metà umano e metà pesce, con piccole corna e una barba fluente, aveva l'abitudine di rapire bambini e ragazze che si divertivano sulla spiaggia, fino a quando fu ucciso da cinque lavandaie determinate. La sua "forma di legno" (non si sa esattamente se un'immagine scolpita o il mostro stesso in uno stato di estrema essiccazione) fu esposta a Ferrara - Poggio l'aveva vista con i suoi occhi - e mise a tacere ogni scettico. »

 

Forse è da qui che il Dürer ha tratto lo spunto per inscenare l'opera "Il mostro marino", cogliendo il lato della pseudo realtà, ovvero il lato della mostruosità del tritone che il destino ha voluto appannare precludendone la rigenerazione. Ed è per Albrecht Dürer, come se premesse risolvere questa iconografia alterata del passato, di un vagheggiare su un certo processo depurativo dietro le quinte della realtà terrena da dover attuare.

É mia opinione che è in questa ottica che intravedo il vero intento dell'autore a titolare "Das Meerwunder" ("Il mostro marino") l'opera in esame, e non tanto per precludere - mettiamo - la scena mitologica della leggenda della principessa argiva Amymone, e nemmeno il racconto di Acheloo e Perimela di Ovidio - mettiamo. Anche se non vanno trascurati queste attribuzioni. Quindi vale porre in evidenza la "mostruosità" del passato mitologico che ci portiamo dietro nella generazione del presente del Dürer, ma è attuale questa realtà interiore nella presente generazione.
Di mostruosità ne vediamo oggi una in atto contro le donne, per stare al tema inscenato con "Il mostro marino". Si tratta del femmicio-femminicidio, e sarà il tema del prossimo capitolo.

 

Femmicidio e femminicidio nel mito

 

Alcune scene “comuni” di rapimenti e stupri di donne nella mitologia e il fenomeno epocale del femmicidio-femminicidio.

 

Persefone


Persefone era figlia di Demetra e Zeus (di Zeus e della dea omonima del fiume infernale Stige, secondo un’altra leggenda). Lo zio Ade, dio dell’oltretomba, la rapì portandola negli inferi e la sposò contro la sua volontà. Da Demetra nacque Agrianome. Purtroppo, ella mangiò sei semi di melograno, non avendo appetito, ma fu la sua condanna a restare negli inferi, a causa di questo frutto. Ma lei ignorava questa insana cosa.

 


Dafne


Sono varie le versioni su Dafne. In una di queste la vicende, a ragione della sua notevole bellezza attirò l’attenzione del dio Apollo. Ma l’amore divino fu rintuzzato ed ella cominciò a fuggire via lontano, verso i genitori, il dio fluviale e la madre, la naiade Creusa, perché la salvassero. Apollo la inseguì ma poco prima di raggiungerla, gli Dei, ascoltando le invocazioni dei suoi genitori, la trasformarono in una pianta per salvarla.

 


Antiope


Antiope fu sedotta da Zeus in forma di satiro. Rimase incinta e scappò via temendo le ire del padre si rifugiò presso Epopeo il re di Sicione, dove ella partorì i due gemelli Anfione e Zeto. Il re Nitteo morì di dolore, ma prima incaricò il fratello Lico di andarla a riprendere. Antiope rimase prigioniera a Tebe e abbandonò i figli sul monte Citerone. Lo zio Lico e la sua moglie Dirce maltrattarono Antiope incatenandola, ma riuscì a fuggire incontrando i figli sopravvissuti allevati da un pastore a sua insaputa. É una leggenda controversa perché vi seguì la vendetta e Lico e Dirce furono uccisi. Di qui Dioniso fa impazzire Antiope, in seguito risanata da Foco figlio di Ornizione, diventando il suo sposo.

 


Andromaca


Andromaca fu rapita dai Troiani per dare un erede ad Ettore e fu costretta contro la sua volontà a sposarlo, ma col tempo se ne innamorò.


Europa

Europa era figlia di Agenore, re di Tiro, antica città fenicia. Ma fatalmente, come accadde a tante altre giovani donne molto belle della mitologia, Zeus nell'ammirarla se ne innamorò vedendola insieme ad altre coetanee mentre raccoglievano dei fiori nei pressi del mare. Zeus attuò uno dei suoi soliti stratagemmi per sedurla e prese le sembianze di un toro bianco. Le si avvicinò e si stese ai suoi piedi suggerendo a Europa di cavalcarlo sul dorso. Il seguito lo si può immaginare perché Zeus, rivelando la sua vera identità, le usò violenza, non senza che ella mostrasse di resistergli. Di qui Zeus non desistette e si trasformò in aquila e riuscì a sedurre infine.

 


Ecco molte leggende della mitologia che possono aver indotto Albrecht Dürer a concepire il bulino "Das Meerwunder" ("Il mostro marino"). È il tema della mostruosità che deve aver appassionato l'artista a far da paladino per risanarla, poiché essa e il lato più basso e insanabile nell'uomo, che deve essere depurato assolutamente. E ne ho accennato nel capitolo precedente col fenomeno epocale del femmicidio-femminicidio.

Albrecht Dürer non solo è un artista straordinario di grande talento, ma è anche un eccezionale umanista, ed è questo suo lato molto lodevole che lo appassiona e se ne trova, appunto, il segno in quest'opera che non è stata sondata dagli esperti dell'arte in questa ottica, e che se ne trova il segno particolare in questo secolo.
 

 

« Femmicidio e femminicidio sono due termini specifici che definiscono in maniera non neutra gli omicidi contro le donne, in tutte le loro manifestazioni, per motivi legati al genere. Questi tipi di uccisione che colpiscono la donna perché donna non costituiscono incidenti isolati, frutto di perdite improvvise di controllo o di patologie psichiatriche, ma si configurano come l’ultimo atto di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico, fisico o sessuale.
Le discriminazioni di genere, gli stereotipi sulle donne radicati nel substrato socio-culturale, la divisione di ruoli e l’esistenza di relazioni di potere disuguali tra donne e uomini sono fattori che costringono la donna a permanere in una condizione di subalternità in cui si alimenta il ciclo della violenza. [...]
Il femmicidio, dall'inglese femicide, è un termine criminologico [...] per indicare le uccisioni delle donne da parte degli uomini per il fatto di essere donne. [...]
Diversamente, il termine femminicidio [...], racchiude un significato molto più complesso che supera la definizione ristretta di femmicidio, focalizzandosi soprattutto sugli aspetti sociologici della violenza e sulle implicazioni politico-sociali del fenomeno. » 3

 

Rapimento e alchimia

Ma il rapimento del "mostro marino" è pure un'altra cosa ed è l'alchimia a defininirne i risvolti.

Ecco, ora immaginate che il rapimento del "mostro marino", inscenato da Albrecht Dürer, sia il modo con cui egli ha cercato di descrivere il processo alchemico di certe nozze che solo gli addetti ai lavori iniziatici conoscono molto bene. E Albrecht Dürer (1471 – 1528), pittore, incisore, matematico e trattatista tedesco, il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale del XV secolo, meraviglia forse che sia anche un attento conoscitore dell'alchimia, e presumibilmente anche praticante?
Molte sue opere sono improntate su questo criterio e una fra queste, Melencolia I, è una delle opere più misteriose e affascinanti di Albrecht Dürer. Si tratta di una piccola incisione a bulino (239x168mm), realizzata nel 1514. Un disegno fitto di simboli indecifrabili, messaggi esoterici, alchemici, e persino un quadrato magico, Melencolia I stuzzica da secoli l’immaginazione di artisti, critici, scrittori, persino registi. Rimando per quest'opera a un mio scritto pubblicato su internet di cui al link: https://www.tanogabo.it/albrecht-durer-alchimia-di-melencolia-i/.
Dunque possiamo includere nel repertorio alchemico anche "Il mostro marino" ed è presto fatta ogni spiegazione per tradurre la simbologia del Mostro descritto, come un uomo mezzo pesce, ed è tutto qui il mistero, il resto con il corno in capo e l'arma della tartaruga con la mascella d'asino, non sono altro che emblemi. La spiegazione è semplice perché la coda di pesce è solo il modo per rimandare al mondo di appartenenza del misterioso "mostro marino" che è acquatico e in alchimia questo mondo è definito "Mare" in tanti modi.
Un certo "Mare" in perfetta sintonia con le increspature nell'acqua, volte a porre in evidenza il deciso procedere dei due per allontanarsi dalla riva. È in questa ottica che si traduce la maestria di Dürer con una realtà trascendente al punto di intravedervi il mare ermetico come ce lo presenta, per esempio Fulcanelli. 4

 

<< Esiste una logica precisa, sottolineava Fulcanelli, nel fatto che i Saggi abbiano chiamato il nostro prezioso corpo con i nomi dei pianeti Saturno e Venere: «Felice, esclama Filalete, chi può salutare questo pianeta dal lento movimento (tardambulonem). Prega Dio, o fratello, affinché tu divenga degno di questa benedizione, perché essa non dipende da colui che la cerca, né, a maggior ragione, da colui che la desidera, ma unicamente dal Padre delle llluminazioni».
Quanto a Venere, gli autori la citano nel corso dell’operazione solo per indicare, analogicamente, in che modo lo zolfo nero viene alla luce. Il lettore vedrà, insieme a Fulcanelli, che questo agente filosofico nasce dal mare ermetico ed appare, nel momento in cui più forte è l’agitazione delle acque, sotto forma di schiuma, che si alza, affiora, si addensa e galleggia in superficie.>> 5

 

Giusto la citata increspatura dell'acqua quasi a sorreggere lo strano "vascello" del mostro marino per sollevare come su un baldacchino la Venere nella fanciulla, coronata da un bel diadema.
Ma c'è di più perché il Tritone (ovvero il mostro marino) non solo è essere acquatico ma per metà uomo soggetto all'aria e al cielo, e il gioco delle parti è fatta, ma di un mondo non terrestre, bensì astrale fatto di materia sottile.
Resta il mistero del rapimento della supposta Amymone del mito che entra in un mondo non suo, come si spiega? Semplicemente che nella donna adescata dal mostro marino, è avvenuto uno "sdoppiamento" che è la separazione della coscienza dal corpo fisico per esplorare i mondi sovrasensibili, utilizzando i diversi corpi energetici di cui siamo dotati: eterico, astrale, mentale. Dunque può essere che nel passato, al tempo del mito di Amymone, la pratica dello sdoppiamento a volte poteva essere spontanea e questo può spiegare l'incontro dei due del quadro di Albrecht Dürer in studio.
Questa esperienza è il risultato di esercizi metodici e tenaci, dei neofiti che si approcciano all'esperienza dei Misteri alchemici. In questa occasione questa singolare esperienza è definita approssimativamente con il termine tradizionale di "Morte lniziatica e Risurrezione dell'Iniziato". Il neofita viaggia in andata e ritorno nell'aldilà ed è un'esperienza denominata appunto "sdoppiamento" o "bilocazione nei mondi soprasensibili" del corpo anatomico, dai corpi energetici, costituenti l'individuo. È pure il risultato di un travaglio interiore in questa e in precedenti esistenze, e perciò si può ottenere in taluni individui con una certa spontaneità ma per altri è una grossa fatica . La bilocazione dei Santi della Chiesa rientra nella fenomenologia dello sdoppiamento della personalità.

 

La Coniunctio Opppositorum e il ratto di Amimone

In Alchimia la serie degli Amori come questo del ratto di Amymone è una raffigurazione delle nozze alchemiche accennate in precedenza e note col nome di Coniunctio Opppositorum, processo costituito da fasi distinte per colore (nero: Nigredo, bianco: Albedo e rosso: Rubedo), oltre le quali l’alchimista perviene alla realizzazione della Pietra filosofale, che può convertire in oro i metalli vili (ma si tratta di elementi dell'interiorità definiti "metalli"), nonché concepire immortalità e onniscienza.

« La Nigredo (definita dal colore nero) è rappresentata nel Mito di Io, in quella nube scura – che poi è Giove – che avvolge vaporosamente la donna e da cui si materializza la mano che ne afferra le morbide carni e il volto del dio che sfiora quello di lei. In questa fase la materia va in putrefazione e si dissolve, producendo quei fumi che si alzavano dal vaso utilizzato nel processo alchemico. La materia che si è volatilizzata è raffigurata invece nel Ratto di Ganimede, dove Giove sotto forma di Aquila rapisce il giovinetto, il che rappresenta il momento di passaggio alla fase successiva. Questa è l’Albedo (colore bianco) che è facilmente riconoscibile nella Leda, in quel piumaggio candido del cigno di cui ha preso le sembianze la divinità per avvicinare la donna, che ora sedotta si lascia accarezzare dallo splendido animale. E’ questa la fase in cui la materia prima dissolta si ricompone una seconda volta, pervenendo al colore bianco. Così l’alba segue la notte. L’ultima fase è quella della Rubedo (colore rosso) che conduce all’ottenimento dell’oro, lo stesso che piove – ed è sempre Giove che ha assunto la forma di pioggia dorata – sulla languida figura di Danae sdraiata su bianche lenzuola, rinchiusa nella sua stanza nella torre. E’ questo il coronamento di tutta la Coniunctio alchemica. Ma si sa, al rosso del tramonto segue la notte, e poi di nuovo l’alba, in un ciclo senza fine che è lo stesso processo alchemico.» 7

 

La geometria composita

 

Scopo, tra l'altro, di questo scritto è sondare l'opera "Il mostro marino"  di Albrecht Dürer in base a degli esami di geometria composita che, impropriamente, potrebbero considerarsi di "laboratorio" e così permettere di svelare una nuova realtà non conosciuta che amplia i concetti espressi dalla critica dell'arte ma che vi si discosta mostrando un nuovo criterio di esame. Si tratta di una disamina attraverso la geometria composita la quale permette di valicare il confine della comprensione dell'opera.
Il metodo da me seguito, per sviluppare i suddetti studi, è di ordine geometrico ma non è una mia novità, poiché è lo stesso praticato dai critici d’arte che si avvalgono della geometria composita per entrare “dentro l’opera” di artisti del Rinascimento che ne facevano uso. Ma non si ha una sua documentazione autografa a riguardo. Però io fuoriesco dai loro canoni con l’intento di mettere in luce risvolti geometrici cui era avvezzo Albrecht Dürer che ne faceva largo uso prima di eseguire l'opera.

Comunque quel che si accetta nel mondo accademico delle Belle Arti è che sicuramente gli artisti del Rinascimento utilizzavano schemi geometrici, a volte complessi, per impaginare le loro figure nella composizione generale, ed è altrettanto vero che tali schemi, il più delle volte ricostruibili “a posteriori” (ossia solo sulla base dell’opera e non degli studi autografi), per essere credibili devono intersecarsi con i punti salienti della composizione. Altrimenti, potremmo sovrapporre a questo o quel quadro figure geometriche a iosa o selve di linee il cui percorso finirebbe per essere del tutto arbitrario. 8

 

 

Il dettaglio e la sua carica

 

In occasione di un seminario ad Amburgo nel 1925 Aby Warburg afferma che «il buon Dio abita nel dettaglio».
Hermann Usener – uno dei docenti che ha maggiormente influenzato il giovane Warburg – nei suoi corsi di mitologia sosteneva che

«è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi».


È così che entrambi gli studiosi, con parole diverse, intendevano attribuire ad un luogo minimo – come il dettaglio in relazione all’intera opera d’arte – la forza di un valore espressivo che quasi sempre si sviluppa in profondità e parla attraverso il tempo inattuale del Nachleben.
Warburg ha potuto riconoscere, nel corso dei suoi studi, che il sintomo sceglie proprio il dettaglio per infrangere la superficie: è manifestandosi sotto forma di formula di pathos che investe e carica il dettaglio di forza ed energia pulsionale. 9
E sarà l'aforisma di Hermann Userer a guidarci per concepire il telaio della geometria composita che andrò a fare.
Due dei punti "piccoli" che costituiranno la traccia iniziale per concepire il telaio della geometria composita saranno i nasi, ossia l'olfatto della fanciulla rapita e quello del "mostro marino" e spiegherò di seguito la ragione di questa presunta peculiarità.

 

Il lato della scienza. L'olfatto nelle donne

 

 

Albrecht Albrecht Drer. Bagno delle Donne. Penna - 231 x 226 cm - 1496 - (Kunsthalle (Bremen, Germany).

 

Illustrazione 2: Albrecht Dürer. Bagno delle Donne. Penna - 231 x 226 cm - 1496 - (Kunsthalle (Bremen, Germany). L'autore è deceduto nel 1528, quindi quest'opera è nel pubblico dominio. Geometria Düreriana. Grafico dell'autore. L'olfatto, la fonte del sesso. Il naso: «è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi» (Hermann Usener). I colori sono stati aggiunti e rappresentano la fase alchemica di ogni figura. Per il nero Nigredo, per il bianco Albedo, per il giallo Citrinitas e per il rosso Rubedo. A sinistra è il Cavaliere-Alchimista.

 

« All'interno del cervello umano c'è una caratteristica anatomica, vicino alla parte superiore, che ci dà motivo di credere che esistano feromoni umani: l'organo vomero-nasale. Non si conosce la sua funzione, ma nei primati subumani, questa è l'area in cui i feromoni agiscono pe aumentare le possibilità procreative. [...] Quando eseguiamo un'azione più o meno faticosa, studiamo attraverso le ghiandole endocrine. Ma quando siamo imbarazzati o eccitati sessualmente, sudiamo attraverso le ghiandole apocrine che rilasciano steroidi ad alta densità sotto le braccia e intorno ai genitali; il loro ruolo è sconosciuto. Nei primati subumani, le stesse ghiandole apocrine rilasciano feromoni. Altre ricerche condotte dal Dr. Hirsch hanno dimostrato che il collegamento tra l’olfatto e la risposta sessuale è verosimile. In uno dei suoi studi è emerso che il 17% dei suoi pazienti con deficit olfattivi ha sviluppato una qualche disfunzione sessuale ».10

Ed ecco che il ravvisato "olfatto sessuale" delle donne, è intravisto in modo clamoroso nell'opera alchemica di Albrecht Dürer "Bagno delle Donne".  1496 - (Kunsthalle (Bremen, Germany) dell'illustrazione. 2,  aiutato dall'aforisma di Hermann Usener precedentemente suggerito, cioè:
«è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi», attraverso il loro naso,
È una cosa che permette di intravedere nei due nasi della fanciulla rapita e del "mostro marino" i primi due punti, A e B, per delineare la prima linea del telaio della geometria composita mostrato con l'illustrazione 3.  Essi costituiscono i segni preliminari dello scopo del rapimento che è il matrimonio della fanciulla con il "mostro marino". Da qui il segno nei due nasi che sono gli organi del sesso.
Poi un secondo "punto piccolo" di Hermann Unserer si intravede nel dito indice teso della mano sinistra, come se volesse indicare qualcosa.
Naturalmente si tratta di uno stratagemma dell'autore del quadro, cioè Albrecht Dürer, per suggerire come allestire il suo telaio strutturale, poiché è una procedura normale per lui.
Un terzo segno ci viene dall'allineamento delle due torri della città di Norimberga disegnata nel quadro, linea che inquadra anche il padre della fanciulla rapita.
Un ulteriore segno ci viene dalla coffa della nave che si vede al lato destro in alto.
Infine resta il segno della base della firma di Albrecht Dürer che è solito concepire con lo scopo, non solo come firma, ma anche per far capire che si tratta di un'operazione alchemica che gli riguarda di persona. In questo caso è lui che sta procedendo per una "coniunctio oppositorum" personale per il conseguimento di un "oro alchemico" sostanziale. E vedremo ora in che modo egli traduce questa operazione di alchimia tramite la geometria concorrendo ad un rettangolo aureo, cioè informato alla sezione aurea.

 

 

Procedura della geometria composita

 

 

 Albrecht Drer.Il mostro marino. 1498. Il telaio della geometria composita

 

Illustrazione 3: Albrecht Dürer. Il mostro marino. 1498. Il telaio della geometria composita.

 

1. Tracciatura degli assi cartesiani orizzontali e verticali:
- xx relativo al punto G, il padre della fanciulla rapita e dei nasi A e B della fanciulla rapita e del "mostro";
- x'x' relativo al punto C della punta del dito della fanciulla rapita;
- x''x'' relativo alla base della firma di Albrecht Dürer;
- yy relativo agli assi delle due torri e del padre in G della fanciulla rapita;
- y'y' relativo al punto A del naso e del dito C della fanciulla rapita:
- y''y'' relativo al punto B del naso del "mostro marino".
2. Tracciatura del rettangolo aureo GADE:
- si esegue la linea tratteggiata HI che divide a metà il quadrato GAFC;
- si punta il compasso in I e con raggio IF si traccia un arco che coincide in D e conferma che il rettangolo GADE è aureo.
3. La coffa della nave L è la destinazione della fine del viaggio di nozze dei due, la fanciulla e il "mostro". Prova ne è che la linea in giallo che congiunge il dito C della fanciulla con il naso B del "mostro", collima con il punto L della coffa della nave.
4. L'ordinata y'''y''' in giallo passante per il punto L della coffa della nave passa per la mascella d'asino posta sull'estremità dello scudo della tartaruga del "mostro". L'attrezzo che l'uomo barbuto tiene dietro lo scudo della tartaruga è una mascella d'asino di Sansone, considerato dagli studiosi biblici, come essere l'arma più potente della Bibbia ebraica. Dürer già aveva usato questo simbolo, prima, e lo utilizza, ora, nel contesto di questa incisione, per indicare la persona che nella composizione ha più potere.

 


Il mistero della destinazione della nave ormeggiata del punto L

 

 

Albrecht Drer. Il Mostro Marino. Databile ai primi decenni del Cinquecento

 

Illustrazione 4: Albrecht Dürer. Il Mostro Marino. Tempera tüchlein su tela Penne, Collegiata di San Giovanni Evangelista e Apostolo.  Databile ai primi decenni del Cinquecento. L’opera pittorica è stata eseguita con la tecnica nordica del 'tuchlein', che significa ‘piccolo panno o lino sottile’ . Fonte: https://www.giornaledimontesilvano.com/14809-penne-in-esposizione-il-mostro-marino-di-durer

 


Non si ha idea del luogo di destinazione del viaggio di nozze della fanciulla con il "mostro", che la nave del punto L indica poco distante a vista d'occhio.
Trattandosi di una rappresentazione di una fase del processo alchemico, la "coniunctio oppositorum", si può presumere che riguarda il conseguimento dell'Albedo con il superamento dell'opera al nero, la Nigredo. L'opera in trattazione "Il mostro marino" è in bianco e nero e non si ha modo di averne la conferma attraverso il colore, ma Albrecht Dürer, dimostrando di avere particolare predilezione per il tema di alchimia qui sviluppato, è spinto al punto di eseguire una successiva opera pittorica con lo stesso titolo, mostrata con l'illustrazione 4, con la quale è possibile avere la conferma della suddette concezioni sul tema dell'Albedo.
Il confronto tra l'incisione (cm 18,7x24,6) e la nuova tela (cm 55x75), entrambe del mostro marino, oltre alla consistente differenza dimensionale, fa risaltare la maggiore ampiezza di scena della versione dipinta. Inoltre, in quest’ultima, in alto a destra, sopra il veliero, si scorge la veduta di una 
città. Si ipotizza che sia stata tratta forse da qualche bozzetto o acquerello eseguito dal Dürer lungo il viaggio per l’Italia (forse Trento dal lato nord, come da un suo acquerello del 1494). Ma Dürer non è insolito a utilizzare i propri bozzetti, o studi ad acquerello, per inserirli nei dipinti o incisione. Nell'opera a colori perdono forza alcuni riferimenti simbolici sbiadendo la maliziosità della ninfa percepibile nell'opera a bulino. A tal proposito incuriosisce una differenza della ninfa ritratta, nel caso dell'incisione, con bocca aperta, mentre è chiusa nel caso del dipinto, mostrando così una certa rilassatezza. In più non tiene nella mano destra il velo che copre la nudità. L'altra mano non ha l'indice teso, che è servito peraltro al Dürer per indicare il tema nascosto del disegno della geometria composita.
Si può anche capire che non ha più l'indice teso per dimostrare di essere rilassata, come se avesse capito il destino che l'aspetta, anzi a matrimonio consumato le sarà stato detto della Reggia presso cui ella sarà Regina. Giusto quel luogo in alto a destra dove il veliero è ormeggiato, posto ai piedi di un bello scorcio montuoso. La reggia si vede distintamente, nonché sia un luogo nordico coperto di neve per il suo biancore, ma è il modo con cui Albrecht Dürer ha voluto alludere, quasi certamente, alla meta alchemica ambita dal biancore dell'Albedo alchemico.

Altre osservazioni sono molto ben descritte nel saggio "Penne. In esposizione Il mostro Marino di Dürer " a cura di  Kim Redy, a questo link:
https://www.giornaledimontesilvano.com/14809-penne-in-esposizione-il-mostro-marino-di-durer.

 

 

La geometria composita del dipinto "Il mostro marino"
I due rettangoli aurei ECOF ed LMBO.

 

 

Illustrazione 5: Albrecht Drer. Il Mostro Marino. telaio della geometria composita. I due rettangoli aurei ECOF ed LMBO

Illustrazione 5: Albrecht Dürer. Il Mostro Marino. telaio della geometria composita. I due rettangoli aurei ECOF ed LMBO

 

 

1. Le ascisse:
- x3: geometrica attraverso l'arco EI con centro in O;
- x2: geometrica attraverso l'arco ACB con centro in O;
- x3: passa per il dito O della donna;
2. Le ordinate:
- y1: è l'asse della torre;
- y2: geometrica attraverso l'arco FD con centro in G relativvo al quadrato EHGF;
- y3: passa per il dito O della donna;
- y4: geometrico di verifica attraverso l'arco CB con centro in O. Corrisponde all'albero maestro del veliero.

Per Amynone e Posidone, Regina e Re accanto uniti per sempre, è una sorta di primavera come quella del paziente alchimista in trepido "ascolto", come Leo, uno dei tanti alchimisti, in “Avviamento all'Esperienza del Corpo Sottile”  11:
«Noi dobbiamo cercare di avvertire accanto ad ogni impressione sensoria una impressione che la accompagna sempre, che è di genere del tutto diverso risonanza in noi della natura intima, sovrasensibile delle cose e che ci penetra dentro silenziosamente.» E cosicché lo Spirito Universale sovrasensibile si rispecchia nella sensorialità umana ed è così che, accanto a quella abituale, verrà a crearsi un nuovo tipo di sensazione. Fino a quel momento, vi sarà il fervore occulto del prepararsi alla rinascita: ci si troverà in una situazione analoga a quella dei  primi incerti giorni  successivi  all'equinozio,  nei  quali  la  natura  sembra,  pur  operosamente,  ancora  in  “Attesa  di Primavera”.12 
É l'Albedo che tanto attendono i Filosofi e nel quadro di Albrecht Dürer infatti se ne trova il segno (illustr.ni 4 e 5) nel paesaggio che sembra innevato sulla destra e sullo scudo di tartaruga di Posidone, la cui forma  somiglia a un bianco coniglio; oltre alla candida e fluente barba bianca di Posidone, cosa già accennata.
L’Albedo, o Opera al bianco, rappresenta il processo di purificazione o distillazione del composto scaturito durante la fase di Nigredo. Il simbolo principale dell’Albedo è l’acqua, elemento che le viene associato in virtù della sua carica purificatrice.
Resta incompresa la mostruosità del tritone, dal punto di vista alchemico, ma è lo scoglio degli alchimisti nel dover affrontare il drago nella loro interiorità.
 

Il Rebis  e il Drago in Alchimia (il mostro)
Rebis deriva da Res ("Cosa", "Materia") e Bis ("Due" ovvero "Doppio") ovvero "Cosa doppia", "Materia doppia".
La prima immagine del Rebis appare nell'opera "Azoth" dell'alchimista tedesco Basilio Valentino (Basilius Valentinus) nel 1613.
E' il simbolo dell'unità della dualità, ovvero come le due parti (maschile e femminile) vengono perfettamente integrate a formare l'uno 13.


Basilio Valentino, un monaco benedettino del 1400, autore di numerosi libri di alchimia, fa luce sul processo alchemico che ha il suo principio e fine con la Materia Prima, cioè il Leone verde. È simbolicamente rappresentata da un dragone alato sulla sfera terrestre, anch’essa alata, naturalmente. Se ne parla nel suo libro dal titolo AZOTH, e questa di seguito è la descrizione che viene fatta sul suo conto a pag. 96 14:

 

 

Illustrazione 6: Rebis tratto da Theoria Philosophiae Hermeticae (1617), di Heinrich Nollius. Il dragone che sovrasta la terra.

Illustrazione 6: Rebis tratto da Theoria Philosophiae Hermeticae (1617), di Heinrich Nollius. Il dragone che sovrasta la terra.

 


« Io sono il Drago velenoso, presente dappertutto, che può essere acquistato ad un prezzo irrisorio. La «cosa» su cui riposo, e che su di me riposa, sarà trovata in me da chi saprà frugarmi come si conviene. La mia Acqua ed il mio Fuoco distruggono e compongono. Estrarrai dal mio corpo il Leone Verde e quello Rosso; se non mi conosci perfettamente, il mio Fuoco ti distruggerà i cinque sensi. […]
Io sono l’Uovo della Natura, che soltanto i Sapienti devoti e modesti conoscono, ed essi fanno nascere da me il microcosmo. […]
I Filosofi mi chiamano Mercurio, mio sposo è l’Oro (filosofico); sono l’antico Drago presente in ogni parte della terra; sono padre e madre, giovane e vecchio, forte e gracile, morte e resurrezione, visibile ed invisibile, duro e molle, discendente nella terra e da scendente al Cielo, grandissimo e piccolissimo, leggerissimo e pesantissimo; in me l’ordine della Natura è spesso invertito, incolore, numero, peso e misura; contengo la Luce naturale, sono oscuro e chiaro, vengo dal Cielo e dalla terra, conosciuto e considerato poco o nulla. Tutti i colori in me risplendono, e cosi tutti i metalli attraverso i raggi del sole. Sono il rubino solare, una terra nobilissima e chiarificata, per cui mezzo tu potrai trasmutare in oro il rame, il ferro, lo stagno ed il piombo. »

 

 


Brescia, 7 dicembre 2023
 

 

 

 

 

 

 

 

G. Barbella. Brescia, 17 agosto 2023

 

Note

 

1)  Erwin Panofshy è uno storico dell'arte tedesco naturalizzato statunitense (Hannover 1892 - Princeton 1968). Massimo teorico dell'iconologia.
 
2) Giovanni Francesco Poggio Bracciolini, nome umanistico Poggius Florentinus (Terranuova, 11 febbraio 1380 – Firenze, 30 ottobre 1459), è stato un umanista e storico italiano.

3) https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/I-concetti-di-femmicidio-e-femminicidio/368

4) Fulcanelli (... – ...; fl. XIX secolo) è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia del XX secolo, la cui identità non 
è mai stata accertata.

5) Fulcanelli. Le Dimore Filosofali, vol. I, pag. 28

 6) https://www.aseq.it/aura/28847-come-sdoppiarsi-e-viaggiare-nei-mondi-soprasensibili.html
 7)  https://www.ilmessaggeroitaliano.it/news/arte-alchimia-nel-cinquecento-correggio-pietra-filosofale/
 

 8) Marco Bussaghi - DENTRO L'OPERA - Rivista Art e Dossier di ottobre 1997 - Gruppo   Editoriale Giunti.
      Marco Bussaghi. Geometrie del sorriso. https://matematica.unibocconi.eu/articoli/geometrie-del-sorriso

 9)  Tesi di laurea 2007-2008 della laureanda Elisa Danesin - Ricerche sulle Giuditta di Klimt. Uno sguardo warburghiano - Esercizi Filosofici 5, 2010, pp. 31-52    ISSN 1970-0164 -  link:
http://www.univ.trieste.it/~eserfilo/art510/danesin510
 

10)  https://www.stateofmind.it/2019/12/olfattophilia-sesso-olfatto/

 11)  htps:/t/www.liberaconoscenza.it/zpdf-doc/articoli/nolli/cda%20-%20commenti%20versetto%2051.pdf

12)  Introduzione alla Magia, a cura del Gruppo di UR, vol. I, cap. III, pag. 73, Edizioni Mediterranee.
 
13) https://spiritodiluce.blogspot.com/2014/12/rebis.html

14) Basilio Valentino. AZOTH, ovvero L’Occulta Opera Aurea dei Filosofi. Pag. 96. Ediz. Mediterranee

 

 

 
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