Montebello di Torriana. Arte e monumenti

Montebello di Torriana. Veduta del Castello
Montebello di Torriana. Veduta del Castello. Foto di  C. Mularoni.

 

Il Castello di Montebello di Torriana è un luogo magico, impregnato di storia e di vicende drammatiche. Nella tradizione popolare è ancora avvolto in un alone di mistero, legato alla sua leggenda.

Indice dei contenuti
Approfondimenti / Opere

Cenni storici e monumenti

 

Nell'entroterra riminese, su uno sperone piramidale tra il Marecchia e l'Uso, si erge il Borgo di Montebello e sulla cima sorge il castello.
Il Castello di Montebello ha origini antichissime: infatti i Romani prendono possesso della zona del Marecchia già  nel III secolo a.C., trasformandola in zona di vedetta militare ricca di fortini e fortificazioni. L'attuale Castello di Montebello nasce appunto con la funzione di fortezza militare e di controllo del territorio.
Con la caduta dell'Impero Romano nel 456 a.C. questo territorio, lontano dai grandi centri di potere e dalle vie stradali principali, rimase in balia dei subalterni armati di poche famiglie facoltose. Purtroppo non rimangono documenti scritti che ci permettano di far luce sugli avvenimenti accaduti prima dell'anno 1000. Sappiamo solo che la zona di Montebello era sottoposta alla giurisdizione di Rimini, uno Stato che nel corso dei secoli è stato retto da duchi e da pontefici.
Il primo documento in cui si fa menzione al castello risale al 1186 ed è un atto di compravendita: infatti la famiglia dei Maltaloni, che aveva in custodia la fortezza a quell'epoca, vende alla famiglia Malatesta, come si diceva allora, "ogni suo diritto su uomini o cose posti sui suoi possedimenti" compreso appunto il castello.
I Malatesta si insediarono nel castello nel XII secolo. Ma l'importanza strategica di questa fortezza in posizione di frontiera viene colta da diverse famiglie confinanti con il territorio malatestiano, soprattutto i potenti Montefeltro. Alle loro frequenti  incursioni armate i Malatesta grandiose opere difensive su tutto il loro territorio.
Nell'avamposto di Montebello rafforzarono la possente cerchia muraria perimetrale e innalzarono una seconda Torre a pianta quadrata tanto alta da sovrastare tutti i tetti della Rocca. Eressero un secondo anello di difesa, rinforzarono la Porta del Castello con fossato e ponte levatoio e trasformarono l'antica pieve in armeria.
I Malatesta proseguirono anche le loro azioni di conquista, senza curarsi di essere sotto allo Stato Pontificio e provocando le ire del pontefice Pio II Piccolomini, che dichiarò guerra alla famiglia.
Numerosi anni di aspre guerre ebbero fine nel novembre del 1463 con la sconfitta del signore di Rimini Sigismondo Malatesta.
Pio II dopo la sconfitta confiscò tutti i territori conquistati dalla famiglia. Il territorio di Montebello venne quindi ridistribuito alla famiglia Guidi di Bagno di Romagna, alleata dello Stato Pontificio durante le battaglie contro i Malatesta.
Ben diverso fu il modo in cui i Guidi adoperarono il castello: infatti diedero inizio ad alcuni lavori per mutare la fortezza in una dimora signorile, più consona all'altezza del loro rango, trasformando le armerie in appartamenti e saloni da banchetto.
Tuttavia, nonostante questa trasformazione, è ancora visibile l'originaria funzione militare. Le stanze sono anguste e spoglie, mal illuminate dalle piccole finestre, ricavate in uno spessore murario di ben due metri. Ma soprattutto l'aspetto marziale della costruzione è evidente nelle poderose mura, che salvarono l'edificio da diversi assalti e perfino da bombardamenti negli anni della seconda guerra mondiale.
Nel corso dei secoli il castello continuò ad essere utilizzato come residenza e subì modifiche che comunque non compromisero l'aspetto complessivo.
Poi nel 1989 Welleda Villa Tiboni approdò a Montebello e decise di riportarlo alla sua antica bellezza iniziando così numerosi lavori di restauro insieme ai proprietari, i quali si riservarono solo una parte del castello per i loro appartamenti privati.

 

 

Visita al Castello

 

La visita al Castello di Montebello, soprattutto se accompagnati dalla guida, è davvero molto interessante.
Salita la scalinata di acciottolato si entra nel castello attraverso la porta principale che presenta ancora le originarie inferriate in ferro battuto.
L'edificio si articola in due zone: la fortezza e l'ala nobile al piano superiore.

 

 

Piano nobile



Entrando nell'ala gentilizia si accede a un'ampia galleria dove si possono notare subito alcuni mobili molto pregiati e rari. I primi elementi di arredo che si notano sono due seggioloni in legno nero del XVI secolo con braccioli, alte traverse e dritte spalliere. Presentano un bellissimo schienale in cuoio imbottito con impressa a fuoco la scena con Bacco adolescente che danza sotto un pergolato carico di grappoli d'uva, rappresentati così realisticamente da suggerire il loro peso.
Accanto ai seggioloni si trova un sontuoso divano a quattro posti del XVII secolo, ricco di intagli e dalle linee eleganti. Sull'ampia spalliera ritroviamo un'altra bellissima immagine impressa a fuoco nel cuoio con lo stesso motivo di Bacco danzante, presente nei seggioloni.
Presso il divano è posto un imponente forziere del 1500 ad anta unica. L'interno è di pesante rovere mentre l'esterno è rinforzato in lastre di ferro battuto lunghe 168 cm, larghe 15 cm e fissate al legno con chiodi fatti a mano anch'essi in ferro battuto. Il peso di questo mobile è straordinario, ben oltre i 700 chilogrammi ma, quello che differenzia questo mobile dai forzieri di quest'epoca sono le serrature, ben cinque e tutte diverse tra loro.  Il signore del castello possedeva una delle chiavi e lui stesso decideva a chi consegnare le quattro restanti senza le quali sarebbe stato impossibile aprire il forziere: infatti questo si sarebbe aperto solo con tutte e cinque le chiavi e con una combinazione che solo il Signore conosceva.
In numerosi punti della galleria troviamo inoltre lo stemma della famiglia Guidi: quattro triangoli uniti insieme per formare una croce sassone che si diceva proteggesse dalla stregoneria. I triangoli sono gialli e azzurri colori scelti non a caso: l'azzurro, colore del cielo, simboleggiava il potere e il giallo, colore dell'oro, simboleggiava la ricchezza.
Proseguendo, nella stanza a fianco ritroviamo un altro forziere più recente risalente al 1700. Esso è in legno blindato ornato con borchie e roselline e pesa ben 1200 chilogrammi. L'altezza del mobile fa pensare che questo sia sempre rimasto in questa stanza: infatti le porte della stanza sono troppo piccole e strette per farlo passare. Anche questo mobile ha una particolarità  che lo distingue: non si vede alcuna serratura, poiché questa rimane abilmente nascosta sotto una borchia mobile. Anche questa volta solo il signore conosceva la posizione.
Procedendo lungo i corridoi si raggiunge la Sala delle feste e dei banchetti. La stanza è piuttosto piccola ma il tetto alto e la presenza dei ballatoi, la fanno sembrare ampia. Al centro possiamo notare un bellissimo tavolo ottocentesco detto a "pipistrello" poiché le ali in rovere sono pieghevoli e si possono prolungare fino alle dimensioni di 245x140 cm. Sotto, in mezzo al legno che unisce le gambe del mobile vi è una cavità  nella quale anticamente veniva inserito il braciere per riscaldare l'ambiente.
Il mobile più ricco e prezioso nella sala è situato accanto alla porta, una credenza della fine del '500. Di dimensioni imponenti (270x140 cm), è sostenuta da tre grandi pilastri scolpiti con foglie di acanto nei quali si celano anche numerosi cassettini segreti.
Salendo le scale ci si trova di fronte a un prestigioso dipinto ad olio seicentesco raffigurante l'albero genealogico della famiglia Guidi dal 923 al 1613.
Nella parte opposta invece si trova una piccola cappella riservata al signore del castello con all'interno numerosi oggetti liturgici. Su un lato si può ammirare un paliotto d'altare in marmo chiaro sui cui è ritratta la Madonna con il bambino circondata da decorazioni geometriche in giallo e verde. Di fronte invece è posto il dipinto ad olio del Beato Carlo Guidi risalente al 1300 circa, anno in cui egli fondò l'ordine Gerosolimitano, cioè riferito ai Cavalieri di san Giovanni in Gerusalemme, più tardi chiamato dei Cavalieri di Malta. Di fianco è presente una cassettiera della fine del '500. Anche questa possiede una sua unicità . Infatti solo il signore sapeva che la parte superiore si apriva a scrittoio. Qui vi teneva nascosti i documenti segreti. Non meno importante è il tavolino barocchetto in legno di rovere accanto al muro. I piedi sono stati intagliati da un unico tronco. Sopra vi è applicata una lastra di legno dipinta con colori a imitazione del marmo.

 

 

Ala medievale

 

Nell'ala medievale si fa più evidente l'originaria funzione di fortezza dell'edificio. Infatti salendo le scale si imbatte in due antichi "trabocchetti". I primi due scalini sono perfettamente uguali e servono a dare un "falso ritmo" al nostro passo, ma quelli che seguono sono tutti diversi l'uno dall'altro spezzandolo e facendoci facilmente inciampare a meno che non osserviamo attentamente dove poggiamo i piedi. Per un soldato nemico all'assalto che corre nel buio di un castello, troppo preoccupato dell'attacco per osservare dove mette i piedi, la caduta è assicurata.
Inoltre, per accedere alla parte superiore del castello è stata costruita una porticina molto bassa, che sfiora circa il 1.60 cm. e profonda più di mezzo metro. Anche questa serviva a rallentare la penetrazione dell'esercito nemico, mentre i soldati del castello potevano organizzarsi per la difesa.

Finiti i ripidi e irregolari scalini, si arriva nella Stanza delle spose, anticamente situata nel "Mastio (o Maschio), la parte più importante del fortino dove era concentrato un gran numero di soldati.
Oggi invece, qui sono disposti gli splendidi bauli dei corredi nuziali che custodivano le ricchissime doti portate dalle spose dei Guidi. Essi si distinguono in due tipologie e sono appartenuti a due diverse signore: Beatrice Malatesta e Teodora Gonzaga.
A destra sono disposti i tre bauli che contenevano le vesti di Beatrice, sposa quindicenne di Paolo Malatesta. Questi hanno la base quadrata, coperchio semicilindrico ed erano rivestiti di tela cerata. Questa forma non è casuale, infatti i bauli venivano riempiti fino all'orlo dalla base, poi le lenzuola venivano fermate con un asse di legno formando una zona d'aria nella parte del coperchio. Caricando i bauli a rovescio sui buoi o asini, anche in caso di attraversamento di un fiume, il corredo non si sarebbe bagnato o rovinato.
A sinistra invece ritroviamo due bauli di forma rettangolare. Il primo, del '500, è in cuoio borchiato e l'altro, di fine '600, è tutto rivestito in velluto verde. Dallo stemma ritrovato nella parte anteriore possiamo dedurre che sia appartenuto a Teodora Gonzaga. Questo tipo di baule era trasportato su carrozze o carri perciò la forma era ben più semplice.
Era molto importante allora che i bauli arrivassero a destinazione integri, poiché se le doti venivano perse o anche solo rovinate i mariti potevano decidere di annullare il matrimonio. La dote rappresentava l'unico patrimonio della donna.

Spostandoci nella stanza accanto si trova l'unica fonte di calore del castello, infatti in tutta la costruzione non vi sono camini né focolari poiché i soldati dovevano saper sopportare il freddo. Si tratta di un forno senza cappa scavato nella roccia e serviva per far bollire il "fuoco greco" (resina+pece infuocata), una delle tipiche armi di difesa medievali. Il fuoco greco veniva rovesciato in una grata aperta sul pavimento, collegata alla grondaia a spiovente dell'entrata, così la miscela vi sbatteva sopra propagandosi a ventaglio ovunque, investendo i nemici. La mancanza  della cappa ha un fine strategico: i soldati nascosti non potevano permettersi di rivelare ai nemici la posizione con il fumo, inoltre il fumo veniva comunque assorbito  dalla stessa pietra, molto porosa.
Sulle pareti si trovano numerosi dipinti della famiglia Guidi ma uno spicca per unicità  in mezzo a questi: è il Ritratto del senatore Giuseppe la cui tela è infatti bombata a livello del naso e della fronte creando così l'illusione che lo sguardo dell'uomo ci segua ovunque all'interno della stanza.
Proseguendo si entra in una stanza davvero interessante, poiché ci riporta al punto più antico del castello. Da un grande rigonfiamento a metà  della parete è possibile misurare l'altezza del monte che oggi corrisponde a 436 metri sul livello del mare. Infatti i romani costruirono la fortezza senza fondamenta ma scavandola  direttamente sulla roccia della collina.
Sotto, sopra un'antica cassapanca in legno, troviamo una tavola dell'XI secolo su cui è rappresentato in colori vivaci e sgargianti, l'Eden musulmano. L'opera è stata rubata da un antenato dei Guidi ad una tribù nomade islamica durante una delle crociate ed è stata tenuta sempre nascosta dentro la cassapanca perché, se scoperta, essendo sotto uno Stato Pontificio, il signore poteva essere condannato come eretico.

Oggi nonostante alcune modifiche apportategli, cancellato l'impianto murario di sasso, verniciati i muri, riempito il fossato e soppresso il ponte, il castello di Montebello conserva la sua antichissima bellezza....ed anche i suoi misteri!
Si racconta infatti una leggenda riguardo alla fortezza secondo la quale, una bambina di nome Guendalina, chiamata poi "Azzurrina" per il colore dei suoi capelli, fosse scomparsa il 21 giugno 1375 mentre andava nel "nevaio" (oggi la nostra ghiacciaia) per recuperare la sua pallina di stracci. Tutt'ora ogni anno alcuni esperti di parapsicologia si incontrano qui il 21 giugno per registrare la voce della bimba che, dicono, si fa sentire ogni anno nella stessa data.
 

C. Mularoni

 

 

 

Bibliografia

 

Welleda Villa Tiboni. Piccolo Zibaldone sul Castello di Montebello, ovvero “Guida alla visita di Montebello.
Enciclopedia Treccani.

 

 
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