Preraffaelliti

John Everett Millais, Ophelia, olio su tela. 1851-1852. Tate Britain London

John Everett Millais, Ophelia, olio su tela, 76.2×111.8 cm, 1851-1852, Tate Britain London

 

Nell’opera preraffaellita il naturalismo si sposa con suggestioni simboliste, colorandosi di sfumature molto diverse a seconda della sensibilità individuale del pittore.

La Confraternita preraffaellita

 


La Confraternita preraffaellita nasce nel settembre del 1848 per necessità di un gruppo di giovani artisti, uniti dalla volontà di opporsi all’arte accademica e di recuperare lo stile e il senso etico dei pittori antichi senza per questo tradire la propria appartenenza all’età contemporanea.
La fondazione della Confraternita avviene a casa di John Everett Millais, ma il vero animatore del gruppo è Dante Gabriel Rossetti, personaggio poliedrico ed artista eclettico, che esprime la propria vena creativa in pittura quanto in poesia.
Sensibili ai problemi sociali, attratti dalle recenti scoperte scientifiche, spaventati dall’incalzare di una produzione industriale che rischia di sostituirsi alla mano dell’uomo uccidendo l’immaginazione, irrimediabilmente divisi tra sogno e realtà, nostalgia di un idilliaco passato e appartenenza al proprio tempo, i preraffaelliti riflettono tutta la complessità e le contraddizioni della società vittoriana.

Fin dal nome scelto per il gruppo, i preraffaelliti rendono manifesto il proprio ideale stilistico: una pittura primitiva, che non tradisce il vero in favore del bello. Nell’opera dei primitivi i pittori del gruppo individuano quel nesso tra ideale etico e purezza della forma che, secondo la loro sensibilità, l’arte dei secoli successivi aveva smarrito. Si tratta di una ricerca estremamente complessa e non sempre coerente, che trova una maggior chiarezza nelle tesi di John Ruskin, il teorico del movimento.
Nell’opera preraffaellita il naturalismo si sposa con suggestioni simboliste, colorandosi di sfumature molto diverse a seconda della sensibilità individuale del pittore. I principali esponenti della Confraternita furono: Dante Gabiel Rossetti, John Everett Millais, Ford Madox Brown, William Holman Hunt, Arthur Hughes, Edward Burne-Jones.
È bene sottolineare che quello dei preraffaelliti si tratta di un movimento, un’estetica comune e non una vera e propria corrente artistica, date le notevoli e spesso significative differenza stilistiche che intercorrono tra i vari esponenti del gruppo. A partire dagli anni ’60 dell’Ottocento si arriva però ad una vera e propria frattura e sfaldamento del movimento; infatti quasi tutti gli esponenti inziarono ad abbandonare le tematiche più importanti per vertere la propria produzione verso l’estetismo fine a se stesso.

 

 

La tecnica

 


La vera rottura con l’accademia però avvenne principalmente con la riscoperta e la riproposizione delle tradizionali tecniche artistiche, proprio quelle riconducibili agli artisti primitivi tanto amati dal movimento. Respingono le tecniche apprese alla Royal Academy ossia: preparazione fondo con toni scuri, uso del chiaroscuro per stabilire aree principali e secondarie all’interno del quadro, “facture” cioè la pennellata ben visibile per trasmettere consistenza, fusione delle tonalità per armonizzare i diversi elementi di un disegno.
Trassero invece ispirazione dalla dagherrotipia che produceva nitide immagini fotografiche dalla luminosità vitrea. Dall’acquerello mutuarono la tecnica dell’applicazione del colore con piccoli tocchi su un fondo preparato bianco. Si ispirano alla miniatura medievale, ai colori levigati e nitidi delle tempere e degli oli del ‘400 italiani e fiamminghi e alla lucente brillantezza della antiche vetrate.
Giudicavano questi metodi puri ed eticamente validi; puliti rispetto alla qualità fangosa della pittura ad olio del barocco tenuta invece in gran conto dalla Royal Academy.

 


Edward Burne-Jones, The Council Chamber, dalla serie The Briar Rose,
olio su tela, 124,5 x 249,3 cm, 1885-1890, Buscot Park

 

Le opere dei preraffaelliti hanno una messa a fuoco nitida, uso di colori puri e non mescolati, attenzione al dettaglio. Preparavano la tela con un fondo bianco per mettere in evidenza i colori; si trattava di colori brillanti stridenti e dissonanti che creavano una specie di aggressione visiva.
Spesso stendevano un supplementare strato di imprimitura di bianco di zinco perché il fondo risultasse assolutamente privo di imperfezioni, levigato, come a nascondere la trama stessa della tela. Poiché manca una prima mano di colore uniforme i preraffaelliti disegnavano direttamente sulla tela, applicando macchie di colore a mosaico con un singolo tratto sottile di colore puro, senza velature e con poche pennellate leggere. Questo metodo accentuava la luminosità lasciando che il fondo trasparisse attraverso strati di colore spesso ma traslucido, stesi con pennelli per acquerello.

 

 


Edward Burne-Jones, William Morris, John Henry Dearle, Arazzo della Ricerca del Santo Graal -
Pannello II - La partenza dei cavalieri,
trama di lana, seta, mohair e pelo di cammello su ordito di cotone,
360x244 cm, 1895-1896, Birmingham

 


In alcuni punti viene lascito il fondo bianco intatto o risparmiato in modo che potesse assumere una determinata forma. Per l’incarnato veniva usato il tratteggio tipico dei miniaturisti e sfruttando l’angolazione della pennellata di poteva rendere la trama di una determinata tessitura. Questi erano metodi lunghi ma semplici e puri per rispettare la qualità materica di ogni oggetto rappresentato. L’intento era di mantenere l’intensità cromatica uniforme in tutta la composizione. Proprio perché si trattava di una tecnica che prevedeva lunghi tempi di lavorazione per ogni singola opera, con il tempo andò sempre più perdendosi tra i vari esponenti del gruppo che prediligevano una produzione molto più rapida e meno accurata. Il solo che rimase fedele a questa lavorazione “artigianale” fu Holman Hunt che annotava metodi e materiali usati a seguito di restauri, proprio per garantirne la conservazione.

 

 

Tra pittura e letteratura

 


Negli ultimi decenni dell’Ottocento si registra in Inghilterra un rinnovato interesse per il soggetto letterario, già molto in voga in epoca romantica. Se gli artisti ufficiali prediligono temi tratti dalla narrativa, i preraffaelliti amano trarre ispirazione dall’opera in versi di Shakespeare e Dante. Svelato, quasi ostentato, è il legame che unisce la Confraternita preraffaellita alla dimensione della parola scritta, in particola quella in versi. Gli stessi esponenti del gruppo si dilettano nella poesia e i loro amici letterati amano allo stesso modo cimentarsi nelle arti figurative.
In questo senso il fenomeno preraffaellita può considerarsi quale ultima propaggine del Romanticismo e dall’altro il più diretto precedente dell’estetica decadentista che grande fortuna avrà qualche anno più tardi. Oltre ad ispirarsi ai grandi poeti del passato e alla letteratura antica, Dante Gabriel Rossetti offre il proprio contributo al rinnovato matrimoni tra le arti sorelle con la suo opera di scrittore. Egli compone sonetti per dipinti ispirati alle proprie tele e scrive poesie da cui trae poi suggerimenti per opere pittoriche. Ma assai diversi sono gli esiti: tanto la pittura di Rossetti è morbosa, sensuale, ossessiva, quanto la sua poesia è morbida, sognante, leggera e ben meno appassionata.

 

 

La morale vittoriana e le arti

 

Durante il lungo regno della regina Vittoria, il più lungo della storia del paese, l’Inghilterra assiste alla nascita di una nuova mentalità che consolida tendenze già in atto nel passato, introducendo al contempo sostanziali novità nei costumi e nelle consuetudini della società civile. Rimasta sul trono dal 1837 al 1901, la regina Vittoria inaugura un periodo economicamente florido, in cui la classe borghese conferma e rafforza il proprio potere; se da una parte però si affermano valori quali la fede nel progresso, nella scienza e nella tecnica, dall’altra si inaspriscono le differenze sociali e il divario tra benestanti e povera gente diventa incolmabile. La netta differenziazione tra classi, destinata ad accentuarsi nella lunga parentesi del vittorianesimo, è considerata non solo legittima ma anche benefica per la nazione, indispensabile per la sua stabilità.
Una altro tratto caratteristico della mentalità vittoriana è certamente il moralismo: un ostentato perbenismo che interessa tutte le classi sociali, dai borghesi agli operai, dagli aristocratici ai senza tetto. Profondamente religiosa, la regina Vittoria trasmette ai propri sudditi l’esigenza di una certa severità nei costumi e nelle consuetudini. Un’ondata di puritanesimo travolge l’Inghilterra: una volontà moralista spesso solo di facciata, che talvolta rasenta il ridicolo o cade in contraddizione con se stessa.

 


John William Waterhouse, La Signora di Shalott,
olio su tela, 183×230 cm, 1888, Tate Britain London



La morale vittoriana investe tutti gli aspetti della vita quotidiana: il sacrificio, il rigore, la castità diventano temi predominanti. Una relazione illecita o un comportamento anche vagamente immorale possono portare all’emarginazione, al giudizio senza appello da parte di una società che privilegia la forma al contenuto, che cataloga una persona per gli abiti che indossa. Tale spirito viene fomentato, nel bene e nel male, dalle numerose campagne contro la vita mondana, contro la libertà di costume, contro gli eccessi, primo fra tutti l’abuso di alcool, per combattere il quale nascono associazioni come la National Temperance League, che predicano l’astensione totale.

Luogo privilegiato dell’universo vittoriano è la famiglia; che si tratti di una famiglia benestante od operaia poco importa: la donna è l’angelo del focolare, destinata alla cura della casa e all’educazione dei figli; l’uomo è l’unico vero capo-famiglia, cui tutto il resto del nucleo è subordinato.

A dominare l’esistenza pubblica e privata è la religione; la legge cristiana governa, indiscussa, sulla sfera pubblica e su quella privata. I casi di anticlericalismo sono assai rari anche negli ambienti del socialismo militante, un’ideologia peraltro sempre più diffusa in una terra che vede crescere giorno per giorno la disparità sociale e peggiorare progressivamente le condizione esistenziali della classi meno fortunate.

Anche il lavoro costituisce un elemento centrale nella mentalità vittoriana. Il lavoro è una virtù e l’arricchimento che ne consegue altro non è che la ricompensa alla giusta fatica cui ci si è sottoposti. Vien da sé che il peggior nemico sia l’ozio, come testimoniano numerose tele del tempo, per esempio Il lavoro di Ford Madox Brown, che ritrae alcuni lavoratori accanto a una serie di personaggi di estrazione sociale eterogenea dediti all’ozio.

Le molte contraddizioni che caratterizzavano la mentalità di questo periodo trovano più di un riflesso nella produzione letteraria e artistica del tempo. Le mostre di pittura riscuotono un ampio successo di pubblico e sono sempre più numerosi i facoltosi borghesi disposti ad investire le proprie finanze in opere d’arte. Risale alla seconda metà del secolo anche l’istituzione di molti musei e gallerie, che non hanno solo funzione espositiva ma anche didattica e divulgativa.
Il gusto vittoriano coinvolge anche la sfera creativa, dando impulso a una tendenza stilistica autonoma e isolata dal contesto internazionale, estranea al conformismo accademico quanto alle novità che vanno delineandosi sul continente. I temi più frequenti riflettono l’eterogeneità della società e del gusto vittoriano: se da una parte insistono sulla funzione didattica dell’opera (prediligendo soggetti a sfondo etico) e preferiscono genere piacevoli, adatti al decoro della casa borghese, come il ritratto e il paesaggio; dall’altra tradiscono le istanze moraleggianti tanto diffuse per sondare atmosfere conturbanti, come nel caso delle tele firmate dai Preraffaelliti.
In generale la pittura della prima fase dell’età vittoriana presenta una certa attenzione al dettaglio e una tavolozza brillante e vivace.


F. Gaido

 

 

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Bibliografia

 

Bartolena Simona, “La lunga età vittoriana”, in Zuffi Stefano (a cura di), “La Storia dell’Arte”, Milano, Mondadori Electa, 2006
Smith Alison, Beatrice Luca (a cura di), “Preraffaelliti: l’utopia della bellezza”, catalogo della mostra (Torino, Palazzo Reale), Milano, 24 Ore Cultura, 2014
Benedetti Teresa, “Preraffaelliti”, Milano, De Luca Editori d’Arte, 2012
Harrison, Newall, Spadoni (a cura di), “I Preraffaelliti: il sogno italiano del ‘400”, catalogo della mostra (Ravenna, Museo d’Arte della Città), Milano, Silvana, 2010

 

 

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