Arnolfo di Cambio. Monumento del cardinale de Braye

 

Arnolfo di Cambio. Monumento funebre del cardinale De Braye. 1282. Marmo e mosaico. Dett. del coronamento. Orvieto, Basilica di San Domenico.
Arnolfo di Cambio. Monumento funebre del cardinale De Braye. 1282.
Marmo e mosaico. Dett. del coronamento. Orvieto, Basilica di San Domenico.

 

Il senso di chiarezza e rigore formale, tipico dello stile di Arnolfo, nel Monumento De Braye si integra con lo slancio e laleggerezza gotici, arricchiti dalle raffinate decorazioni dei mosaici.

La tomba del cardinale francese

 

Il Monumento al Cardinale de Braye è stato progettato ed eseguito da Arnolfo di Cambio nel 1282, anno di morte del cardinale francese Guillaume de Braye, per la chiesa di San Domenico ad Orvieto. Il complesso, scultoreo e architettonico, decorato con inserti decorativi di mosaico cosmatesco, rappresenta la prima opera firmata di Arnolfo.
La costruzione, composta di vari elementi, in passato è stata smembrata, ricomposta più volte e manomessa, sono stati asportati dei pezzi e aggiunti altri.
Solo in seguito a un lungo restauro, terminato nel 2004, il monumento è stato ricollocato in San Domenico, addossato alla parete sinistra di ciò che resta della chiesa.
La struttura del monumento, dopo le modifiche e mutilazioni subite nei secoli, è diversa da quella originale, gli studiosi hanno potuto ricostruirla solo ipoteticamente.
Comunque si ritiene che il Monumento de Braye non doveva differenziarsi troppo dagli altri primi esempi di tombe a muro realizzati in Italia. I riferimenti più diretti sono due monumenti conservati a Viterbo nella chiesa di San Francesco alla Rocca che sono la Tomba di Clemente IV, morto nel 1268, realizzata da Pietro di Oderisio nel 1270 e la Tomba di Adriano V, morto nel 1276, attribuita allo stesso Arnolfo, a cui si aggiunge il Sepolcro di Gregorio X, morto nel 1279, in San Domenico ad Arezzo.
Queste opere corrispondono a un modello di sepolcro formato da un baldacchino con un arco di forme gotiche (ogivale o trilobato), che accoglie un basamento sostenente un sarcofago con la statua distesa del defunto.
Arnolfo ha arricchito questo modello progettandone uno sviluppo in altezza con altri elementi scultorei e architettonici. Nella parte alta infatti si inseriscono tre nicchie con statue e al centro una lapide con la dedica funebre e la firma di Arnolfo.
In alto, la nicchia principale contiene il gruppo della Madonna in trono col Bambino. Nelle nicchie laterali sono posti a sinistra San Marco che presenta il Cardinale De Braye alla Madonna, a destra San Domenico, che partecipa all'avvenimento rivolgendosi al cielo.

La complessità dell'opera ha richiesto l'apporto di aiuti, ma la mano di Arnolfo è riconoscibile in vari punti, soprattutto nel gruppo centrale del cardinale giacente. La figura distesa viene rivelata con l'originale inserimento dei chierici reggicortina. Sono figure vivaci che oppongono la loro vitale energia alla figura immobile, distesa e con gli occhi chiusi del defunto, in un efficace contrasto simbolico tra vita e morte.
Altra figura particolarmente espressiva è la statua di San Domenico. La forma esile che si assottiglia verso il basso aumenta l'effetto di leggerezza e fragilità. Le linee verticale delle vesti che avvolgono il corpo del santo sviluppano una tensione verticale, che viene ribadita dalla testa e dallo sguardo rivolti verso l'alto. Grande attenzione è stata riservata al volto, dall'espressione intensa e commossa.

In ogni parte si coglie il senso di chiarezza e rigore formale tipico dello stile di Arnolfo.
Anche il gruppo della Madonna col Bambino, di altissima qualità e scolpito a tutto tondo, è concepito secondo un principio di essenzialità di forme e volumi. In occasione dell'ultimo restauro si è scoperto che questo gruppo è una statua romana del II secolo, forse una Giunone che Arnolfo ha sapientemente trasformato nella Vergine cristiana. Il Bambino è stato appositamente scolpito e adattato al grembo della madre. Il gruppo si inseriva in un trono con ornamenti cosmateschi diverso da quello che si vede oggi.
Il riuso di materiali antichi era un'abitudine molto diffusa nell'arte medievale, ma rappresenta un lavoro di facilità solo apparente, poiché il rischio di rovinare tutto con un intervento sbagliato era molto alto. Per gli artisti non si trattava soltanto di contenere i costi o semplificare il lavoro, ma anche di studiare il pezzo antico, conoscere le caratteristiche e le tecniche di lavorazione, progettare l'intervento di modifica rispettando la qualità e allo stesso tempo orientandosi sulle esigenze moderne.
In questo caso particolare, il lavoro di riuso fatto da Arnolfo rivela un'abilità e una sensibilità straordinarie. Il maestro ha compiuto una trasformazione in senso gotico di una figura classica con pochi indovinati "ritocchi". Ha modificato appena i piedi e le gambe, concentrandosi sul gioco di movimento dell'orlo delle vesti, ha operato una lieve rielaborazione della testa, ha eliminato i simboli allusivi a Giunone e alleggerito la massa, togliendo materiale posteriormente e assottigliando i profili, secondo uno slancio lineare più gotico.

Oltre a questo, il restauro e l'accurato lavoro di analisi tra cui gli studi condotti da Angiola Maria Romanini hanno permesso di scoprire aspetti del lavoro arnolfiano finora sconosciuti. Una delle scoperte più interessanti è rappresentato dall'uso del colore da parte di  Arnolfo non inteso in senso decorativo ma come parte integrante dell'opera. Dalle tracce di colore ritrovate nelle pupille dei chierici reggicortina ai raffinati mosaici cosmateschi che rivestono le parti architettoniche, tutto rientra in un preciso progetto in cui l'effetto pittorico è un fondamentale aspetto dell'impatto visivo d'insieme. Strettamente connesso a questo aspetto è l'altra importante scoperta che tutti gli elementi, scultorei e architettonici del monumento, rispondono alla scelta di un punto di vista preciso. Ogni pezzo è concepito e disposto con un preciso orientamento ed è lavorato fino a dove rimane visibile, sempre in riferimento a quel punto di vista, calcolato secondo le leggi dell'ottica. Questi risultati si basano su conoscenze scientifiche molto raffinate e all'avanguardia, oggetto di studio di alcuni filosofi e matematici operanti presso le corti papali tra Roma, Viterbo e Orvieto. Gli sviluppi futuri di tali ricerche si ritroveranno nella prospettiva rinascimentale. Non è ancora chiaro come Arnolfo sia entrato in possesso di simili conoscenze, ma la sua opera rivela un'apertura indubitabile verso il mondo della scienza.

A. Cocchi

 

 

 

 

Monument to Cardinal de Braye

 

 


Arnolfo di Cambio. Monument to Cardinal de Braye. Detail. 1282. Orvieto,  San Domenico Church

 

 

The Monument to Cardinal De Braye was designed and carried out in Orvieto by Arnolfo di Cambio for the church of San Domenico in 1282, the year of the death of the French Cardinal Guillaume de Braye. The sculptural and architectural ensemble, decorated with Cosmati  mosaic inserts, represents Arnolfo’s first signed work.
The arrangement is a combination of several elements. It the past, it has been set apart, reset and tampered with, some pieces taken out and some others added.
Only after a long restoration, finished in 2004, was the monument taken back to San Domenico and attached to the left wall of what remains of the church.

 


Arnolfo di Cambio. Monument to Cardinal de Braye. 1282. Orvieto,  San Domenico Church

 


The monument’s structure, after modifications and mutilations suffered during centuries, is different from the original. The scholars could only hypothetically reconstruct it.
In any case, it is believed that the Monument De Braye could not be too different from other wall tombs found in Italy. The most direct references are two conserved monuments in the church of San Francesco alla Rocca, in Viterbo. They are the Tomb of Clement IV, who died in 1268, made by Pietro di Oderisio in 1270, and the Tomb of Adrian V, who died in 1276, made by Arnolfo, to which is added the Sepulchre of Gregorio X, who died in 1279, in San Domenico in Arezzo.

 


Arnolfo di Cambio. Monument to Cardinal de Braye. Detail. 1282. Orvieto,  San Domenico Church

 

These works correspond to a model of sepulchre made by a canopy with a gothic arch (ogival or trilobate) that accommodates a base, which in its turn supports a sarcophagus containing the stretched statue of the deceased.
Arnolfo has embellished this model by raising it to the level of other sculptural and architectural elements. Three niches with statues were inserted at the top, while a tombstone with an epitaph and Arnolfo’s signature were inserted in the centre.

 


Arnolfo di Cambio. Monument to Cardinal de Braye. Detail. 1282. Orvieto,  San Domenico Church

 

 


At the top, the main niche dwells the group with Madonna in a Throne with a Child. The lateral niches show, to the left, San Marco introducing the Cardinal De Braye to the Madonna, and to the right, San Domenico who participates on the event by evoking the heaven.

The complexity of the work demanded help, but Arnolfo’s touch is recognised in many points, especially in the central group of the lying cardinal. The reposing image is disclosed with the original inclusion of curtain-bearing clerics. These are cheerful images opposing the closed eyes motionless lying image with their lively energy, in an effective symbolic contrast between life and death.
Another particularly expressive figure is the statue of San Domenico. The slim shape dwindles towards the bottom, increasing the sense of lightness and fragility. The vertical lines of the clothes that wrap the saint’s body create a vertical tension, which is confirmed by the head and expression toward the top. A lot of attention has been given to the face, which can be seen from the intense and moving expression.
sense of clarity and formal severity is grasped in every single piece, typical from Arnolfo’s style.

 


Arnolfo di Cambio. Monument to Cardinal de Braye. Detail. 1282. Orvieto,  San Domenico Church

 

 


The group Madonna with Child, of great quality and sculptured in full-relief, is also conceived according to the principle of the essentiality of forms and volume. At the time of the last restoration it has been exposed that this group is a Roman statue for the 2nd Century, maybe a Juno, which Arnolfo has wisely transformed in Christian Virgin. The Child has been sculptured to perfectly adapt to the mother’s lap. The group was inserted in a throne with Cosmati ornaments divergent from the ones we see nowadays.
The re-use of old materials was very common in the medieval art, but represents a work that is only apparently easy, since there was a great risk of ruining it all with a mistaken procedure. For the artists it was not only to contain the cost or simplify the work, but also to study an old piece, get to know the characteristics and work techniques, plan the alteration procedure respecting the quality and at the same time adjust to modern demands.
In this particular case, the re-use done by Arnolfo shows an extraordinary ability and sensibility. The master has accomplished a transformation of a classic image to a gothic one with just a few successful touching-ups. He modified only the legs and the feet, concentrating on the movement of the edges of the garments. He performed a soft re-elaboration of the head, eliminated the allusive symbols to June and alleviated the mass, removing material and sliming the profiles, according to a more gothic linear flavour.
 
Besides that, the restoration and accurate work of analysis including the studies conducted by Angiola Maria Romanini, allowed the revelation of aspects of Arnolfo’s work so far unknown. Part of the more interesting findings is Arnolfo’s use of colour as integral part of the work and not in a decorative sense. From the traces of colour found in the curtain-bearing clerics pupils to the refined Cosmati mosaics that cover the architectural parts, everything returns to a precise plan in which the pictorial effect is a fundamental aspect of the visual impact of the whole. Another important revelation, closely connected to this aspect, is that all the monument components, sculptural and architectural, respond to the choice of a precise point of view. Each piece is conceived and placed with a precise orientation, with the visible parts worked up, and always referring to that point of view, calculated according to the laws of optics. These results are based on very refined and avant-guarde scientific knowledge. They are the objects of study of some philosophers and mathematicians performing close to papal courts between Rome, Viterbo and Orvieto. The future development of such research will be found in the Renaissance prospective. It is not yet clear how Arnolfo had access to such knowledge, but his work shows an undoubted opening toward the science world. 

 

A. Cocchi

Trad. A. Sturmer

 

 

 

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Bibliografia

 

A. Tomei. Arnolfo di Cambio. Dossier Art. Giunti, Firenze 2006
A. Martindale, Arte gotica. Rusconi, Milano 1990
La Nuova Enciclopedia dell'Arte. Garzanti 1986
F. Negri Arnoldi. Storia dell'Arte. Vol. I. Gruppo editoriale Fabbri. Milano 1985
G.C. Argan. Storia dell'arte italiana. Vol. 1. Sansoni Editore, Milano 1982

 

 
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