Van Eyck

Jan e Hubert Van Eyck. Polittico di Gand. 1426-32. Olio su tavola. Gand, Cattedrale di San Bavone.
Jan e Hubert Van Eyck. Polittico di Gand. 1426-32. Olio su tavola. Gand, Cattedrale di San Bavone.

 

 

L'opera di Hubert e Jan  van Eyck

 

Le opere dei fratelli Van Eyck sono strettamente correlate tra loro, e difficilmente scindibili l'una dall'altra. Si tratta infatti di due personalità molto simili che hanno collaborato insieme e si sono formati nello stesso ambito culturale.
Anche un'opera fondamentale come il celebre Polittico di Gand è stato eseguito da entrambi i pittori. Sappiamo che Hubert ha iniziato il lavoro ed ha eseguito in gran parte le tavole centrali, mentre a Jan vengono attribuiti i pannelli laterali, ma gli interventi dell'uno e dell'altro nei diversi punti dell'opera non sempre sono individuabili.
La formazione dei due artisti è ancora poco conosciuta a causa della mancanza di documenti, ma appare assai probabile che i Van Eyck abbiano iniziato la loro carriera nell'arte della miniatura.
Due miniature del Libro d'ore di Torino, distrutte nel 1904, la Virgo inter Virgines e il Ritrovamento della Croce, erano già state attribuite a Hubert, altre, sempre al Museo Civico di Torino, databili intorno al 1420, sono assegnate a Jan.
Considerando l'opera dei due artisti in maniera complessiva, il più giovane dei due, Jan, mostra una maggiore evoluzione culturale rispetto al fratello Hubert.   Lo stile di Hubert sembra invece più legato alla cultura Tardogotica deli Paesi Bassi.



I rapporti tra i Van Eyck e l'Italia

 

Il primo importante aspetto che evidenzia il legame tra i Van Eyck e l'Italia è di natura commerciale ed è indicato da un certo numero di commissioni  per clienti titaliani. Lavori come il Ritratto del Cardinale Albergati di Vienna, il Ritratto di Giovanni Arnolfini  di Berlino e i Coniugi Arnolfini della National Gallery di Londra sono solo alcuni degli esempi più noti.
Il bolognese Nicola Albergati, vescovo di Bologna, nominato cardinale dal papa Martino V, venne inviato spesso come ambasciatore della Santa Sede presso i sovrani francesi, inglesi e presso i duchi di Borgogna per promuovere la pace. Tra l'8 e l'11 dicembre del 1431 si trovava a Bruges e probabilmente in questa ovccasione può aver posato per il ritratto eseguito da Jan Van Eyck.
Giovanni Arnolfini era un mercante proveniente da Lucca, che si trasferì a Bruges nel 1420, venne nominato cavaliere da Filippo il buono e vi rimase per tutta la vita, fino alla morte avvenuta nel 1472. Anche la moglie, Giovanna Cenami, apparteneva ad una famiglia lucchese ed entrambi facevano parte della confraternita dell'Albero secco, alla quale era affiliato anche Petrus Christus, un pittore molto vicino a Jan Van Eyck. I due dipinti per l'Arnolfini quindi non dovrebbero essere dovuti soltanto a semplici richieste professionali da parte di committenti estranei. Forse  poteva esserci anche un rapporto di amicizia tra Jan e e gli Arnolfini, come sembra suggerito dalla presenza del pittore come testimone al fidanzamento dei due italiani. Nel dipinto di Londra la firma "Johannes de Eyck fuit hic" e il riflesso nello specchio sul fondo della stanza sembrano indicare proprio il ruolo di testimone svolto dal pittore.



Anche se sono andate in gran parte distrutte o disperse, le opere dei Van Eyck sono state molto richieste dai collezionisti italiani del '400 ed hanno avuto importanti riflessi sulla pittura italiana.
Verso il 1430 è probabile che Jan abbia fatto un viaggio in Italia, e sembra sicura la sua presenza a Firenze dove ha potuto vedere l'Adorazione dei Magi oggi agli Uffizi richiesta dalla famiglia Strozzi a  Gentile da Fabriano e gli affreschi della Cappella Brancacci eseguiti da Masaccio e Masolino. Nei due sportelli esterni del Polittico di Gand, le figure di Adamo ed Eva, attribuite a Jan, mostrano una costruzione prospettica che rivela riflessi di Masaccio.
Un aspetto importante che ha sicuramente agevolato i contatti internazionali e l'apertura culturale di Jan è stato l'incarico di ambasciatore e le cosiddette "missioni segrete" che l'artista svolse per Filippo III di Borgogna a partire dal 1425.
 

 


Caratteristiche dello stile dei Van Eyck

 

Nella  sua  complessità e ricchezza espressiva, la pittura dei due van Eyck rappresenta un'apertura di grande portata culturale: apre la strada a tutta l'evoluzione della pittura fiamminga almeno fino all'inizio del XVI secolo, quando verrà influenzata dalla corrente classica proveniente dall'Italia. Il riflesso della pittura dei Van Eyck è avvertito in tutta l'Europa occidentale, e comprende la Spagna, la Catalogna e il Portogallo.

  • Elemento centrale della loro ricerca artistica è la luce, paragonabile per importanza alla prospettiva nella pittura italiana.
  • Altro elemento costante è la visione analitica e l'importanza del particolare rispetto all'insieme; una visione contraria rispetto alla visione sintetica, tipica della pittura italiana. In altre parole: mentre le opere italiane vanno considerate prima nel loro insieme per poi scendere nei particolari, la pittura dei Van Eyck va letta a partire dai particolari per giungere all'insieme.
  • Anche l'interpretazione del mondo classico viene filtrata attraverso questa particolare visione. Prendendo ad esempio i due nudi di Adamo ed Eva degli sportelli esterni del Polittico di Gand, la figura umana è rappresentata con un naturalismo che rifiuta l'idealizzazione tipica della pittura italaiana. L'attenzione alla resa epidermica  e particolareggiata si nota soprattutto nei ritratti dove le rughe, le verruche, i difetti vengono resi con un'evidenza che lascia in secondo piano la nobile idealizzazione del personaggio, privilegiando la fedeltà visiva.


Con alcune eccezioni (ad esempio alcuni ritratti di Antonello da Messina e Domenico Ghirlandaio), nei ritratti rinascimentali italiani si cerca un abbellimento e un'idealizzazione, mentre il ritratto fiammingo coglie la realtà dettaglio per dettaglio, fino a renderla tangibile, facendola apparire magari anche sgradevole, ma fedele.

La resa minuziosa, fatta con la lente d'ingrandimento, di ogni dettaglio, costutisce il particolare realismo di questi artisti, dove alla base c'è una grande attenzione alla luce, alla sua incidenza, al suo grado d'intensità e al suo colore.
la luce rappresenta anche un insieme di valori simbolici, religiosi, allegorici e di significato che derivano dalla cultura medievale.
La diffusione e i fenomeni legati alla luce naturale sono strettamente legati ad una concezione profondamente religiosa: la luce del sole per i Van Eyck diventa il manifestarsi dello spirito divino, si diffonde ovunque, individua e si sofferma su ogni cosa, genera riflessi e bagliori, passa attraverso i vetri delle finestre e le superfici trasparenti.
Altra componente fondamentale è rappresentata dalla tecnica pittorica. Tra le qualità più ammirate di Jan Van Eyck oltre all'estrema precisione nel rendere gli infiniti aspetti della natura, è la straordinaria qualità translucida e luminosa del colore. Benchè l'affermazione che Van Eyck sia l'inventore della pittura ad olio sia soltanto una leggenda (diffusa anche dal Vasari), va comunque considerato che l'artista fiammingo ha saputo perfezionare una tecnica già conosciuta. Il Van Eyck realizzava dapprima una preparazione a base di gesso e collla animale, preparava il pigmento con un amalgama translucido a base di olio essiccante e stendeva il colore per mezzo di velature successive, in modo da ottenere una superficie brillante, favorevole alla riflessione della luce. Questo procedimento ebbe un grandissimo successo e venne assimilato da artisti in tutta Europa.



L'influenza dei Van Eyck sulla pittura italiana.

 

 

Presso il Palazzo Ducale di Urbino viene ricordata la presenza di un quadro dei Van Eyck con un bagno di donne, sicuramente conosciuto da Piero della Francesca. In particolare Piero si interessò alla resa pittorica dell'artista fiammingo e cercò di apprendere la tecnica della pittura a olio. Nei suoi esperimenti sbagliò il procedimento, perchè stese l'olio sulla tempera umida, ottenendo un effetto di cretto che ricorda quello realizzato dai falsari ottocenteschi per "invecchiare" le loro copie.

Un San Girolamo dei Van Eyck faceva parte delle collezioni dei Medici e venne preso a riferimento per gli affreschi sullo stesso tema realizzati dal Ghirlandaio e da Botticelli nella Chiesa di Ognissanti a Firenze.

Altri quadri dei Van Eyck si trovavano a Napoli.

Alla Ca' D'oro a Venezia è ancora conservata una Crocifissione di uno dei due pittori fiamminghi.

A Torino, oltre ad alcuni splendidi fogli del Libro d'Ore miniato, conservati al Museo Civico, nella Galleria Sabauda si trova il dipinto con le Stigmate di san Francesco, di cui un'altra versione si trova a Philadelphia.


Tra gli artisti italiani, quello che realizza com maggiore lucidità una sintesi tra la pittura italiana e la pittura fiamminga è Antonello da Messina. Una prima conoscenza, dal punto di vista tecnico, gli provenne dal suo apprendistato presso Colantonio, un pittore attivo a Napoli presso la corte di Renato d'Angiò. Colantonio aveva imparato la tecnica della pittura ad olio, forse da qualche artista fiammingo presente nella corte angioina e la trasmise al suo allievo. Probabilmente il collegamento con i Van Eyck è avvenuto per via indiretta. infatti sembra che sia stato Petrus Christus, uno dei più diretti seguaci dei Van Eyck, a formare Antonello da Messina. In un documento ancora molto discusso sembra che Petrus si trovasse a Milano e che in quell'occasione abbia potuto incontrare il pittore messinese.
Antonello da Messina si avvicina al naturalismo dei van Eyck soprattutto nei suoi ritratti: uno degli esempi più belli è il cosiddetto Condottiero del Louvre, con il particolare della cicatrice sul labbro.

Un altro artista che assimila la lezione della ritrattistica dei fiamminghi nella resa epidermica della natura è Domenico Ghirlandaio, come si può vedere nel Ritratto di vecchio con il nipote, sempre al Louvre, con il naso dell'uomo divorato dalla malattia.

A. Cocchi

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

L. H. Heidenreich. Il primo Rinascimento. Arte italiana 1400-1460. Bur Arte editrice, Milano 1979
AA.VV. Moduli di Arte. Dal Rinascimento maturo al rococò. Electa Bruno Mondadori, Roma 2000
A. Blunt Le teorie artistiche in Italia dal Rinascimento al Manierismo. Piccola Biblioteca Einaudi, Giulio Einaudi Editore, Torino 1966
G. Cricco, F. Di Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 2, Zanichelli Bologna 2004
G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa Storia dell'arte. Vol II Dal Quattrocento al Settecento. Istituto Italiano Edizioni Atlas, Bergamo 2008
G. Briganti, S. Malatesta. I porri, le perle e l'arte fiamminga. in : Masaccio e Piero. Il Romanzo della Pittura. Supplemento a "La Repubblica" del 21.11.1988
E. Capretti. Rinascimento. Atlanti universali Giunti. Giunti, Prato 1988
E. Forssman. Dorico, ionico, corinzio nell'architettura del Rinascimento. Editori Laterza, Bari 1988
L. H. Heydenreich Il Primo Rinascimento. Arte italiana 1400-1460. Rizzoli Editore, Milano 1979
La Nuova Enciclopedia dell’arte Garzanti, Giunti, Firenze 1986
P. Murray L'architettura del Rinascimento italiano. Editori Laterza, Bari, 1987
N. Pevsner Storia dell’architettura europea. Il Saggiatore, Milano 1984
R. Wittkower Princìpi architettonici nell'età dell'umanesimo. Giulio Einaudi editore, Torino 1964
R. Bossaglia Storia dell'arte. vol. 1 Principato editore, Milano 2003
F. Zeri Rinascimento e pseudo-rinascimento in: Storia dell'Arte Italiana. 5. Dal Medioevo al Quattrocento. Giulio Einaudi editore.

 

 

 
Approfondimenti
Loading…