Medardo Rosso

 

Medardo Rosso. Carne altrui. 1883-1884 Cera.  Mart, VAF - Stiftung, Rovereto
Medardo Rosso .Carne altrui .1883-1884. Cera, cm 41 x 36 x 15 Mart, VAF - Stiftung, Rovereto

 

In una sorta di continuità tra forma e ambiente, le sculture di Medardo Rosso sembrano sfaldarsi sotto l'azione della luce e dell'atmosfera. 

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Approfondimenti / Opere

Cenni biografici e attività artistica

 

Medardo Rosso nasce il 21 giugno del 1858 a Torino. E' l'ultimo dei 3 figli di Domenico Rosso, funzionario delle ferrovie, con il quale non avrà  mai un rapporto sereno e Luigia Bono. Nel 1870 si trasferisce con la famiglia a Milano e nel 1873 frequenta il collegio Convitto San Carlo a Cirié nei pressi di Torino, dove riceve il primo premio per il disegno al corso tecnico.
Nel 1879 viene chiamato alle armi e nel 1880 è nominato caporale furiere ed è assegnato al deposito di Pavia. E' a questi anni del periodo militare che risalgono i suoi esordi come scultore e come pittore, dipinse dapprima dei personaggi e degli interni di chiesa, poi essendo ancora nell'esercito si dedicò alla scultura che non lasciò più. Dopo 36 mesi di servizio, nel 1881, ottiene il congedo e da Pavia si reca immediatamente a Milano. Nel 1882 si iscrive alla scuola di nudo e di plastica all'Accademia delle belle arti di Brera. In quegli anni a Brera si studiano le forme modellate sulle regole degli antichi greci, con i canoni dell'armonia, della proporzione, della bellezza ideale; ma sono canoni troppo rigidi, stereotipi troppo freddi e vuoti per lo spirito esuberante e incontenibile di Rosso. Nel 1883 viene espulso da Brera per la sua avversione nei confronti dell'insegnamento accademico. Per il suo temperamento ribelle e anarcoide, la sua formazione culturale fu condizionata dai valori formali degli esponenti della Scapigliatura, con caratteristica attenzione al luminismo, soprattutto nel rifiuto dello stile accademico e nel bisogno di guardare alla realtà  concreta circostante con occhio lucido e spregiudicato, rifiutando lo schermo delle vecchie retoriche. Questo suo spirito innovatore si manifesta per la prima volta al  concorso per il Monumento a Giuseppe Garibaldi. La sua interpretazione è quanto mai originale: egli infatti non rappresenta l'uomo, l'eroe dei due mondi e condottiero dei mille ma interpreta lo spirito delle gesta garibaldine, l'ardore e la forza del popolo che lo ha accompagnato e sostenuto in nome della nazione. I suoi primi lavori si collocano anche per questo nel solco del verismo da cui si scosterà  progressivamente per iniziare una ricerca del tutto autonoma. Nel 1884 si reca per la prima volta a Parigi dove entra in contatto con altri impressionisti e poi fa ritorno a Milano per sposarsi con Giuditta Pozzi dalla quale avrà  un figlio registrato all'anagrafe con il nome di Francesco Evviva Ribelle. Proprio alla moglie e al figlio dedicherà  una delle sue prime sculture intitolata Aetas Aurea, una splendida composizione con madre e bambino.
Nel 1885 è di nuovo a Parigi per rimanervi fino al 1914, in contatto con le più avanzate ricerche post-impressioniste. Qui entra in contatto con Auguste Rodin, scultore affermato, che rimane molto colpito dall'arte dell'italiano; Rosso donerà  a Rodin una sua opera intitolata La Rieuse per riceverne in cambio un Torso e poi il Vitellio, uno dei due pezzi di "paragone", come lui stesso li definiva, eseguiti in modo classico per istituire un confronto costruttivo ed esemplificatore tra antico e moderno, tra staticità  e movimento, tra morte e vita. Un confronto traducibile nello stesso rapporto di continuo stimolo-antagonismo di Rosso con la statuaria di Rodin.
Lontano dall'idea di una statuaria monumentale, Rosso realizza opere di piccolo formato, con le quali riesce nell'impresa quasi impossibile di portare l'impressionismo in scultura. Lo stile della scultura acquisisce gli aspetti "disfatti" della pittura, le opere perdono la levigatezza neoclassica per trattenere nelle loro forme quel gesto mosso dell'azione modellante, vibrante di un luminosismo pittorico.
Le forme dei suoi lavori divengono via via più imprecise e sfuggenti, creando una sorta di continuità  tra statua e ambiente. Obbiettivo di fondo della sua scultura è la registrazione oggettiva dell'impressione della luce che si posa sugli oggetti: non una raffigurazione formale delle cose ma, la restituzione plastica dell'effetto della luce e dell'atmosfera con il disfacimento della materia che ne consegue. Per questo suo sfaldamento della materia, ricorre spesso alla cera, sostanza molto più agevole da spalmare nei dettagli e capace, con la sua luminosità  di rendere il gioco di "non-finito".
Rosso, pur partendo dall'immediatezza dell'espressione visiva, si proponeva di superarla, nel tentativo di cogliere l'intima essenza della materia.
I suoi primi lavori mantengono una buona adesione al vero e hanno spesso come soggetto gli umili e il proletariato, i soggetti legati alle problematiche sociali diffuse nell'ambiente milanese. Uno di questi primi temi fu ripreso dalla realtà  quotidiana dello stesso autore, denominata "La portinaia".
In seguito, senza smettere la ricerca sui tratti fisionomici ed anche il contenuto di denuncia sociale, l'artista cerca di compensare la descrittività  della statua nel fluttuare della materia, nella ricerca sulla dissoluzione della forme, in opere come Il bookmaker.
L'ultima attività  di Rosso, porta a conseguenze estreme gli assunti di queste ricerca; ne è espressione l'opera intitolata Madame X, nella quale scompare qualsiasi traccia di verismo attraverso una quasi totale dissolvenza di tratti fisionomici che trasforma il ritratto in vera e propria impressione più che un'opera di tattile matericità.
Sul finire degli anni '20, smette di scolpire per dedicarsi alla fotografia. Proprio a causa di un incidente, avvenuto nello studio con una lastra fotografica, Medardo Rosso muore a Milano nel 1928.

V. Zangari

 

 

Bibliografia

 

 

 Scritti sulla scultura. A cura di Lorella Giudici, edizioni Abscondita.
 

 

 
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