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Olympia

Con questo dipinto, Manet si riconferma il portavoce dell’antiaccademismo.
Come Colazione sull’erba, anche il dipinto Olympia è un olio su tela di grandi dimensioni, ammirabile al Musée d’Orsay di Parigi.
Esposto in un Salon nel 1865, suscitò grande scandalo. Esso rappresenta un nudo femminile semidisteso su un letto disfatto, riprendendo l’impostazione generale della Venere di Urbino di Tiziano, e la schiettezza del personaggio della Maya desnuda di Goya. Ma, se, agli occhi dei suoi contemporanei, il nudo di Tiziano rappresentava una bellezza dolce e pudica, vista all'interno di un palazzo rinascimentale, l'Olympia si impone schietta e glaciale in un ambiente simile a quello di una casa di tolleranza.
Nulla lasciava dubitare che la donna fosse una prostituta: il nome stesso “Olympia” era tipico delle etere del tempo, e la posa ricordava quella delle fotografie pornografiche che circolavano segretamente nei salotti mondani. Anche in questo caso quindi il "giudizio moraleggiante" sul soggetto scelto da Manet ha fortemente condizionato il giudizio sull'artista.
Olympia guarda sfacciatamente lo spettatore, e non vi è l’ombra di un sorriso sul suo volto, privando il soggetto di qualsiasi accento romantico o di mistero.
In secondo piano è dipinta una donna di colore che regge un mazzo variopinto di fiori; esso è rappresentato con tecnica già del tutto impressionista. Infatti, è costruito su macchie indefinite di colore, stese con rapide e piccole pennellate. Solo osservato in lontananza, il mazzo acquista un grande effetto realistico.
Il quadro è costruito sul contrasto netto tra tinte chiare e scure, come il color avorio della pelle di Olympia che si staglia sullo sfondo scuro, o l'opposizione cromatica tra la veste rosata della serva e il colore scuro della sua pelle.
I colori freddi sono accostati a quelli caldi, come nel bouquet di fiori dalle tinte bianche, azzurre e rosse.
Ai piedi del letto vi è un terzo elemento: un gatto nero. A differenza del cagnolino nella Venere di Urbino di Tiziano, simbolo di fedeltà, il gatto probabilmente rappresenta la libertà, l’emancipazione che la donna iniziava ad ottenere in quegli anni.
Infine, le forme sono ampie, rottondeggianti e appiattite per via  dei colori e del nitore dei contornia, messe in risalto dai contorni scuri che rinviano all’arte giapponese, ben evidenti nella delineazione delle forme del nudo e nelle pieghe delle lenzuola disfatte.

G. Varsi


 

Bibliografia:

Giorgo Cricco e Francesco Paolo di Teodoro; Itinerario nell’arte, dal Barocco al Postimpressionismo; Zanichelli; 2006
John Rewald; La storia dell’Impressionismo; Oscar Studio Mondadori; 1976
Corriere della Sera; Manet; Rizzoli Skira; 2003

 

 

 

 
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