Moda e salute

Fin dal primo decennnio del XX secolo, nell'ambito della creazione della moda si fece strada l'esigenza di liberare il corpo della donna da indumenti costrittivi o dannosi per la salute. Si tratta di una questione molto dibattuta che provocò un cambiamento fondamentale e definitivo.
Diversi stilisti, tra i quali i francesi Poiret e Fortuny, ma anche l'austriaca Emilie Flöge e soprattutto l'italiana Rosa Genoni si dimostrarono sensibili al problema, portando avanti una ricerca creativa nuova e più confortevole.
Tale cambiamento però non è dovuto solo alla creatività  di alcuni grandi sarti, ma è dovuto a diversi motivi.

La questione dei danni provocati al corpo da forme costrittive dell'abbigliamento venne sollevata ufficialmente per la prima volta nel 1868 a Stoccarda, durante il secondo Congresso del Consiglio delle Donne Tedesche.

Alcuni anni dopo, intorno al 1880, nella stessa città  tedesca il problema incominciò ad essere affrontato in maniera più decisa nell'ambito scientifico, quando il professore universitario di zoologia e fisiologia Gustav Jäger portò avanti una campagna si sensibilizzazione sui rapporti tra moda e salute. I risultati dei suoi studi sugli effetti provocati dai vari tessuti a contatto con la pelle, vennero pubblicati in un libro, Die Normalkleidung als Gesundheitsschutz, del 1880, che fu accolto con molto interesse dall'opinione pubblica. Jäger dimostrò la sua contrarietà  all'utilizzo di determinate fibre vegetali per i vestiti, considerando invece vantaggi per la salute di tessuti di derivazione animale, come la lana. Le sue ricerche trovarono applicazione anche nell'industria tessile, con la creazione nel 1884 della Jaeger clothing brand, una linea di biancheria intima in lana con colori naturali, prodotta da Lewis Tomalin, che acquisì il marchio e i diritti di licenza dal professore tedesco.

Negli Stati Uniti d'America, Amelia Jenks Bloomer, attivista per il suffragio delle donne, creò una nuova linea di abbigliamento comodo per le donne, diffondendolo attraverso la sua rivista The Lily, fondata nel 1853. Oltre a mostrare gli effetti ridicoli e deformanti sulla figura femminile prodotti dai busti, gli articoli della sua rivista proposero anche la sua nuova linea per il ciclismo, molto comoda e funzionale al movimento, che venne particolarmente apprezzata. 
A Londra nel 1881, in piena età  vittoriana, venne fondata la Rational Dress Society, riferita alle proposte riformiste della Bloomer, che si oppose decisamente ad ogni tipo di indumento deformante o che potesse essere di impedimento al libero muoversi del corpo delle donne. Attraverso la rivista The Gazette, si propose quindi di eliminare i busti con le stecche rigide, sostituendolo con un tipo di busto con tiranti, vennero introdotti i pantaloni alla turca e ci si oppose all'uso dei tacchi alti e della biancheria intima dal peso superiore ai due chili e mezzo.

Agli inizi del XX secolo, le esponenti dei movimenti di liberazione della donna, tra cui Rosa Genoni fu una delle più autorevoli rappresentanti a livello internazionale, furono le prime ad eliminare il busto.

Un'altra corrente importante che si mosse nella stessa direzione venne dal mondo dello spettacolo e della danza, capeggiata da due grandi ballerine come Isadora Duncan e Loie Fuller, che si espressero con una danza alternativa ai canoni dell'Accademia, attraverso movimenti molto più liberi e costumi molto comodi, privi di elementi costrittivi.
Un ulteriore impulso vero uno stile di abbigliamento più libero e comodo venne dai Balletti Russi, uno spettacolo di grande successo rappresentato a Parigi nel 1909, in cui i costumi dei ballerini, orientaleggianti, coloratissimi e fantasiosi, ebbero un impatto decisivo sulla moda, ispirando le creazioni di Paul Poiret.

Dal punto di vista estetico un'altra importante fonte di ispirazione è rappresenmtata dal mondo dell'arte, sia dalle opere dei Preraffaelliti, sia dal recupero di soluzioni desunte dall'arte antica, come quella greca, ripresa soprattutto da Fortuny, o quella italiana del Mediovevo e del Rinascimento, a cui si riferiscono i modelli di Rosa Genoni.

 

A. Cocchi


Bibliografia

V. Maugeri A. Paffumi Storia della moda e del costume. Calderini Editore, Firenze 2005
L. Kybalovà , O. Herbenovà , M. Lamarovà . Enciclopedia illustrata del costume. F.lli Melita Editore, La Spezia 1988
C. Giorgetti. Manuale di Storia del Costume e della Moda. Cantini Gruppo D'Adamo Editore, Firenze
E. Morini. Storia della moda XVIII-XX secolo. Skira editore, Ginevra-Milano 2006
F. Podreider. Guida alla raccolta di stoffe di Rosa Genoni Podreider. Dattiloscritto. Archivio Storico della Società  Umanitaria di Milano.

 

 
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