Ludovico Carracci. Annunciazione

Ludovico Carracci. Annunciazione. 1585. Olio su tela cm 182,5 × 221 cm. Bologna, Pinacoteca NazionaleLudovico Carracci. Annunciazione. 1585. Olio su tela cm 182,5 × 221 cm. Bologna, Pinacoteca Nazionale

 

In In questa Annunciazione Ludovico ha voluto offrire un’immagine innocente, semplice e volutamente arcaizzante dove  il tema sacro è visto come una scena domestica, di vita quotidiana, molto vicina alla realtà delle persone comuni.

Una timida Maria

 

Nel 1585 Ludovico Carracci ha dipinto la scena evangelica dell'Annunciazione in più versioni. Alla Pinacoteca di Bologna sono conservati sia la versione di dimensioni più grandi (182,5 × 221) proveniente dalla chiesa di San Giorgio a Bologna, realizzata ad olio su tela,  sia il piccolo dipinto su rame (di 56 × 45,5 cm) che sembra provenire da casa Sampieri. Entrambi corrispondono al periodo iniziale dell'attività del pittore e rivelano molti dettagli simili ai coevi  Affreschi di Palazzo Fava, come ad esempio la somiglianza nei volti dei personaggi.

In questa Annunciazione Ludovico ha voluto offrire un’immagine innocente, semplice e volutamente arcaizzante, per questo ha scelto un criterio rappresentativo e un tipo di prospettiva quattrocenteschi. Non si tratta di una regressione allo stile del passato, ma la semplificazione compositiva è dettata da una scelta precisa, per rendere il messaggio immediatamente comprensibile per chiunque. Con la pittura del Manierismo era stata introdotta una forma di religiosità più astratta e aulica che l’artista bolognese non condivideva. Egli propose il tema sacro come una scena domestica, di vita quotidiana, molto vicina alla realtà delle persone comuni.
Questa immagine avrà una particolare fortuna è diventerà un modello per l’iconografia sacra talmente seguito che dalla sua Madonna deriva uno stereotipo così popolare che arriva fino al comune santino.
È evidente la volontà di rendere essenziale l’immagine: tutto si concentra solo sui protagonisti e sul significato della vicenda.
La qualità del dipinto sta proprio in questa a essenzialità e rigore rappresentativo, nelle poche cose che sono presenti: la colomba, il cesto, i pochi oggetti domestici. Sono dettagli selezionati, scelti per il loro valore simbolico che rinviano a significati ben precisi del messaggio religioso.

La veduta d'interno, in rigorosa prospettiva centrale, ricostruisce quella che poteva essere la stanza di una qualsiasi adolescente, in una casa popolare di fine '500. Nonostante l'estrema sobrietà della scena, i dettagli presenti attualizzano la scena nella contemporaneità del Carracci e rivelano un realismo particolarmente attento. Il pavimento con il disegno a griglia in cotto e pietra grigia e i modesti arredi della stanza sono quelli più diffusi nelle case bolognesi di quel tempo, come pure lo scarno armadietto a due ante che si intravede nella penombra in fondo alla stanza, il letto sulla destra e l'inginocchiatoio in primo piano. Anche l'abito della ragazza, un semplice guarnello da casa che come unico ornamento ha la cintura morbidamente ricadente in avanti, denota sia il tempo storico riferito all'attualità del pittore, sia le condizioni modeste della fanciulla riferite alla maggior parte della popolazione di quell'epoca. I capelli ben pettinati, divisi al centro, con una semplicissima acconciatura raccolta sulla nuca e le ciocche castane ricadenti sulle spalle sono lontani da qualsiasi ricercatezza, sottolineano un aspetto ordinato ma senza pretese e si riferiscono alla vita di tutti i giorni.

Anche la tipologia proposta per rappresentare la Vergine è significativa. Nelle tradizionali Annunciazioni la Madonna e la scena dell'evento miracoloso, per quanto possa essere semplice non viene mai vista in un tono così umile e dimesso. Anche nelle rappresentazioni più essenziali o dove non viene intesa come "regina dei cieli", in genere la Madonna è ambientata in una stanza borghese, vestita con abiti sobri ma eleganti (ad esempio indossa un mantello, spesso con bordi ricamati) e anche nell'atteggiamento timido o turbato conserva comunque sempre una certa 'nobile dignità'. Unica eccezione che può rappresentare un precedente molto vicino per intenti  all'interpretazionme di Ludovico è l'Annunciazione della cella 3 del Convento di San Marco dipinta dal Beato Angelico. Anche in quel caso l'ambiente è spoglio, la composizione è essenziale e i personaggi sono privi di ogni connotazione di ricchezza o di alto livello sociale.

 

Beato Angelico. Annunciazione 1438-1440. Affresco.
Firenze, Convento di San Marco, Cella n°3.

 

La Madonna di Ludovico inoltre è molto meno adulta rispetto alle rappresentazioni tradizionali. Forse per essere più aderente alla descrizione del Vangelo ortodosso, in cui si accenna ad una ragazza di sedici anni, l'artista mostra una figura femminile dal corpo acerbo e dal viso ancora infantile. Perfino l'espressione, che non rivela spavento, turbamento o sorpresa, sembra quella spontanea di una ragazzina rasserenata, nella sua fede semplice, per aver trovato una perfetta corrispondenza tra le parole dell'angelo e la Bibbia in cui nel Libro di Isaia legge la profezia di una vergine che concepirà il Messia. La gioventù della Madonna allude anche al fatto che Maria è insieme figlia e madre di Dio.

L'incontro tra i due protagonisti e la situazione psicologica che si crea tra loro sono interpretati con particolare delicatezza e grazia da Ludovico.
L'angelo comunica la volontà divina porgendo un giglio e indicando il cielo, ma è anch'egli un fanciullo, si rivolge alla ragazza con dolcezza, inchinandosi con fare cavalleresco e tenendo le ali ancora aperte, come se fosse appena atterrato o non volesse trattenersi troppo. Allo sguardo diretto dell'angelo Maria risponde con adolescenziale timidezza, guarda sul libro aperto e accenna un sorriso mentre tiene le braccia incrociate sul petto in un rispettoso saluto.

Nei pochi elementi del quadro sono presenti anche precisi simboli religiosi. Il giglio in mano all'angelo Gabriele è l'immancabile segno della purezza e verginità di Maria presente in ogni Annunciazione. Il cesto del lavoro in cui si vede la tela e il fuso allude alla condanna al lavoro del genere umano dopo la cacciata dei Progenitori dal Paradiso Terrestre, ma anche alla filatura del velo per il Tempio, secondo la tradizione ebraica. La colomba che entra nella stanza accompagnata da un raggio di luce è il simbolo dello Spirito Santo e della presenza divina.
La scala che si intravede a destra è simbolo del raccordo tra gli uomini e Dio, rappresenta la ricerca della Verità attraverso la fede in Cristo e la perseveranza nella virtù. La scala inoltre si identifica con la Madonna stessa: il tramite scelto da Dio per portare Cristo tra gli uomini.

Un altro aspetto interessante del dipinto è l'indagine che Ludovico riserva alla luce e alle ombre che si generano nella stanza. L'artista unisce nella stessa scena le luci appartenenti al mondo soprannaturale con le luci naturali.  La luce divina ha due fonti: proveniente dalla colomba  per proiettarsi come un faro sul pavimento a destra mettendo in controluce il leggio e la veste della Madonna e viene emanata come un alone dall'aureola della Vergine. La luce naturale ha anch'essa due sorgenti. La prima è quella che sembra provenire da una finestra a destra e alle spalle dello spettatore e fa accendere di un bianco assoluto la veste dell'angelo, il cesto e si riflette sulle mani, sul petto della Madonna e sul lembo della veste. La seconda è quella che proviene dall'altra stanza accennata a destra dove si trova la scala. 

Sul piano stilistico è molto importante la vicinanza di Ludovico all'arte emiliana, e alla conoscenza della pittura veneta e forse lombarda. I particolari del giglio e del cesto sono splendidi brani di natura morta che rivelano un'osservazione diretta dal vero.

A. Cocchi

 

 

 

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Bibliografia

 

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La storia dell'arte raccontata da E. H. Gombrich. Leonardo editore. Roma 1995
AA.VV. Moduli di arte - E - Dal neoclassicismo alle avanguardie. Electa - Bruno Mondadori, 2000
G. Cricco F.P. Di Teodoro. Itinerario nell'arte. Vol 3. Dall'età dei lumi ai giorni nostri. Zanichelli editore, Bologna 2005
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G. Dorfles, F. Larocci, A. Vettese. Storia dell'arte. Vol. 3. L'Ottocento. Istituto Italiano Atlas Edizioni. Orio del Serio 2008
La Nuova Enciclopedia dell'Arte Garzanti, 1986

 

 
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