Donatello. David-Mercurio. Dett. 1430-53 ca. Bronzo. Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Il David-Mercurio di Donatello è una delle figure più enigmatiche del Rinascimento, icona della cultura classica e filosofica dell'ambiente mediceo del '400.
Il David-Mercurio è una delle più note sculture di Donatello, oggi conosciuta dal grande pubblico perché è divenuta il simbolo di un prestigioso premio cinematografico (il David di Donatello è un premio per gli attori del cinema italiano).
Si tratta di un'opera in bronzo, alta 1,58 m. conservata a Firenze, al Museo del Bargello.
Il David-Mercurio di Donatello è una delle sculture più ammirate non solo per l'originalità dell'interpretazione, ma anche per la sua evidente sensualità e per la perfezione con cui è stata eseguita. La tecnica della fusione in bronzo, con doratura e rinettatura è molto difficile, ma l'altissima qualità del lavoro nella resa morbida del modellato e nelle superfici filanti fanno di questa statua uno dei massimi capolavori del Rinascimento.
Donatello. David-Mercurio. 1430-53 ca. Bronzo.
Firenze, Museo Nazionale del Bargello
La datazione del David in bronzo di Donatello è piuttosto problematica, sia per mancanza di documenti, sia per problemi iconografici e stilistici, non ancora risolti.
Tradizionalmente l'opera era ricondotta alla prima maturità di Donatello (1430-32), mentre poi si è preferito avvicinarla al periodo padovano.
Secondo l'ultima e più probabile ipotesi, sembra sia stata eseguita per il cortile di Palazzo Medici tra il 1452-53 e destinato ad essere esposto in un giardino come simbolo della libertà repubblicana.
Escludendo il Crocifisso bronzeo per la Basilica di Sant'Antonio a Padova, dello stesso Donatello, questa sembra essere la prima statua di nudo del Rinascimento.
Il corpo dell'esile figura è sbilanciato e snodato a serpentina, con una gamba piegata e l'altra tesa a reggere il peso. La spada esagerata forma una diagonale esterna che sbilancia la composizione: è troppo grande e pesante per la sottile e sciolta figura adolescenziale. Questo voluto squilibrio compositivo suscita il senso di oscillazione e instabilità che percorre tutto il corpo, accentuato dai giochi di luce e ombra riflessi sulla superficie metallica e molto levigata e sui muscoli appena indicati.
Molto raffinata è l'attenzione di Donatello per la resa psicologica e il realismo della rappresentazione. Il David più che rinviare al personaggio della Bibbia ha la posa e l'atteggiamento spavaldo di un "monello" che ha appena compiuto una "bravata". Il volto pensoso, parzialmente nascosto e ombreggiato dalla falda del cappello aggiunge una nota di gravità all'aspetto adolescenziale e accenna un'espressione tra il soddisfatto e il malinconico. Nell'insieme risulta tutto molto naturale e spontaneo.
Il nudo è ispirato alla statuaria classica, alle figure romane di atleti, ed è simile al tipo dell'Antinoo padovano che ispirerà a Donatello altre opere appartenenti agli ultimi anni della sua attività fiorentina.
La testa di Golia, ai piedi del David, è posta sopra una corona di alloro, simbolo di vittoria.
Il contesto per il quale era stata realizzata l'opera è andato perduto, per cui ora restano incomprensibili il motivo e i significati. E' scomparso anche il basamento che avrebbe sostenuto la statua ad in posizione più alta dell'attuale.
L'iconografia, a lungo discussa, resta ancora enigmatica. Esistono diverse possibili interpretazioni.
1) Tradizionalmente è identificata come David con la testa di Golia, per secoli considerato simbolo della libertà repubblicana. Il riferimento al racconto della Bibbia corrisponde però soltanto con la rappresentazione di un fanciullo e con il sasso nella mano sinistra. Secondo l'Antico Testamento, infatti, David avrebbe ucciso il gigante Golia lanciando un sasso con la fionda e colpendolo in mezzo alla fronte. la fionda però non è rappresentata. Inoltre non convince la visiera abbassata dell'elmo sulla testa di Golia, recisa ai piedi del ragazzo. Così protetto il gigante non avrebbe potuto essere ucciso dal sasso.
2) Secondo una seconda ipotesi è vista come Mercurio vincitore su Argo. In una delle versioni del mito classico Mercurio si legge che uccise Argo scagliandogli contro un sasso e Giunone insieme agli Amorini gli tolse gli occhi per decorare la coda del pavone, animale a lei sacro.
Osservando la figura si nota il cappello con le falde degli antichi viaggiatori greci: tipico attributo del dio, protettore dei mercanti e dei viaggiatori. La nudità quasi completa si può riferire alle rappresentazioni classiche delle divinità. Il sasso nella mano sinistra ma senza la fionda; la testa ai suoi piedi con l'elmo e senza il segno della percossa non può essere di Golia, ma Argo. Sull'elmo è anche rappresentato un rilievo con gli amorini sul carro che potrebbero riferirsi al mito di Mercurio.
3) Allegoria dell'Amore Celeste in riferimento al Simposio di Platone. In questo testo Eros è descritto come un fanciullo. Viene anche indicato il collegamento agli otto tondi eseguiti da Michelozzo sugli archi del Cortile di Palazzo Medici: si tratta di versioni ingrandite dei cammei della collezione medicea. Uno di questi raffigura il "Trionfo dell'Amore Platonico", tema che sembra quello ripreso nel rilievo sull'elmo della testa ai piedi della statua. Se l'opera fosse stata eseguita per il Cortile di Palazzo Medici (costruito da Melozzo, allievo di Donatello, tra il 1444 e il 1450), la chiave del significato iconografico andrebbe ricercato in rapporto a quell'ambiente.
Comunque è piuttosto evidente la sensualità deliberata con cui è interpretato l'agile corpo di efebo; la compiaciuta descrizione anatomica e la sua inquietante ambiguità. Tutti elementi che hanno fatto pensare ad un'interpretazione sensibilmente erotica del soggetto.
4) Un'ultima interpretazione è quella dell'Allegoria della Verità che sconfigge l'Invidia.
A. Cocchi
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