Pulpito di Sant'Andrea a Pistoia

Il Pulpito della cattedrale di Sant'Andrea a Pistoia è stato realizzato da Giovanni Pisano tra il 1297 e il 1301.
Sebbene Giovanni abbia ripreso nell'insieme lo schema che il padre, Nicola Pisano, aveva usato per il Pulpito del Duomo di Siena, esistono importanti differenze rispetto all'opera di Nicola.
Da un confronto tra i due capolavori si nota lo stile decisamente più gotico di Giovanni. Lo slancio delle colonne e degli archi a tutto sesto conferisce all'architettura un aspetto agile e leggero.
La decorazione scultorea, ricchissima, riveste interamente e senza interruzioni le strutture, sovrapponendosi e quasi soverchiando l'esile architettura.
Continuando il confronto, é interessante notare come la divergenza tra Giovanni e Nicola sia giocata interamente sul piano interpretativo ed espressivo, poiché schemi e temi iconografici si equivalgono.
Sulla cassa esagonale compaiono infatti gli stessi cinque soggetti presenti nel Pulpito di Nicola: La Natività , l'Adorazione dei Magi, la Strage degli innocenti, la Crocifissione e il Giudizio.

Ognuna delle scene é arricchita da episodi secondari in cui vengono mantenuti gli stessi rapporti dimensionali e proporzionali secondo un principio di unitarietà .
Le scene si collegano mediante gruppi angolari in modo da creare una sequenza ininterrotta, senza respiro, di figurazioni, sostenute da vivace animazione.
Il ritmo sostenuto che pervade le singole scene é dovuto all'uso di forme tese e vibranti, ombre profonde e scatti di volumi in aggetto, violenti contrasti chiaroscurali.
Le figure, piene di movimento sembrano investite da un'agitazione fisica e interiore, scosse da emozioni violente, rese con un espressionismo che stravolge e spesso deforma i corpi e i volti.

Quella di Giovanni Pisano è un'energia drammatica e travolgente, che non trova confronti nella scultura gotica né in Italia né in Europa.

Questi effetti "forti" Giovanni li ottiene sviluppando una tecnica tutta personale. Usa una modellazione abbreviata, sintetica, con note rapide e sommarie. Scolpisce con molta efficacia solo i tratti essenziali delle figure, accentuando sempre le linee di movimento, sia nei gesti che nei panneggi, accennati con pieghe profonde e scomposte.
La superba compiutezza dello stile di Nicola, il senso di armonia ed equilibrio, sono assenti. La visione di Giovanni respinge l'immagine serena e l'accuratezza della definizione nei particolari: i bordi delle vesti, le capigliature, le barbe, sono accennate e sommarie.
La forza incredibile del suo linguaggio sta nel cogliere con pochi tratti l'intensità  di una situazione, di un gesto, di un'emozione, privilegia un linguaggio diretto e conciso, eliminando, rigorosamente, ogni inflessione decorativa.

 

A. Cocchi



Bibliografia

A. Martindale, Arte gotica. Rusconi, Milano 1990
La Nuova Enciclopedia dell'Arte. Garzanti 1986
F. Negri Arnoldi.Storia dell'Arte. Vol. I. Gruppo editoriale Fabbri. Milano 1985
G.C. Argan. Storia dell'arte italiana. Vol. 1. Sansoni Editore, Milano 1982

 

 
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