mosaico

Mosaico:

s. m. ‘composizione decorativa o figurativa di parete o pavimento, a tasselli di pietra, ceramica o vetro variamente colorati e tra loro connessi con mastice o cemento’ (musaico: av. 1348, G. Villani; e poi sempre così fino a G. B. Ramusio, 1554: ornato di belli mosaichi), ‘componimento letterario, musicale, o altra opera artistica risultante dall'unione di elementi diversi’ (1808, U. Foscolo), fig. ‘mescolanza di elementi diversi’ (musaico: av. 1685, D. Bartoli; mosaico: 1869, TB). Lat. mediev. musaicu(m), agg. di opus ‘lavoro eseguito, come si fa in una nicchia dedicata alle Muse (musaeu(m))’. J. Svennung ha dedicato un capitolo (il quinto) delle sue Compositiones Lucenses, Uppsala-Leipzig, 1941 al nome del mosaico, così riassunto da B. Migliorini in LN V (1943) 57: “Lo Svennung mostra che il nome di musaeum era pressappoco sinonimo di quello di nymphaeum: l'uno e l'altro indicavano quelle grotte o recessi artificiali, dedicati alle Muse o alle Ninfe, che i Romani costruivano nei giardini delle ville adornandone le pareti con sassi e conchiglie (quella decorazione che i francesi chiameranno rocaille). Musaeum o museum o musivum indica la grotta, (opus) musaeum o (opus) musivum il tipo di decorazione murale. I più antichi pavimenti a mosaico non portavano ancora questo nome, il quale sembra venisse applicato dapprima ai mosaici a piccole tessere delle volte e delle pareti, e poi a quelli dei pavimenti (come nel passo di S. Agostino, De Civitate Dei, 16, 8: “hominum genera... in maritima platea Carthaginis musivo picta sunt”). L'aggettivo musaicus non è che una variante tarda, secondo il modello Cyrenaeus-Cyrenaicus, ecc. I suoni musaici (citati dallo Svennung sulla fede del Rigutini-Bulle) non rispecchiano che un uso isolato e forse individuale di uno scrittore trecentesco, il volgarizzatore di Guido delle Colonne (v. Tommaseo-Bellini, s. v.). Quanto alla forma con -o- che è oggi la più frequente, mosaico, essa probabilmente rispecchia un'influenza formale del nome di Mosè (cfr. le forme moisè e moisesse del poeta dell'Intelligenza, st. 77, 198, 235, 242), e comunque documenta il distacco della parola dalla famiglia delle Muse”. Per una particolare accez. (‘musicale’) di musaico in Dante si veda P. V. Mengaldo in LN XXX (1969) 33-34, e poi G. Da Pozzo, ib. XXXVIII (1977) 99.

 

 
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