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Opere della società di Donatello e Michelozzo

In nove anni di lavoro in società Donatello e Michelozzo hanno realizzato opere a Firenze, Roma e Napoli. L'attività dello loro bottega è stata importante non soltanto per gli stessi maestri, ma ha svolto un ruolo fondamentale dper la formazione di molti giovani artisti.

Le opere della società di Donatello e Michelozzo

 

Nei nove anni della loro società, Michelozzo e Donatello hanno condiviso le commissioni ricevute da ciascuno per affrontare meglio gli impegni e dividersi i carichi del lavoro anche in base alle rispettive inclinazioni. In genere Michelozzo si è occupato dei progetti complessivi e delle parti architettoniche oltre a diverse sculture, Donatello ha invece eseguito singole statue e rilievi.
Nel loro gruppo hanno lavorato anche diversi collaboratori, sappiamo infatti che la bottega di Michelozzo e Donatello offriva lavoro a diversi giovani artisti che imparavano lavorando a contatto con i maestri più esperti. 

Tra i lavori eseguiti in comune tra i due artisti, si possono ricordare la Tomba dell'Antipapa Giovanni XXIII, Baldassarre Coscia per il Battistero di Firenze, il Monumento funebre di Rinaldo Brancacci nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo a Napoli, il Monumento sepolcrale per Bartolomeo Agazzi nel Duomo di  Montepulciano, il Pergamo esterno del Duomo di Prato, il Tabernacolo del Sacramento nella Sagrestia dei Beneficiati nella Basilica di San Pietro a Roma.

 

Di seguito sono riportati alcuni approfondimenti sui lavori condotti dalla società.

 

Tomba dell'Antipapa Giovanni XXIII, Baldassarre Coscia

 

Costituita da un anno la loro società, Donatello e Michelozzo, tra il 1425 e il 1427, eseguirono la Tomba dell'Antipapa Giovanni XXIII, Baldassarre Coscia per il Battistero fiorentino di San Giovanni, la più prestigiosa tra le importanti commissioni ricevute dai due artisti.

Eletto papa nel 1410 con il nome di Giovanni XXIII, il cardinale  Baldassarre Coscia appena cinque anni dopo, in occasione del Concilio di Costanza, era stato deposto e imprigionato.  Venne liberato da Giovanni Bicci dei Medici, amico personale del Coscia e sostenitore della sua ascesa al papato. Nonostante la sua deposizione ufficiale, molti contemporanei continuarono a considerarlo il papa legittimo, tra questi anche Martino V eletto papa dopo di lui nel 1417. Baldassarre Cocsia morì in miseria a Firenze nel 1419 e i suoi esecutori testamentari, tra i quali Govanni Bicci e Niccolò da Uzzano provvidero alla sua sepoltura finanziando  lavori. Anche la collocazione e le caratteristiche del monumento funerario comportò parecchie cntroversie, ma alla fine si riuscì a trovare  una soluzione. La Tomba venne realizzata all'interno del Battistero di San Giovanni, nello spazio ristretto tra una coppia di antiche colonne romane.

Non è stata mai ritrovata la documentazione inerente all'incarico e ai pagamenti dei due artisti, e anche la questione delle attribuzioni è stata a lungo dibattuta.
In base alle conoscenze attuali, sembra molto probabile che il progetto complessivo spetti a Michelozzo, il quale risolse con eleganza l'inserimento del monumento funebre nello spazio ristretto tra le due imponenti colonne sviluppando una composizione in verticale. Anche alcuni disegni preparatori riguardanti diverse decorazioni a bassorilievo appartengono a Michelozzo: si tratta delle tre Virtù teologali inserite nelle nicchie sul basamento, dei due Angioletti reggicartiglio sul sarcofago e della Madonna col Bambino posta sul coronamento.

A Donatello è stata sicuramente affidata l'esecuzione della figura distesa del Coscia in bronzo dorato. Anche il tendaggio che si apre per inquadrare la figura del defunto in maniera regale, sembra essere un'invenzione di Donatello, ha la funzione di dare spazio alla statua del giacente offrendo più respiro sia in avanti che sui lati.
La statua dell'antipapa è posta su un austero lettino sostenuto da due leoni, la testa è appoggiata su un cuscino. Veste abiti vescovili, molto eleganti e composti con cura. Le pieghe sono molto sottolineate dalla lavorazione, hanno un andamento ondulato e un profilo aspro.
Colpisce soprattutto l'espressione del volto, che non è distesa nel rilassamento della morte, ma accigliato, come per alludere al turbamento che aveva accompagnato il Coscia nelle vicende della sua vita, fino all'ultimo.

Nella parte anteriore del sarcofago doveva probabilmente essere posta la lastra a rilievo con l'Ascensione di Cristo e la consegna delle chiavi a San Pietro, sia perchè il tema della rappresentazione è inerente alla fondazione del papato, sia perchè venne concepita da Donatello per essere vista molto dal basso, analogamente alla posizione dell'Assunzione del sepolcro napoletano.
Il resto della tomba ha accolto l'intervento di diversi aiuti.

 

Monumento funebre di Rinaldo Brancacci nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo a Napoli.

 

Circa una decina di anni dopo l'esecuzione del San Giorgio e il Drago, Donatello realizzò l'Assunzione di Maria, un bassorilievo in marmo che si trova inserito nel Monumento funebre di Rinaldo Brancacci nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo a Napoli.
In questa scena immaginaria, come un'allegoria della "Gloria" classica, Donatello evitò di ricorrere a qualsiasi espediente geometrico per indicare la profondità, in modo da ottenere uno spazio vago, indefinito.
Nell'immagine i piani sono disposti liberamente, come se l'artista avesse disegnato direttamente sulla lastra marmorea.
Le variazioni di profondità sono quelle delle nuvole in cui si trova la Madonna, la superficie presenta lievi mondulazioni in cui sono stati scavati pochi millimetri di marmo qua e là ed è appena scalfita da segni leggeri disposti a vortice. Al centro, attorno alla Vergine, si crea una sorta di alone in cui si concentra la luce e sembra allargarsi facendo vibrare la superficie con un movimento a onde concentriche.

Fra i cirri sfilacciati e vaporosi fluttuano gli angeli che sollevano la Madonna senza sforzo, con un effetto di rarefazione delle masse e di estrema leggerezza.
La Madonna sale al cielo seduta su uno sgabello e vista di tre quarti, come nelle immagini tradizionali.

 

Pergamo di Prato

 

Una delle opere che impegnò Donatello e Michelozzo dopo la costituzione della loro società fu il Pergamo esterno della Cattedrale di Prato.

Nel 1428 venne steso il contratto, firmato da Michelozzo anche a nome di Donatello. Nel documento si legge che i due artisti avrebbero dovuto terminare i lavori entro il 1 settembre del 1429. Le richieste non furono però rispettate, perchè i lavori si protrassero molto più a lungo del previsto e anche per l'aspetto complessivo dell'opera i risultati non corrisposero a quanto stabilito nell'atto notarile. Diverse circostanze causarono l'interruzione dei lavorie l'allungarsi dei ritardi: in primo luogo il soggiorno dei due maestri a Roma durato tre anni, poi le ostilità scoppiate in Toscana in quel periodo e alcune commissioni molto impegnative assunte dalla "compagnia".

Il progetto complessivo del Pulpito di Prato spetta a Michelozzo. E' lui l'autore dell'originale soluzione architettonica del balcone con la base a tre quarti si cerchio sostenuto dalle mensole aggettanti agli angoli e da un grande capitello in bronzo. Il suo intervento si estese però anche nella lavorazione dei marmi.
Donatello è invece l'autore dei rilievi con gli angeli danzanti, gioiosi, eccitati e scarmigliati come in un baccanale antico. Queste figure rivelano lo studio dei sarcofagi romani ma possiedono un dinamismo e una vitalità inedite. Anche se i rilievi sono ottenuti in pannelli separati da coppie di pilastrini, la corsa dei festosi angioletti appare continua e sembra proseguire anche dentro al muro della chiesa. Questi motivi verranno riproposti e sviluppati da Donatello anche nella Cantoria del Duomo di Firenze.

 

 

 

A. Cocchi

 

 

Bibliografia

 

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