Donato Bramante. Coro di Santa Maria presso San Satiro. 1482-86. Milano. Foto di Fabio Omero
Applicando i principi illusionistici della prospettiva ad un’architettura reale, Bramante propone una soluzione ingannevole e scenografica, ma fortemente suggestiva.
Dal 1482 al 1486, Donato Bramante , su richiesta di Ludovico Sforza, cura la sistemazione della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano e ne rinnova anche il battistero.
La chiesa di Santa Maria era un antico oratorio di forma stretta e allungata, adiacente al Sacello di San Satiro, di epoca carolingia. Bramante progetta un edificio a croce commissa a tre navate, che domina il vasto corpo longitudinale e un transetto sovrastati da monumentali volte a botte. Una grande cupola emisferica a cassettoni, sovrasta l’incrocio tra i corpi della chiesa , coordinandoli in modo da ottenere un impianto fortemente centralizzato. La soluzione architettonica della cupola e quella delle navate laterali, risentono invece dell’influenza brunelleschiana.
E’ un interno grandioso per il rapporto tra lunghezza e larghezza, memore di quello albertiano di Sant’Andrea a Mantova. La cupola non è visibile all’esterno, perché nascosta dal tiburio.
La pianta a croce commissa faceva risultare la chiesa sbilanciata, poiché non era stato possibile costruire una cavità absidale sufficientemente profonda per la presenza di una strada, via del Falcone, che corre all’esterno e impediva lo sviluppo in lunghezza dell’abside. La terminazione improvvisa dello sviluppo della chiesa, con un muro pieno dietro all’altare senza coro e senza una vera abside, creava un effetto sgradevole di interruzione troppo brusca.
Il problema viene risolto da Bramante con un finto coro in stucco dipinto che razionalizzasse l’intera struttura. Esso quindi si pone come una sorta di supporto psicologico all’equilibrio della cupola, che altrimenti sarebbe apparso precario. Infatti, secondo le normali regole costruttive, una cupola ha bisogno di ampie strutture (navate, transetti, cori, absidi, absidìole) tutt’attorno, affinché le tensioni che essa genera possano essere efficacemente contrastate. Allo stesso tempo, il finto coro ricompone visivamente quel senso di dilatazione spaziale di cui la cupola è il centro e che il muro pieno avrebbe arrestato troppo bruscamente, e riequilibra lo spazio maestoso del resto della chiesa. L’intervento di Bramante si gioca tutto in uno spazio esiguo di soli 90 cm., ma riesce a creare l’immagine di un’abside monumentale, profonda e coperta da volte a botte con cassettoni. Bramante, conoscendo a fondo la prospettiva, riesce a mascherare la mancanza di spazio con un coro illusionistico. Applicando i principi illusionistici della prospettiva ad un’architettura reale propone una soluzione ingannevole e scenografica, ma fortemente suggestiva. Realizza un perfetto trompe l’oeil sulla parete retrostante l’altare della navata maggiore, che dà l’impressione di proseguire, tramite un braccio longitudinale con volta a botte, la navata centrale.
Questo non è solo un artificio, è il modo in cui il Bramante riequilibra gli spazi della chiesa a croce commissa, assimilandola ad una croce greca.
La percezione visiva è di una magnifica vastità spaziale, seppure creata dalla prospettiva di una parete dipinta e modellata a stucco con un bassissimo rilievo, sull’esempio dello schiacciato donatelliano.
A conferire maggiore “realtà” alla finzione, contribuiscono anche gli ori luminosi, i fregi azzurri, il cotto e la profusione di decorazioni. Bramante crea una spettacolare rappresentazione di spazio in una fusione tra strutture reali e illusionistiche suggerite dall’arte prospettica. Se ci troviamo nella chiesa nel punto di vista giusto, l’illusione e perfetta e l’effetto è spettacolare.
La soluzione di San Satiro mostra che in questa fase Bramante vede ancora l’architettura con gli occhi del pittore.
A orientarlo verso l’impiego di forme architettoniche possenti e classiche e verso una concezione organica delle masse strutturali, tale che ogni parte dell’edificio risultasse in armonico equilibrio con tutte le altre e la funzione statica dei vari elementi progettati fosse chiara, contribuirono in seguito si alo studio del trattato vitruviano, sia quello degli edifici dell’antichità classica e tardo-antichi milanesi. Di sicuro effetto furono senza dubbio anche le discussioni con Leonardo che, tra gli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento, aveva maturato uno spiccato interesse per l’architettura - specie per quella a pianta centrale – e per la resistenza delle strutture.
Un esempio del mutamento d’indirizzo e dell’evoluzione stilistica di Bramante è rappresentata dalla Tribuna di Santa Maria delle Grazie a Milano. Bramante vi lavorerà dopo l’intervento nella fabbrica del Duomo di Pavia, in cui collabora con i principali architetti locali.
A. Cocchi
N. Pevsner Storia dell’architettura europea. Il Saggiatore, Milano 1984
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