Andrea Mantegna. Pala di San Zeno. 1457-60. Verona. Chiesa di San Zeno.
La Pala di San Zeno a Verona è il capolavoro che conclude l'attività giovanile di Andrea Mantegna. Lo spettacolare polittico accoglie lo spettatore e sorprende per gli incredibili effetti di luce e illusione spaziale.
la Pala di San Zeno, è stata realizzata da Andrea Mantegna presumibilmente nel 1457-60 per la chiesa di San Zeno a Verona, su richiesta dell'abate Gregorio Correr, destinata all'altare maggiore.
Il maestro aveva anche realizzato nel presbiterio il coro per i monaci e il contesto architettonico in cui doveva inserirsi la pala, compresa la finestra appositamente aperta a destra, perchè la luce naturale potesse fondersi con quella della scena dipinta.
Andrea Mantegna. Pala di San Zeno. 1457-60. Verona. Chiesa di San Zeno
L'opera, eseguita a tempera su tavola lignea, è di grandi dimensioni (480X450) ed è formata da un trittico con la Madonna e santi e una predella di tre scomparti dispersi tra il museo di Tours e il Louvre, conl'Orazione nell'orto, la Crocifissione e la Resurrezione. Nel 1797 il dipinto venne prelevato dalle truppe Napoleoniche e recuperato nel 1815, ma senza la predella. Così vennero sistemate delle copie, eseguite da Paolo Caliari.
Il polittico comprendeva anche una cornice in legno dorato, eseguita dallo stesso pittore. La composizione dei diversi elementi era ispirata a quella, oggi perduta, dell'Altare del Santo di Donatello nella Basilica di sant'Antonio a Padova.
In base a una lettera inviata da Ludovico Gonzaga ad Andrea Mantegna, si desume che l'incarico della pala risale al 1456, mentre nel 1460 il pittore doveva aver terminato il lavoro. L'alta qualità pittorica e la concezione innovativa su cui si fonda, fanno di questo dipinto uno dei capolavori del periodo giovanile di Mantegna.
Anche rispetto al precedente Polittico di San Luca, la Pala di San Zeno rappresenta un'evoluzione importante nella sua impostazione spaziale. I santi che nel Polittico di san Luca erano singolarmente isolati nei loro pannelli, sebbene uniti dalla stesa prospettiva d'insieme, qui si presentano tutti insieme, riuniti attorno al trono con la Vergine e il Bambino. La pala d'altare è pensata come spazio unitario, vero e proprio "teatro" della sacra rappresentazione, in una spettacolare scenografia classica.
La Pala di San Zeno nell'abside della chiesa di San Zeno a Verona
Nella Pala di San Zeno, le scelte iconografiche, la destinazione dell'opera, la committenza, e persino certe soluzioni stilistiche, sono elementi strettamente collegati tra loro e fondamentali per la lettura dei significati del dipinto.
Il committente, Gregorio Correr aveva espresso al pittore alcune precise richieste. La collocazione sull'altare Maggiore della Chiesa di San Zeno indicava che il dipinto doveva trovarsi nel punto più sacro della chiesa, il luogo simbolico dove avviene il sacrificio di Cristo.
Inoltre l'abate Correr decise di collocare il trittico sull'altare per celebrare il completamento del suo progertto di ristrutturazione della basilica, con le modifiche del coro e della cripta, simboleggiando così il rinnovamento spirituale della sua chiesa, come si legge nella commenda del 1446.
Sul tappeto di gusto fiammingo ai piedi del trono della Madonna si trova la data 1443, che indica proprio l'affidamento dell'abbazia, attraverso la commenda, alla famiglia Correr, nella persona di Antonio, zio di Gregorio, che poteva così utilizzate la cappella maggiore come tomba.
La tavola di Andrea Mantegna doveva essere quindi il segno visibile dell'impresa autocelebrativa e commemorativa dei Correr, tanto che nella cimasa, al posto della tradizionale immagine di Dio Padre, doveva ospitare lo stemma della famiglia.
Inoltre il valore di monumento funerario assunto dalla pala anche per la sua collocazione nel coro andava a ricollegarsi con la sottostante cripta, nella quale si veneravano le reliquie di san Zeno.
Nella Pala di San Zeno Andrea Mantegna ha dipinto una "sacra conversazione" in cui sono sono rappresentati la Madonna col Bambino, otto santi e nove angeli. Come tutti gli altri elementi della composizione, anche i personaggi rispondono a precise esigenze iconografiche.
La Madonna col Bambino in trono, al centro della rappresentazione, è l'immagine in cui si concentra il tema del collegamento tra passato e presente. Nella tipologia della "nikopoia" risale, attraverso il modello già proposto da Donatello nell'altare del Santo, fino ai prototipi bizantini, ancora più indietro, alle figure di matrone delle antiche tombe romane.
I santi, accuratamente scelti dall'abate Correr, committente dell'opera, sono i patroni di Verona, rappresentati per indicare la loro "presenza reale", secondo il pensiero cristiano, come protettori della città in ogni tempo.
A sinistra figurano Pietro, Paolo, Giovanni evangelista e Zeno e nell'altro lato: Benedetto, Lorenzo, Gregorio e Giovanni Battista. La maggior parte di essi vengono rappresentati con i libri in mano per sottolineare la componente intellettuale della regola benedettina, secondo la quale gran parte del tempo deve essere dedicata agli studi e alla "lectio divina".
I personaggi sono "eroici" resi monumentali dalla prospettiva con il punto di vista ribassato e dalla loro potente plasticità. Riescono ad essere solenni e composti anche nella loro gestualità e negli atteggiamenti disinvolti e distratti o assorbiti nelle loro letture e meditazioni. Si distinguono sia nelle diverse personalità e fisionomie, sia nelle dissonanze energiche dei colori accostati a contrasto. Ma tutti si raccolgono con un ordine impeccabile attorno al trono della Madonna, rispondendo nella loro disposizione alle stesse regole prospettiche a cui risponde la maestosa architettura.
Come modelli stilistici la Pala di san Zeno di Andrea Mantegna offre riferimenti diversi, appartenenti sia al gusto tardo-gotico che a quello rinascimentale, sebbene tutti contenuti tra le esperienze pittoriche quattrocentesche e di area veneta.
Primo fra questi è l'esempio offerto dal Trittico dei quattro Padri della Chiesa realizzato da Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna nel 1446 e oggi conservato all'Accademia di Venezia. Il dipinto di stile tardo-gotico, propone il tema della sacra conversazione sviluppato su tre tavole maggiori con la Madonna in trono, quattro angeli musicanti e quattro santi. Anche la cornice dorata e la divisione in tre parti dello spazio sembra essere ripreso da Mantegna per mantenere un certo collegamento con la tradizione del polittico medievale.
Ma accanto a questo, emerge in maniera evidente anche il riferimento all'Altare del Santo realizzato da Donatello per la Basilica di Sant'Antonio a Padova.
Non è ancora chiaro per gli studiosi se il rapporto tra il giovane Andrea e il grande maestro fiorentino, attivo a Padova tra il 1443 e il 1453 sia stato diretto o piuttosto mediato attraverso i suoi allievi. Certamente l'opera lasciata da Donatello a Padova doveva essere stata studiata ed analizzata con grande attenzione dal Mantegna, che in quella città compiva la sua formazione ed eseguiva i suoi primi lavori. Comunque è interessante considerare che mentre Andrea era impegnato nell'esecuzione degli affreschi della Cappella Ovetari, Nicolò Pizolo nel 1448 progettò per la stessa sede una pala che venne realizzata a bassorilievo da Giovanni da Pisa, uno scultore allievo di Donatello. Si tratta di una terracotta rivestita in bronzo.
Ma il legame della Pala di san Zeno con l'Altare del Santo è ancora più impressionante se si confronta la composizione d'insieme del dipinto di Mantegna con la ricostruzione fatta dagli studiosi (in particolare Heidenreich) del complesso scultoreo donatelliano.
In entrambi i capolavori inoltre le figure si dispongono in uno spazio architettonico classico e partecipano del medesimo impianto prospettico secondo una nuova visione rinascimentale della sacra conversazione. Tale soluzione avrà importanti sviluppi nel corso del Rinascimento, interpretata dagli artisti con visioni personali di grande qualità. Tra gi esempi più straordinari il modello di Mantegna si ritroverà ad esempio nella Pala di Brera, realizzata nel 1474 da Piero della Francesca, nella Pala di san Giobbe dell'Accademia di Venezia, risalente al 1487, di Giovanni Bellini e nella Pala di san Zaccaria del 1505, nella chiesa omonima a Venezia.
Andrea Mantegna. Madonna col Bambino in Trono.
Pala di San Zeno, pannello centrale.
Tempera su tavola. 1457-60. Verona. San Zeno.
Il settore centrale del Polittico di San Zeno è dedicato alla Madonna col Bambino in trono. La scena è animata dai nove angeli, rappresentati nelle sembianze di putti classici, che si accalcano intorno al trono in atteggiamenti dinamici e impegnati a cantare e suonare liuti. Dietro al trono si scorge una siepe di rose che ricorda un "hortus conclusus" e riprende il tema tipicamente gotico della Vergine nel Giardino, alludente al luogo sacro dedicato alla Madonna.
I colori dalle tonalità accese e vibranti, la ricchezza decorativa e la profusione dell'oro anche nella cornice, alludono, insieme ai festoni variopinti, e alla ruota della fortuna che campeggia sul trono, al tema della "vittoria".
Ma soprattutto l'immagine della Madonna col Bambino, nella tipologia della "nikopoia" (vittoriosa) già proposta da Donatello nel suo Altare della Basilica di Sant'Antonio a Padova, sottolinea questa accezione.
L'iconografia della Madonna nikopoia si è formata in seguito al concilio di Efeso in cui venne consacrato il dogma di Maria come Madre di Dio e manifestazione dell'incarnazione di Cristo.
Secondo tale immagine la Madonna vittoriosa siede sul trono e mostra il figlio, offerto per la salvezza degli uomini.
Nel dipinto di Mantegna la Madonna con espressione assorta e come rassegnata, sostiene e mostra il Bambino con una stretta sicura e un gesto che indica l'offerta del Figlio di Dio. Il Bambino, in piedi si aggrappa al collo della madre e poggia un a manina sulla sua mano mentre rivolge lo sguardo in direzione opposta rispetto a lei, con un'espressione malinconica simile a quella degli angeli.
La ruota sul trono è direttamente collegata al rosone della Chiesa di San Zeno, con dodici raggi, simbolo del cosmo e dell'occhio di Dio. Porta i significati di sorgente di luce e di vita eterna, ma è anche riferita alla ciclicità dell'esistenza e della natura attraverso le stagioni e al tema della fortuna.
Sotto al tappeto orientale, ai piedi del trono, si intravede un sarcofago decorato alla maniera classica con due putti reggiclipeo. Anche questo è un dettaglio simbolico, indica la coincidenza tra altare e sepolcro, allusivi al tema del sacrificio di Cristo. Il trono sul sepolcro-altare indicca invece la vittoria sulla morte rappresentata dalla resurrezione. Questi significati sono ribaditi anche dalla collocazione della Crocifissione nella predella sottostante, esattamente in asse rispetto alla Madonna della pala, affiancata a sinistra dall'Orazione nell'orto e a destra dalla Resurrezione.
Alla sommità del settore centrale da un gancio pende un uovo con una lampada e due festoni ricchissimi di frutti e fiori, che prorompono da due cornucopie rosse, classico simbolo di fortuna e abbondanza.
Questi elementi si ricollegano ai temi trionfalistici e apotropaici rappresentati nelle decorazioni classiche dei fregi e dei pilastri.
Nella Pala di San Zeno, Andrea Mantegna inserisce otto santi patroni di Verona, quasi tutti rappresentati intenti alla lettura o con un libro in mano, secondo un chiaro riferimento all'importanza della vita intellettuale nella regola benedettina.
Andrea Mantegna. Pala di San Zeno. 1457-60.
Scomparto sinistro. Tempera su tavola. Verona. San Zeno.
I santi presenti nello scomparto di sinistra sono, da sinistra a destra: Pietro, Paolo, Giovanni Evangelista e il patrono Zeno, a cui è dedicata l'opera. Quest'ultimo si trova in una posizione importante, a destra della Madonna e porta gli abiti vescovili. Mantegna ce lo fa riconoscere anche se non sceglie di rappresentarlo con il pesce, suo attributo tradizionale.
Non è ancora stato identificato dagli studiosi il tema a cui si riferiscono i tre medaglioni che figurano alla sommità dei pilastri.
Andrea Mantegna. Pala di San Zeno. 1457-60.
Scomparto destro. Tempera su tavola. Verona. San Zeno.
Nello scomparto di destra, partendo sempre da sinistra, il primo che figura di fianco alla Madonna è San Benedetto, molto simile a quello che Mantegna aveva già dipinto nel nel Polittico di San Luca. Seguono i santi Lorenzo, Gregorio e Giovanni Battista, e per queste figure l'artista sembra attenersi abbastanza agli attributi tradizionali con i quali vengono qualificati.
Anche in questo pannello i medaglioni rimangono di difficile interpretazione: due figure non identificabili con sicurezza si scorgono nel medaglione sul pilastro in fondo; altre due in quella sopra san Lorenzo. Nell'ultimo si riconosce invece la scena di un Tritone con ninfa, si tratta di un tema riferito alle immagini classiche delle divinità marine e che verrà ripreso da Mantegna nelle decorazioni dipinte nel castello dei Gonzaga, presso Mantova.
La predella della Pala di san Zeno è composta da tre pannelli con le Storie della Passione, oggi divise e conservate al Museo di Tours e al Lovre.
In questa parte del polittico lo stile di Andrea Mantegna rivela il suo più altolivello drammatico, attraverso la tensione che sembra emanare sia dalle figure che dalla natura. I personaggi sono costruiti con corpi solidi e dalla consistenza compatta, animati da una particolare energia.
Il paesaggio con le rocce solcate dall'erosione è reso ancora più aspro da un disegno duro e sottile che descrive analiticamente ogni dettaglio e non risparmia neppure le nuvole, che attraversano il cielo in un contrasto intenso di blu e bianco. L'espressività della linea sicura e implacabile di Mantegna non tralascia nulla, soffermandosi su ogni sasso, ogni crepa, ogni venatura di foglia e sui personaggi, i capelli, le rughe, le vene e i panneggi stropicciati, fino a rendere con grande efficacia il dolore e il dramma della vicenda di Cristo.
Coerentemente con i pannelli superiori, gli scomparti della predella sono organizzati secondo un'impianto prospettico unico, che unisce i singoli elementi attraverso la prospettiva centrale, con il suo punto di fuga situato al centro della Crocifissione.
Andrea Mantegna. Orazione nell'orto. Dett. Pala di San Zeno,
pannello sinistro della Predella. 1457-60.
Tempera su tavola. Verona. San Zeno.
Ambientato in una paesaggio di colline e rocce, il pannello di sinistra rappresenta la scena dell'Orazione nell'orto. E' conservato al Museo di Belle Arti di Tours.
La composizione, basata sulla diagonale, conduce l'occhio dello spettatore verso l'angolo in basso a destra, dove si trovano gli apostoli addormentati in primo piano e il Cristo inginocchiato in preghiera.
Molto efficace è il contrasto dei colori, anche nella collina dal verde scurissimo, in controluce sul cielo, dove si stagliano le sagome degli alberi sul crinale.
Andrea Mantegna. Crocifissione. Pala di San Zeno,
pannello centrale della Predella 1457-60.
Tempera su tavola. Verona. San Zeno.
Il pannello centrale della predella è quello della Crocifissione, oggi conservato al Louvre. E' la scena di più intensa drammaticità dell'intero polittico e molto ammirata in tutti i tempi. Fu oggetto di studi e copie da parte di parecchi artisti fino all'età moderna, una delle copie più celebri è quella eseguita da Degas.
Su una composizione a "X" si sviluppano le linee verticali delle tre croci, spinte in alto fino al limite della tavoletta, sottili e contrapposte all'ampio spazio vuoto del cielo. Nella parte bassa del quadro si concentrano le masse delle rocce e degli astanti, trasmettendo efficacemente il contrasto emozionale tra il senso di confusione, le voci e il gremire dei personaggi e la solitudine e il silenzio del dolore e della morte dei tre crocifissi.
A sinistra sono rappresentati Maria, san Giovanni e i seguaci di Gesù che piangono la sua morte. A destra i farisei e i soldati romani che si contendono le vesti di Cristo giocando a dadi.
La scena è ambientata in un paesaggio desertico con rocce scagliose che s'innalzano su un terreno arido, percorso da crepe.
Dall'analisi dell'opera gli studiosi hanno rilevato diversi spunti stilistici e citazioni. Ad esempio il focoso cavallo che si trova tra le due croci a destra sembra riferirsi al modello che lo scultore Baroncelli aveva presentato nel 1443 per il suo Monumento a Niccolò III a Ferrara.
Le due figure affacciate al centro secondo il Casemasca, sembrano invecenderivare da un'attenta conoscenza della pittura nordica.
Il pannello di destra della predella del Polittico, dedicato alla Resurrezione, è conservato al Museo di Tours.
Secondo Tietze-Conrad, si tratta del pannello in cui l'intervento di Mantegna è minore e la pittura è in gran parte dovuta ad aiuti. La mano di Mantegna sembra apparire solo nella figura centrale del Cristo Risorto. Anche la prospettiva della scena non mostra il consueto rigore mantegnesco: le linee di fuga del sarcofago non corrispondono a quelle del suolo.
Gli studiosi hanno evidenziato anche alcuni riferimenti con l'opera di Andrea del Castagno e con quella di Piero della Francesca.
La Pala di San Zeno del Mantegna, conservata nell'omonima chiesa di Verona è uno di quei capolavori che impressionano soprattutto per l'alta qualità dei valori pittorici. Nella sua espressiva resa della verità, ogni forma è accuratamente definita nei contorni, pienamente sviluppata nei volumi e resa con una consistente durezza, simile a quella del metallo o della pietra. Ma la qualità dei colori e della luce è ciò che colpisce di più ed esalta ogni altra componente del dipinto.
Andrea Mantegna ha scelto una gamma di colori ricca e vivace, distribuita in tutta la scena, fino nei particolari e nelle decorazioni. I colori, insieme alla luce e ai chiaroscuri sono orchestrati in modo armonico e spettacolare, richiamano l'attenzione e coivolgono emotivamente.
A sinistra l'accordo rosso e giallo delle vesti del san Pietro, vivificati dalla luce, s'accendono pieni di energia e rappresentano il richiamo visivo più forte, che cattura l'occhio e lo conduce all'interno del quadro accompagnato dalla prospettiva, per compiere tutto un emiciclo che si sviluppa da sinistra sulla superficie del quadro, prosegue verso il fondo al centro per uscire a destra, di nuovo in superficie.
Altre accensioni cromatiche Mantegna le ottiene sia per contrasti di tinte calde e fredde sia per contrasti di qualità, cioè accostando toni puri, saturi di colore, a zone di penombra. Ad esempio nell'incredibile effetto di fosforescenza del fodero rosso-arancio della spada del san Paolo, nel risvolto rosso del piviale di san Zeno, nei particolari degli abiti degli angeli e della Madonna, nelle linee verdi della graticola del san Lorenzo e nei ricami delle vesti del san Gregorio, ma anche nel tappeto, nelle cornucopie e nei frutti delle ghirlande e nell'oro dei fregi.
Accanto a questi, altri effetti cromatici sono visibili nei riflessi luminosi, dove il colore è attenuato da una luce soffusa e dotata di una qualità calda, dorata.
Tutto questo concorre a creare un'atmosfera particolare, molto suggestiva, che rende la sacralità della scena.
L'ambiente in cui vivono i personaggi della Pala di San Zeno dipinta da Andrea Mantegna è una monumentale scena classica formata da un quadriportico architravato, sorretto da pilastri e con soffitto a cassettoni con rosette.
I pilastri interni presentano specchiature in marmo policromo e alla sommità sono ornati da medaglioni con soggetti mitologici. La trabeazione è arricchita da un alto fregio con putti e festoni vegetali, palme e medaglioni su fondo dorato.
In primo piano, appesi ad anelli sotto la trabeazione, una ricchissima decorazione con cornucopie e festoni di frutti e fiori, dipinti con colori vivacissimi e grande fedeltà al vero, con effetto trompe-l'oeil.
Sulla griglia prospettica stabilita dall'apparato scenografico-architettonico, Mantegna costruisce una perfetta "macchina di coinvolgimento emozionale" dello spettatore. Ogni elemento, dall'insieme fino ai minimi dettagli, deve concorrere al funzionamento di uno spazio di massimo impatto visivo, che tende a svilupparsi sia in profondità che in primo piano.
In fondo, lo spazio sembra svilupparsi oltre un fitto roseto, dove si vede un cielo sereno, azzurro con nuvole bianche, anch'esse viste in prospettiva.
In primo piano i festoni, l'architrave, e gli stessi santi, sono dipinti in modo da dare l'impressione di uscire dallo spazio pittorico per venire avanti verso lo spettatore. Gli otto santi disposti in due schieramenti laterali sono elementi prospettici di grande efficacia espressiva, soprattutto con gli espedienti del san Pietro, a destra, il cui mantello dai panneggi abbondanti sembra traboccare dal quadro e il san Giovanni battista, tutto assorbito dalla lettura, ma con i piedi sporgenti oltre il pavimento, come se si trovasse in una posizione più avanzata rispetto alla superficie del quadro.
L'idea che guida Mantegna è quindi quella di creare una continuità tra spazio reale e spazio dipinto.
I pilastri frontali corrispondono a quelli intagliati nella cornice dorata, in una fusione tra pittura, scultura e architettura che trasforma l'idea tradizionale del trittico in una visione spaziale unitaria particolarmente innovativa.
La cornice, non più semplice rifinitura, è un elemento importante dell'opera perchè coincide con la costruzione prospettica, ma identificandosi con il primo piano offre anche un classico inquadramento architettonico alla scena sacra. Inoltre contribuisce a creare l'unità della scena e a sottolineare la monumentalità delle figure dovuta anche al punto di vista ribassato.
La decorazione classicheggiante profusa da Andrea sugli architravi e sui pilastri del portico sviluppa un repertorio carico di simboli che alludono ai temi del Trionfo, della Fortuna e dell'Immortalità tratti dagli antichi sarcofagi romani ma rivisti in chiave cristiana.
Ad esempio Mercurio e Pegaso hanno una valenza augurale e apotropaica, i festoni di frutta e fiori, insieme ai putti, alle nereidi e ai tritoni, oltre ad essere simboli di fortuna e abbondanza si riferiscono ai significati cristiani di resurrezione e vita eterna. Al centro compare anche il simbolo dell'uovo, indice di nascita e perferzione universale, solitamente collegato alla Madonna e al tema dell'Immacolata Concezione.
Al legame tra spazio dipinto e spazio esterno si fonde anche il legame tra mito classico e sentimento cristiano secondo un fondamentale raccordo tra storia e realtà e tra passato e presente. I putti classici scolpiti sull'architrave diventano angeli musicanti attorno alla Madonna, i festoni decorativi del fregio, si trasformano in frutti e fiori veri nei festoni in primo piano.
I temi del lavoro umano e dell'arte sono affrontati da Mantegna nella sua Pala di SanZeno. Sono intesi come attività artigianali e spirituali che partendo dalla materia naturale la trasformano e la sublimano.
L'arte come pratica dell'ingegno, abilità manuale, passione e tensione dello spirito, viene evidenziata come l'attento e paziente lavorìo dell'artista, capace di rendere rara e preziosa qualsiasi materia. Perciò il raffinato realismo pittorico di Mantegna intaglia i rilievi dell'architrave, scolpisce i marmi del trono, trafora il disco a forma di ruota, tesse il tappeto e le stoffe, ricama le vesti, intreccia le ghirlande e disegna l'architettura.
Mantegna rende visibile questo processo di elezione in cui tutte le materie offerte dalla natura possono essere trasformate dalla mano e dalla sapienza dell'uomo. Per questo dipinge ogni minimo dettaglio con la massima finezza, cercando di rendere non tanto l'apparenza e l'aspetto delle cose, ma le qualità, come la consistenza, la purezza, la trasparenza, l'energia, il calore, la luce. Quindi le forme sono plastiche e costruite con esattezza, consistenti come pietra, i panneggi sono fitti, mossi, sfaccettati in pieghe minute accuratamente definite. I colori sono accesi, sviluppati in mille tonalità, pieni di energia, puri e dissonanti.
A. Cocchi
San Zeno Altarpiece is the masterpiece that concludes Andrea Mantegna’s youth period.
It is a massive polyptych, composed of several compartments that represent either an important moment of Mantegna’s artistic fortunes or a particular religious or cultural context. Due to its importance and complexity, this work is here analysed under different aspects through a series of articles, which can be accessed by clicking on the links under the menu on the right of this page.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece. 1457-60. Verona, Saint Zeno Church
The San Zeno Altarpiece, was carried out presumably around 1457-1460, for the church of Saint Zeno in Verona, commissioned by the Abbot Gregorio Correr, in order to be placed on the main altar.
The expert had also carried out the choir for the monks in the presbyter and the architectonic context where the altarpiece would be inserted. That included a window purposely open on the right, so the natural light could merge with the light from the painting.
The work, made with tempera on wood, has great dimensions (4.80x4.50m) and is formed by a triptych with the Madonna and saints and a predella (1) of three compartments, the Resurrection, the Agony in the Garden and the Crucifixion. The predella is currently dispersed between the Louvre and the Musee des Beaux-Arts in Tours. In 1797 the painting was taken by the Napoleon troops and returned in 1815, without the predella. Therefore, copies were arranged to replace the originals and these were carried out by Paolo Caliari.
The polyptych included a golden wood frame, carried out by the painter himself. The composition of the several elements got inspiration from The High Altar of Saint Anthony by Donatello, in the Basilica of Sant’Antonio in Padua, today lost.
Based on a letter sent by Ludovico Gonzaga to Andrea Mantegna, it is deduced that the commissioning of the altarpiece dates back to 1456, and that by 1460 the painter should have finished the work. The high pictorial quality and the innovative idea in which it is based, make this painting one of the masterpieces of the early years of Mantegna.
Compared to the previous Polyptych of San Luca, the San Zeno Altarpiece represents an important evolution regarding spatial planning. The saints in the Polyptych of San Luca where individually isolated, even if united by the prospective of the whole, whereas here they are introduced all together, gathered around the throne with the Virgin and Child. The altarpiece is conceived as single space, true and truly theatre of the sacred representation, in a spectacular classic stage design.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece. 1457-60. Verona, Saint Zeno Church
In San Zeno's Altarpiece, Andrea Mantegna painted the "holy conversation" where the Madonna with Child, eight saints and nine angels are portrayed. As all the other elements of the composition, also the characters answer to precise iconographic requirements.
The Madonna with Child Enthroned, at the center of the representation, is where the link between past and present is focused. Mantegna chose the "nikopoia" iconography (the Madonna frontally seen, seated in the throne with the child on her lap, in a presentation action), the same used by Donatello in the Altare del Santo in Padua. But the origin of this type of representation is much older, it tracks down the Byzantine images and, going back further, the images of matrons in the old roman tombs.
The saints, accurately chosen by Abbot Correr, who ordered the work, are the patron saints of Verona, portrayed to indicate their "real presence", as the city protectors, according to the Christian thinking.
To the left are Peter, Paul, John the Evangelist and Zeno and on the other side, Benedict, Lawrence, Gregory and John the Baptist. Most of them are portrayed with a book in their hands to underline the intellectual component of the Benedictine concept, according to which the time should be dedicated to studying and to the "lectio divina" (divine reading).
The characters are "heroical", made monumental by the perspective with a lowered point of view and from their powerful plasticity. They manage to be solemn and composed in their gestures and in their nonchalant air, or absorbed in their reading and meditation. They are discerned either by their different personality and physiognomy, or by their energetic dissonance of the contrasting colours. Everyone gathers in impeccable order around the Madonna's throne, their positioning following the same perspective rules to which answers the majestic architecture.
As stylistic models, Andrea Mantegna’s San Zeno Altarpiece offers several references, belonging both to the late Gothic and Renaissance styles, although restrained between the pictorial experience of the 13th Century and the Venetian region.
The first among these is the example offered by The Altarpiece of the Four Church Fathers made by Antonio Vivarini and Giovanni d’Alemagna in 1446 and today housed at the Accademia of Venice. This late Gothic style painting about the holy conversation, was developed on three major panels with Madonna Enthroned, four musical angels and four saints. Even the golden frame and the division of the space in three sections seem to have been taken from Mantegna’s, to keep a certain link with the tradition of the medieval Polyptych.
But next to these, the reference to the Altar del Santo made by Donatello for the Basilica of Saint Anthony of Padua emerges in an evident way.
Scholars still don’t have it very clear if the connection between the young Andrea and the great Florentine master, working in Padua from 1443 to 1453, has been a direct one or rather mediated through his pupils. Surely the work left by Donatello in Padua must have been studied and analyzed with great attention by Mantegna, who was completing his training in this city, and was starting his first works. In any case, it is interesting to consider that while Andrea was engaged in the making of the frescos of the Ovetari Chapel, Nicolò Pizolo, in 1448, was planning an altarpiece for the same see, which was carried out in bas-relief by Giovanni from Pisa, a sculptor pupil of Donatello. It was a terracotta covered in bronze.
But the link of the San Zeno Altarpiece with the Altare del Santo is even more impressive if the whole composition of Mantegna’s painting is compared to the reconstruction that the scholars made (specially Heidenreich) of the whole sculpture from Donatello. In both works, the figures are placed in a classical architectonic space and share the same perspective settings, according to the new renaissance vision of the holy conversation. Such solution will have an important development during the Renaissance, interpreted by artists with a great quality personal vision. Among the most extraordinary examples, Mantegna’s model will be found, for example: in Brera Altarpiece, carried out in 1474 by Piero della Francesca; in San Giobbe Altarpiece, from the Accademia of Venice, dating back to 1487, by Giovanni Bellini; and in the San Zaccaria Altarpiece, from 1505, in the homonymous church in Venice.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece. Detail with Madonna with Child Enthroned.
1457-60. Verona, Saint Zeno Church
The centerpiece of the San Zeno polyptych depicts the Madonna with Child Enthroned. The scene is adorned by nine angels, represented by classic cupid features that gather around the throne in dynamic poses, singing and playing lutes. Behind the throne, a hedge of roses can be seen, which reminds of a “hortus conclusus” (enclosed garden) and recaptures the typically gothic subject of the Virgin in the Garden, alluding to the sacred place dedicated to the Madonna.
The colours have bright and vibrant tones; the decorative richness and the profusion of gold, also seen in the frame, allude to the “victory” subject, together with the multicoloured festoon and the wheel of fortune that stands above the throne.
But above all, it is the Madonna with Child in the “nikopoia” (bringer of victory) typology that underlines the meaning of victory, something already proposed by Donatello in his Altar of the Basilica of Saint Anthony in Padua.
The iconography of the Madonna nikopoia (Victorious Madonna) has taken shape following the Council of Ephesus where the dogma of Mary as Mother of God and the incarnation of Christ became consecrated.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece. Detail with Madonna with Child Enthroned.
1457-60. Verona, Saint Zeno Church
According to this image, the victorious Madonna sits on the throne and shows her son, offered for the salvation of men.
In Mantegna’s paint, the Madonna has an engrossed expression and as if resigned, she shows the Child with a firm hold and a gesture that indicates the offer of the Son of God. The Child, standing, latches on to the neck of the mother and places his little hand on hers while turning his gaze on the opposite direction, with a melancholic expression, similar to the angels’.
The wheel above the throne is directly linked to the rose window of the Church of Saint Zeno, with twelve spokes, symbol both of the cosmos and of the eye of God. It carries the meaning of the source of light and eternal life, but it also refers to the cyclicity of existence and nature through the seasons and the subject of fortune.
Under the oriental rug, at the foot of the throne, something like a sarcophagus can be seen. It is decorated in classic manner, with two clypeus-bearing cupids. Also this is a symbolic detail, indicating the connection between altar and sepulchre, alluding to the subject of the sacrifice of Christ. The throne above the altar-sepulchre indicates the victory over death, represented by the resurrection. These meanings are also confirmed by placing the Crucifixion in the lower predella (1), right in axis with the altar’s Madonna and between the Agony in the Garden (on the left) and the Resurrection (on the right).
From the top of the centerpiece, an egg-shaped light and two festoons hang down, with plenty of fruit and flowers that pour from two red cornucopias, a classic symbol of fortune and abundance.
These elements re-connect to the triumphalist and apotropaic subject represented in the classic ornaments of the friezes and pillars.
In San Zeno Altarpiece, Andrea Mantegna inserts eight patron saints from Verona, almost all portrayed as reading or holding a book, a clear reference to the importance of intellectual life under the Benedictine concepts.
The saints portrayed on the left compartment are, from left to right: Peter, Paul, John the Evangelist, and the patron Zeno, to whom the opera is dedicated. Zeno is in an important position: he is to the right of the Madonna and he wears bishop’s clothes. He can be recognized even if he is portrayed without a fish, his traditional attribute. The scholars have not yet been able to identify to which subject the three medallions, seen on the top of the pillars, refer to.
In the right compartment, again starting from the left, the first figure besides the Madonna is Saint Benedict, very similar to the one that Mantegna had already painted in the San Luca Polyptych. Then follow saints Lawrence, Gregory and John the Baptist, and for them the artist seems to keep the traditional attributes with which they are known. Also in this panel, the medallions are difficult to interpret: two figures unidentified can be seen on the medallion on the back pillar; two others on the one behind Saint Lawrence. In the last one however, we can recognise a scene of the “Tritone con ninfa”.
It refers to the classical images of the marine divinity and which Mantegna will re-take in the painted decoration of the Gonzaga Castel, near Mantova.
The predella (1) of the San Zeno Altarpiece is composed of three panels telling the Passion of Christ, today divided and kept in the Museum of Fine Arts in Tours and in the Louvre. In this part of the Polyptych Andrea Mantegna’s style reveals his most dramatic level, through the tension that seems to radiate from the figures and from the nature. The characters are built with solid bodies and with compact consistency, animated by a particular energy. The landscape, with rocks ploughed by erosion, is made even more rugged by a hard and fine drawing that describes analytically each detail and do not spare even the clouds that cross the sky in an intense contrast of blue and white. The expressiveness of Mantegna’s sure and implacable line don’t omit anything, dwelling on each pebble, each crack, each streak of a leaf; and on his characters, the hair, the wrinkles, the veins, the creased drapery, so to render effectively the pain and the drama of the fate of Christ.
Consistent with the superior panels, the compartments of the predella are organized according to a unique perspective setting, that unite the single elements through the central perspective, with its vanishing point placed in the centre of the Crucifixion.
Set in a landscape of hills and rocks, the left panel portrays the scene of the Agony in the Garden. It is kept in the Museum of Fine Arts in Tours. The composition, in diagonal, leads the spectator eye towards the bottom right angle, where the sleeping apostles are, in the foreground, and with Christ knelling in prayer.
The contrast of colours is very efficient, in the dark green of the hill against the light of the sky, where the shapes of the trees stand out.
The central panel of the predella is the Crucifixion, today kept in the Louvre. It is the most intense and dramatic scene of the whole Polyptych and admired at all times. It was the subject of studies and copies by many artists up to the modern age. One of the most famous copies is the one by Degas.
On a “X” shape composition, vertical lines of the three crosses develop, pushing to the top limit of the panel, fine and opposing the broad empty sky space. On the bottom of the painting, the rocks and the bystanders communicate the emotional contrast between the idea of confusion, the voice and the crowd of characters and the solitude and the silence of the pain and the death of the three crucified figures.
On the left are Maria, San Giovanni and the disciples of Jesus, who cry his death. On the right the Pharisee and the roman soldiers gamble Jesus clothes on a dice game.
The scene is placed on a desert landscape with scaly rocks that that rise from an arid ground, covered by cracks.
On analysing the work, the scholars noticed several stylistic cues and quotations. For example, the fiery horse between the two crosses on the right seems to refer to the model that sculptor Baroncelli had presented in 1443 for his Monument to Niccolò III in Ferrara.
The characters facing each other in the centre, according to Casemasca, seem instead to come from a thorough knowledge of Nordic painting.
The right panel of the predella, dedicated to the Resurrection, is kept in the Museum of Tours.
According to Tietze-Conrad, it is a panel where the intervention of Mantegna is minor and the painting was mainly done by helpers. Mantegna touch seems to appear only in the central image of the resurrected Christ. Even the perspective of the scene doesn’t show the usual strictness of Mantegna: the vanishing lines of the sarcophagus do not correspond to the ones of the ground.
Scholars have highlighted also some reference with works from Andrea del Castagno and from Piero della Francesca.
Mantegna’s San Zeno Altarpiece, kept in the homonymous church in Verona, is one of those masterpieces that impress above all for the high pictorial quality. In its expressive truth, each form is accurately defined in its outline, fully developed in its volume and made of a consistent hardness, similar to that of the metal or the stone. But the quality of the colour and the light is what strikes most and exalts each component of the painting. Andrea Mantegna chose a range of rich and lively colours, distributed in the whole scene, on the details and decoration. The colours, together with the light and with the chiaroscuro, are orchestrated in a harmonic and spectacular way. They call for attention and emotional involvement.
To the left, the harmony of the red and yellow of Saint Peter's clothes, enlivened by the light, come up full of energy and represent a strong visual call that captures the eye and leads inside the painting. It is then followed by the perspective, to complete a semicircle that develops from the left of the panel's surface, follows to the back in the centre, and leaves on the right, again to the surface.
Mantegna obtains other chromatic ignition either by using the contrast of warm and cold colours or by using quality contrast, that is, approaching pure tones, saturated of colour, in dim light areas. For example, the incredible phosphorescent effect of the red-orange scabbard of Saint Paul, the red cuffs of Saint Zeno's cope, the clothes details of the angels and the Madonna, the green lines of Saint Lawrence grill, the embroidery of Saint Gregory clothes, and also the rug, the cornucopia, the fruit garland and the frieze.
Next to these, other chromatic effects are visible in the luminous reflections, where the colour is softened by a suffused light, warm and gold.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece.
1457-60. Verona, Saint Zeno Church
The environment where Mantegna’s Pala di San Zeno characters live is a monumental classic scene formed by a quadriporticus with architraves supported by columns and rosette-coffered ceiling.
The internal pillars show polychrome marble reflections and their tops are decorated with medallions displaying mythological figures. The trabeation is enhanced with high frieze cupids and vegetables festoons, palms and medallions on a golden background.
On the foreground, hanging from the trabeation, the rich decoration of flower and fruit cornucopias and festoons is painted with lively colours and extreme faithfulness to the real, with a trompe l’oiel effect.
On the perspective grill established from the architectonic set, Mantegna builds a perfect “emotional involvement machine” from the spectator. Each element, from the whole to the small details, has to contribute to the functioning of a space of maximum visual impact, which tends to develop both in the depths of the background and in the foreground.
In the background, the space seems to develop beyond a deep rose garden, where a calm sky can be seen, blue with white clouds, also these seen in perspective.
In the foreground, the festoons, the architrave and the saints are painted as if they are leaving the pictorial space to come ahead towards the spectator. The eight saints arranged in two lateral formations are elements in perspective with great effectiveness expression: above all, the expedient of Saint Peter to the right, whose mantle of extravagant drapery seems to overflow the painting; and John the Baptist, absorbed in his reading, with his feet protruding beyond the paving, as if he is in a position ahead the surface of the painting. The idea that Mantegna guides is therefore the one to create continuity between the reality and the painted space.
The frontal pillars correspond to the ones carved in the golden frame, a fusion between painting, sculpture and architecture that transforms the traditional idea of the triptych in a unitary spatial vision, particularly innovative.
The frame, with complex finishing, is an important element of the work, because it coincides with the perspective construction, but by identifying itself with the foreground, it offers also a classic architectonic placement to the sacred scene. Besides, it contributes to create the unity of the scene and to underline the monumentality of the figures due also to the lowered point of view.
The classical decoration lavished by Andrea on the architraves an the porch pillars develop a repertory full of symbols that allude to the Triumph, the Fortune and the Immortality, seen in the roman sarcophagi and again in the Christian times.
For example Mercury and Pegasus have a greeting and apotropaic strength; the fruit and flower festoons, together with the cupids, nereids and tritons, besides being symbols of fortune and abundance, refer to the Christian meanings of resurrection and eternal life. In the centre, also the egg symbol can be seen, indicating the birth and universal perfection, usually linked to the Madonna and the Immaculate Conception.
The link between the painted space and the exterior space fuses also with the link between the classic myth and the Christian sense according to a fundamental connection between story and reality, past and present.
The classic cupids carved on the architrave become musical angels around the Madonna; the decorative festoons of the frieze become real fruit and flower in the festoon of the foreground.
Andrea Mantegna. San Zeno Altarpiece. Detail. 1457-60. San Zeno Church, Verona.
In his San Zeno Altarpiece, Mantegna faces the subject of human labour and art, understood as a craft and spiritual activity, starting in the natural matter, transforming it and exalting it.
The art understood as practice to the brain, manual ability, passion and tension of the spirit, is highlighted as the careful and patient work of the artist, capable of making any matter look precious and rare. Therefore, Mantegna’s refined pictorial realism carves the relief of the architrave, sculpts the marble of the throne, pierces the disc in the shape of a wheel, weaves the rug and the fabrics, embroiders the clothes, intertwine the garland and draws the architecture.
Mantegna makes this choice process visible, where all the matter offered by nature can be transformed with the hand and wisdom of the man. And so he paints every detail with a great fineness, trying to render not so much the appearance and the aspect of things, but the quality, like the consistency, the purity, the transparency, the energy, the warmth and the light. Therefore the shapes are plastic and built with accuracy, consistent like a stone, the drapery is thick, rough, sliced in tiny folds accurately defined. The colours are bright, developed in thousands shades, full of energy, pure and dissonant.
A. Cocchi
Trad: A. Sturmer
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A. Blunt Le teorie artistiche in Italia dal Rinascimento al Manierismo. Piccola Biblioteca Einaudi, Giulio Einaudi Editore, Torino 1966
G. Cricco, F. Di Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 2, Zanichelli Bologna 2004
G. Dorfles, S. Buganza, J. Stoppa Storia dell'arte. Vol II Dal Quattrocento al Settecento. Istituto Italiano Edizioni Atlas, Bergamo 2008