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Storie di San Benedetto

Nell'agosto del 1505 Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma inizia il ciclo di affreschi di Monteoliveto Maggiore con le Storie di San Benedetto. L'incarico, lasciato incompiuto da Luca Signorelli, verrà  portato a termine dal Sodoma nel 1508.
Si tratta di un lavoro importante non solo per la qualità  degli affreschi, ma anche per la straordinaria ricchezza culturale che essi manifestano. Sodoma era molto attento alla situazione artistica a lui contemporanea e molto sensibile agli stimoli esterni. Nelle scene, ma soprattutto nella decorazione a grottesche e a monocromo, Sodoma sviluppa un repertorio ricchissimo di mostri, capricci e fantasie in cui sembra attingere e interpretarte con grande libertà  le fonti antiche e moderne, sia visive, sia letterarie che vanno dalle grottesche della Domus Aurea, alle decorazioni in monocromo di antichi oggetti rituali, alle descrizioni degli esseri favolosi di Plinio, alle incisioni del Liber Cronicarum del medico umanista Hartman Schedel, stampato a Norimberga nel 1493, mentre il fregio dipinto con il Trionfo di Nettuno (vicino al "De profundis") è ripreso dalla Zuffa degli dei marini in un'incisione di Andrea Mantegna.

Negli affreschi di Monteoliveto prosegue il cambiamento di stile che la pittura del Bazzi aveva già  iniziato a manifestare nei precedenti Affreschi di Sant'Annna in Camprena. In quel caso le componenti giovanili del suo stile "lombardo" già  si erano stemperate nelle assimilazioni di influssi umbri e toscani conseguenti al suo trasferimento dal nord.
A Monteoliveto Sodoma trae insegnamento dalle scene lasciate dal Signorelli, ma la gamma delle espressioni e fisionomie dei suoi personaggi spazia da quelle più caricaturali a quelle più soavi e delicate, rivelando la diretta discendenza dagli studi sui tipi umani e sulle emozioni di Leonardo. Ma l'avvicinamento all'opera di Leonardo non è solo dovuto ai ricordi della sua formazione guovanile, poichè negli affreschi diversi elementi rinviano alla più vicina e recente Battaglia di Anghiari, risalente al soggiorno fiorentino del grande maestro del 1503.
Alla cultura antiquaria, vivacissima soprattutto nell'ambiente romano, si riferiscono le continue citazioni a monumenti, scorci e architetture della Roma antica.
nelle rappresentazioni degli ambienti interni le soluzioni prospettiche sono quelle del Bramante, e i sapienti giochi di luce e di ombra risalgono alle sue giovanili esperienze formative in Lombardia.
Durante l'esecuzione di questi dipinti, Sodoma interrompe il lavoro nel 1507 per dipingere un affresco nel Palazzo Pubblico di San Gimignano, con Sant'Ivo che amministra la giustizia.
Appena terminate le Storie di San Benedetto, Giovanni Antonio parte per Roma, chiamato a dipingere le Stanze Vaticane per papa Giulio II.

A. Cocchi


Bibliografia

R. Bartalini. Le occasioni del Sodoma. dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello.  Donzelli Editore, Roma, 1996
S. J. Freedberg. La pittura in Italia dal 1500 al 1600. Nuova Alfa Editoriale. Bologna, 1988
R e M. Wittkower. Nati sotto Saturno. La figura dell'artista dall'antichità  alla Rivoluzione francese. Giulio Einaudi Editore, Torino 1996
M. Sennato (a cura di) Dizionario Larousse della pittura italiana. Gremese editore, Roma 1993
La Nuova Enciclopedia dell'Arte Garzanti.

 

 

 
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