Le sculture di Sant'Ellero

Presso il Museo Civico Mambrini di Galeata sono raccolte numerose sculture provenienti dal complesso di Sant'Ellero.  Questi oggetti documentano l'attività artistica che si è sviluppata tra il VII e il XII secolo, documentando i diversi cambiamenti stilistici e la ricchezza del repertorio decorativo dall'età bizantina a quella romanica.


I resti scultorei di età bizantina

Dall'analisi dei resti scultorei risalenti al VI secolo emergono importanti indicazioni. Innanzi tutto si tratta di marmi antichi riscolpiti o riusati, spesso lavorati sulle due facce, provenienti probabilmente dalle rovine dell'antica Mevaniola, da qualche edificio preesistente alla vicina Pieve di San Pietro in Bosco o qualche altra costruzione antica. Tale operazione di reimpiego, molto frequente durante l'altomedioevo, prova la presenza sul posto di un cantiere attivo.
Da un esame stilistico dei pezzi, il linguaggio bizantino, di diversi livelli culturali, presenta una forte impronta ravennate, su cui s'innestano componenti barbariche, specialmente riferite ei Goti e interessanti interpretazioni autoctone.
Anche dal punto di vista iconografico e compositivo prevalgono gli elementi di matrice bizantino ravennate. Le raffigurazioni del pavone, dell'agnello mistico, dellam croce e dellem foglie d'acanto stilizzate, come pure l'uso della composizione affrontata, simmetrica, sono una chiara conferma.
 L'influenza barbarica può apparire talvolta nella composizione più piena e ricca di elementi e nellam comparsa di simboli solari, come la ruota, la croce o il fiore nel cerchio e i girali trasformati in pale ruotanti.
Esistono anche alcune caratteristiche autoctone dovute all'accertata presenza di artisti locali dei quali è stata riconosciuta la tecnica esecutiva. Inoltre il simbolo della ruota compare molto spesso nelle decorazioni galeatesi di questo periodo, tanto da far pensare che proprio in questo luogo esso si leghi ad un particolare significato.
Sono questi principali caratteri che, nonostante le relative differenze permettonio comunque di considerare tali reperti un corpus unico.
Alla fase collocabile tra la metà e la fine del VI secolo appartengono anche alcune lastre marmoree che facevano parte di un pluteo e due piccole parti di decorazione architettonica.
Tra gli oggetti di maggior valore artistico, conservati presso il Museo Civico Mambrini di Galeata, si segnalano la Lastra con pavone, la Lastra con agnello, le Lastre con ruote. Nella cripta della chiesa è invece ancora visibile il Sarcofago di San'Ellero.

 

 

Lastra con pavone

Tra i reperti ilariani della fase più antica, la Lastra con pavone, in marmo bianco, conservata nella sala A del museo (la prima a destra, entrando) rappresenta l'opera di maggiore qualità. Il sapiente trattamento del rilievo consente alla luce  una modulazione graduale e sfumata sulle forme compatte della figura. le linee di contorno, inclinmio a seguire uina curvatura convessa, staccano l'immagine stilizzata del pavone dal fondo piano della lastra senza irrigidirla, ma mantenendone l'effetto di morbidezza e suggerisce un'illusoria plasticità, maggiore rispetto al reale spessore della lastra. L'assenza di dettagli e il rigore del disegno rendono le forme particolarmente pregnanti sullo sfondo vuoto e appena velato dall'ombra. La residua plasticità di eredità ancora classica insieme alla forte sintesi compositiva rinviano ad una fase ancora iniziale del gusto bizantino ed allo stesso ambito culturale appartengono, nonostante la stilizzazsione già forte e la fisione di profilo, le componenti di naturalezza armonia che escludono quel grafismo iconico che caratterizza lo stile bizantino più maturo.


Lastra con Agnello


Sempre nella sala A del Museo si trova un altro frammento di pluteo in marmo grigio, proveniente da Sant'Ellero. Si riconosce il corpo, privo di testa, di un agnello con le zanpe piegate e la schiena concava, in atto di inginocchiarsi. Un piccolo dettaglio in alto indica che nella parte superiore, perduta,  era scolpita una croce. E' una delle rappresentazioni più antiche in romagna dell'Agnello Mistico, che precede anche le versioni ravennati, mentre a Galeata se ne trova un altro esempio sulla colonnina presso il Palazzo Pretorio, lo stesso che ospita il Museo.
la figura emerge piatta dal piano di fondo per mezzo di un tenue rilievo. E' appena vivacizzata dal motivo a zigzag scalfito sul corpo e che trasforma in chiave geometrica la pelliccia ricciuta dell'animale. Lo stesso dettaglio si ritrova in alcune decorazioni ravennati, come ad esempio nelle pecorelle del mosaico con la Lunetta del Buon Pastore nel Mausoleo di Galla Placidia.


Lastre con ruote


I due frammenti in marmo bianco si trocvano nell'atriom del museo, presso le scale. Sono databili tra la seconda metà e la fine del VI secolo.
Questa coppia di frammenti è interessante soprattutto perchè, attraverso il filtro bizantino, mostra influssi della tradizione figurativa celtica. Stilisticamente, sia l'ornato della larga cornice che le figure simboliche rivelano motivi estetici d'importazione.
Per quanto riguarda l'iconografia, il simbolo della ruota rinvia ad un culto solare la cui origine è estranea al territorio ma, introdotta dalle popolazioni celtiche alla fine dell'Impero romano, divenne una trasposizione in chiave cristiana che ebbe grande fortuna nell'arte italiana del Medioevo. In questo caso rappresenta uno dei primi esempi. Oltre alla ruota sono presenti altri soggetti che fanno parte del repertorio bizantino: l'Agnello crucifero, la croce, il pavone il tralcio di vite, il fiore stellato.

Le lastre sono scolpite con un rilievo molto piatto, scontornato con lavoro di sottosquadro. Secondo il gusto cosiddetto "barbarico" la composizione figurata tende a ricoprire la superficie di fondo creando un'immagine ricca e piena, che per i valori chiaramente decorativi rinvia alla toreutica e all'oreficeria. Nell'alternarsi ritmico e complementare dei pieni (le parti in rilievo e in luce) e dei vuoti (le parti in incavo e in ombra) si genera un vivace effetto pittorico.
Alle stilizzazioni di ascendenza bizantina si fonde la mancanza di valori armonici e plastici di gusto nettamente anticlassico. le forme, persi i valori di corposità, naturalismo e proporzioni sono trasformate in un agile motivo grafico. Il rilievo, ridotto al minimo non ha più valore scultoreo, di volume, ma è concepito secondo una contrapposizione pittorica delle due uniche superfici dell'immagine: la figura e il fondo.

 

 

 Le sculture dall'VIII al X secolo.


Rispetto all'architettura, la scultura della comunità ilariana successiva al VII secolo  si mostra più ricttiva agli influssi barbarici. E' interessante seguirne gli sviluppi stilistici attraverso i reperti raccolti nel Museo Mambrini.
Un gruppo di frammenti appartenenti al periodo che va dall'VII al X secolo offrono già una visione d'insieme di questa particolare fase dell'attività scultorea svoltasi presso l'abbazia. I materiali sono spesso meno pregiati dei marmi del periodo bizantino e anche a confermare la lavorazione fatta sul posto,  numerosi pezzi sono realizzati con pietra arenaria locale. Tra questi i tre frammenti di estradosso di archi in cui gli influssi esterni e la tradizione bizantino-ravennate vengono fusi in una forma espressiva che, sia per il suo carattere autoctono, sia per la diffusione territoriale, si può definire 'romagnola'. Il rilievo comincia a perdere la piattezza bizantina e compaiono motivi d'importazione soprattutto di carattere longobardo e genericamente barbarici. Le fonti più dirette devono essere state le miniature dei codici, circolanti con molta probabilità nell'ambiente monastico, oltre ade oggetti in avorio o metallo.
L'astrazione raffinata, ieratica e orientaleggiante delle rappresentazioni bizantine lascia il posto ad un'espressività nuova.

Rilievo con cavaliere

Nel Rilievo con cavaliere agli intrecci decorativi si affincano figure molto semplificate. Il rilievo, poco pronunciato, è tuttavia ammorbidito dall'arrotondamento delle forme, con accenno al volume. Il tema del condottiero a cavallo è ricavato da fonti classiche, poichè era molto diffuso sui sarcofagi romani degli equites ed ha continuato ad essere rappresentato per tutto il medioevo. Questo pezzo è solo il frammmento che faceva parte di una composizione più grande e il fatto che il cavaliere porti una grande croce secondo qualche studioso può essere un riferimento a Costantino, mentre si ignorano i significati dei tre gigli e degli altri elementi della scena.


Frammento di pluteo altomedievale

Un Frammento di pluteo altomedievale, appartenente allo stesso gruppo di sculture, contiene una croce centrale scolpita ad incavo 'in negativo', circondata da figure stilizzate e in rilievo: un uccello, un'ancora, la scanalatura di una colonna, una ruota. Si tratta di un insieme di figure simboliche in cui l'assenza di naturalismo è un elemento tipico del gusto barbarico.

 

 

Sant'Ellero e Teodorico

Due frammenti di lastre lavorate a rilievo, per tradizione sono state indicate come la rappresentazione del leggendario incontro tra Sant'Ellero e Teodorico, narrato nella Vita di Sancti Hilari di Galeata, scritta da Iulianus prima del 755. I due rilievi provengono da un'edicola che si trova a circa duecento metri dall'Abbazia, nel punto in cui, secondo la leggenda, sant'Ellero incontrò il re dei Goti. I due pezzi sono collegati da un'epigrafe incisa sul retro in un secondo momento.
Le due lastre però non appartengono ad un'unico rilievo ma rappresentano due opere distinte: sono diverse per spessore, tipo di marmo (uno bianco e l'altro grigio, entrambi venati), datazione e fattura. Il rilievi di Sant'Ellero dovrebbe essere stato realizzato tra l'VIII e il X secolo, quello con il cavaliere non prima del XIII secolo. L'ipotesi più probabile è che essi potessero far parte di un ciclo di rilievi, opera di più artisti, comprendente anche un'epigrafe. Per i rimaneggiamenti e le abrasioni che i due rilievi presentano sembra che l'insieme di cui facevano parte sia stato smembrato e restaurato e che l'epigrafe originaria, perduta, sia stata riscolpita posteriormente alle sculture.
Da un confronto stilistico i due pezzi appaiono nettamente differenti, appartenenti a diversi contesti culturali.
Il Sant'Ellero presenta un'immagine fissa, ieratica e frontale, i volumi sono resi faticosamente, dilatati e compressi sulla lastra; la figura del santo appare fortemente ancorata al piano di fondo. Alcuni dettagli rivelano influssi tipicamente longobardi: la particolare articolazione del braccio che sostiene il pastorale, i tratti del viso e l'angelo con le ali sovrapposte e rovesciate ricordano i rilievi di Cividale del Friuli e quelli del Duomo di San Catervo a Tolentino.  Nel complesso in questo frammento emerge un'accezione più arcaica, anticlassica e maggiormente influenzata dalle correnti barbariche.

 

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La scena con Teodorico raffigurato mentre sta per essere disarcionato dal cavallo ha indubbiamente una resa più dinamica nelle figure chine e inarcate del cavallo e del cavaliere. Qui l'autore si avvale di una strutturazione a più piani di profondità tra le diverse parti anatomiche e di una modellazione  che accompagna la luce sui volumi con un maggiore effetto  chiaroscurale. Da notare la diversa articolazione dei gesti, la resa anatomica più naturale e il trattamento più mosso dei panneggi rispetto al Sant'Ellero.
Si legge, in questa immagine, la volontà di dare un peso, una concretezza fisica alle figure e la scena si presenta come un fatto un incidente o avvenimento reale. Rispetto a questa l'immagine più antica del santo si presenta invece come un'apparizione, la persona di san'Ellero non viene presentata tanto come un corpo fisico quanto come emblema sacro. Rientra in questo discorso anche il dettaglio dell'angelo, ridotto ad una citazione simbolica.

 

Le sculture romaniche


Una serie di frammenti scultorei databili ferso la fine del XII secolo formano il corpus romanico di ciò che resta della decorazione scultorea che testimonia l'ultimo rigoglio creativo dell'abbazia ilariana prima del devastante terremoto del 1279. Fer frequenti richiami stilistici e soluzioni comuni, sembra probaile che gran parte delle sculture di questo gruppo sia stata eseguita da un atelier operante presso l'abbazia. Il legame con gli ambienti comasco e provenzale, la vicinanza stilistica alle analoghe statue-colonna del museo Nazionale di ravenna e del Museo del Duomo di Ancona e soprattutto un preciso spirito arcaicizzante,  accomuna questi lavori come se fossero stati prodotti da una squadra di artefici affiatati, fedeli ad un unico programma operativo. In alcune opere si è riconosciuta l'impronta di uno stesso artista.

L'infanzia di san Nicola

Il gruppo dell'Infanzia di San Nicola, insieme all'altrastatua-colonna ora al Metropolitan di New York, faceva probabilmente parte della decorazione del chiostro. Nella scultura, eseguita a tutto tondo su marmo bianco venato l'immagine della madre col bambino rifiuta ogni effetto di dolcezza e morbidezza. Nella scena, che rappresenta il bambino che rifiuta il latte materno volgendo la testa inmdietro, il dialogo tra i due personaggi è trasformato drammaticamente in un teso contrasto visivo. Il corpo nudo e levigato del bambino di contrappone a quello materno, scabro, raggrinzito  dalle solcature delle vesti. Alla fornma cilindrica chiusa, dalle braccia rigide e serrate della madre si oppone l'articolazione delle membra e lo scatto della testa del bambino riluttante. La figura della madre è come mummificata, sostiene il bimbo con un gesto quasi meccanico, senza guardarlo, senza volgersi tenendo uno sguardo fisso e vuoto amplificato negli occhi ingranditi e messi in evidenza dalle iridi in pasta di piombo. Il bambino è invece colto sul culmine di un particolare modo di aggrapparsi e insieme respingere nervosamente, agitato, con i muscoli contratti e la testa girata fino al parossismo.
Da notare l'attenzione con cui è reso il costume della madre in abiti tipicamente medievali: indossa un guarnello con busto aderente e gonna pieghettata e porta attorno al capo un velo che copre anche il mento.
La scultura, rubata nel maggio del 1977 dall'Abbazia di sant'Ellero, venne recuperata nel 1980.

Capitello-telamone


Il capitello-telamone appartenente ad una colonna binata del chiostro perduto di Sant'Ellero sembra essere stato eseguito dalla stessa bottega che ha realizzato la Testa di monaco. La scultura, in marmo bianco venato rappresenta una figura grottesca di telamone barbuto aggrappato al capitello delle colonnine. Sia i tratti anatomici che il volto sono deformati nelle proporzioni e nello stile presenta somiglianze con simili decorazioni di elementi architettonici presenti nella chiesa di Santo Stefano a Bologna e ad alcune alcune statue-colonne del Museo Nazionale di Ravenna.

Testa di monaco

Un altro pezzo appartenente al gruppo di sculture romaniche del museo, proveniente dall'Abbazia di Sant'Ellero è la Testa di monaco in marmo bianco venato. La scultura, dalle caratteristiche di stile molto simili a quelle del Capitello-telamone, è un'immagine molto caratterizzata ed espressionistica di un volto umano. Molto marcati sono i tratti del viso, con le rughe fortemente incise, gli occhi e le labbra ingranditi e l'espressione tesa e assorta, come in meditazione. Si nota un'esecuzione particolarmente precisa e attenta nel trattamento delle superfici con le solcature ondulate dei capelli che si contrappongono alle pieghe ondulate della fronte e al fitto reticolo della barba. La testa scolpita con lo sguardo verso il basso, provvista di basamento simile ad una mensola, fa pensare che potesse essere posta in alto, come decorazione d'angolo.


Capitelli con sirene

Due tra i pezzi più belli di questo gruppo di sculture sono i Capitelli con sirene in marmo bianco. La sirena, molto presente nel repertorio figurativo romanico, è simbolo dell'inganno, della seduzione e della lussuria. Nei due capitelli, purtroppo frammentari, le figure sono rappresentate capovolte, per adattarsi alla forma dell'elemento architettonico e in atto di tenere con le mani le due code. Lo stile e l'esecuzione sono particolarmente raffinati, nelle forme classiche sono state scolpiti con grande naturalezza i busti femminili, i dettagli come i seni, la muscolatura, le squame e la morbidezza delle forme levigate mostrano una finezza e una qualità esecutiva di alto livello. Le due opere risalgono al IX secolo e rivelano una spiccata conoscenza dell'arte classica.

Altre sculture provenienti da Sant'Ellero

Appertengono a questo gruppo anche altre sculture appartenenti allo stesso repertorio fantastico medievale, come il Grifone in marmo rosa, originariamento posto sul portale della chiesa e iun frammento con Figura che porta un cartiglio, in marmo bianco.

 


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