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Il sogno del cavaliere

L'opera appartiene a un periodo ancora giovanile dell'attività  di Raffaello, però è stata rilevata anche una componente di classicismo già  maturo e una certa influenza della cultura fiorentina.
Diversi elementi presenti nel quadro rinviano alla giovane età  dell artista, a un mondo ancora pieno di suggestioni infantili.
Le figure sono molto composte, atteggiate con grazia e in posa come in una coreografia. Sono disposte in maniera lineare e con gesti speculari rispetto all'asse centrale dell'albero. Il libro, la spada e il fiore, tenuti in mano dalle due figure femminili con gesti teatrali, sono molto ben evidenziati, e alludono a significati simbolici.
Anche lo sfondo appartiene a una visione un po' ingenua. L'orizzonte troppo alto tende ad avvicinare, non c'è ancora il senso di lontananza infinita che appartiene alla sua opera matura.
Le figure così dolci, leggiadre, irreali, funzionano come delle apparizioni e vivono perfettamente in questa atmosfera magica, sospesa, onirica che appartiene al sogno.
Il castello, il ponte e il borgo, hanno anch'essi un aspetto un po' fiabesco, che si addicono alla dimensione del sogno.
L'apparente spontaneità  e semplicità  della composizione, che pure costituiscono il fascino straordinario di questo dipinto, in realtà  sono frutto di un delicato, sottilissimo equilibrio.  Tutta la composizione segue un criterio di equilibrio ritmico, conforme a un'immagine di quiete olimpica, priva di intento drammatico.
Dalle montagne azzurre del fondo lo sguardo di avvicina gradualmente nei diversi piani di profondità , passando da quel paesaggio incantato alle figure leggiadre come apparizioni del primo piano. Anche il disegno sembra seguire un criterio di armonia musicale. E' tutto impostato su una linea fluttuante nei contorni ondualti delle figure che si richiamano in quelli delle colline.
Il paesaggio è ingentilito dal disegno sottile delle piante e degli alberi che sembrano ricami grafici, e culmina nell'esile pianta di alloro al centro.
Riguardo al tema della rappresentazione, tra le diverse ipotesi, la più accreditata dagli studiosi è che si tratti di una tipica "storia moralizzata", tratta da un poema, intitolato Punica di Silio Italico, ritrovato da Poggio Bracciolini nel 1417, e molto conosciuto tra gli intellettuali fiorentini. In base a questa ipotesi la scena si riferisce al momento in cui Scipione, l'eroe del poema di Silio Italico, deve scegliere tra Venere e Pallade. Le due divinità  alludono a significati morali: Venere rinvia ai piaceri terreni (fiore); Pallade alle virtù (rappresentate dalla spada e dal libro).
Dalle analisi effettuate e dal confronto con un altro quadro coevo di Raffaello: le tre Grazie, sembra che le due opere formassero un dittico. La tavoletta delle Tre grazie  (Chantilly, Museo Condé) di uguale formato, illustra il seguito della storia. I pomi delle Esperidi vengono consegnati dalle Grazie all'eroe trionfatore in ricompensa alla sua virtù. In base a questi studi si è ipotizzato che si tratti di un un dittico augurale (una 'exortatio ad iuvenem') in onore di Scipione di Tommaso Borghese, nato nel 1493.

A. Cocchi



Bibliografia

Raffaello. A cura di P.De Vecchio. Classici dell'arte. n. 4  Rizzoli editore, Milano 1966 

 

 
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