Crocifisso di San Vittore di Cesena

L'antica Croce cesenate

 

Una delle più antiche testimonianze di arte medievale presente nel territorio cesenate è la Croce dipinta della Chiesa di San Vittore. Si tratta di una tempera su tavola realizzata da un artista rimasto tutt'ora anomimo. La datazione è molto controversa: secondo diversi studiosi l'opera dovrebbe risalire al 1280-90 ca., mentre altri ritengono invece questo lavoro possa essere stato eseguito almeno un ventennio prima, nel 1250-60 ca.

 


Anonimo. Crocifisso. sec. XIII. San Vittore, Cesena
Fonte: Catalogo Federico Zeri.

 



Il Crocifisso di San Vittore si basa sull'iconografia del Christus Patiens, Il Cristo sofferente, rappresentato agonizzante sulla croce che si è diffuso in Italia dopo sostituendosi alla tipologia più antica del Christus Triumphans (un esempio di questo tipo è il Crocifisso di Alberto Sozio nel Duomo di Spoleto). L'immagine del Christus Patiens è stata diffusa dopo la predicazione di san Francesco dagli ordini monastici, soprattutto dall'ordine francescano, che mette in rilievo la natura umana di Gesù rispetto a quella divina, soprannaturale (per approfondire vedi: Croci dipinte).

La croce è sagomata, presenta una serie di dilatazioni di forme squadrate, eccetto la cimasa circolare, ed è racchiusa da una cornice dorata che ne segue il profilo segmentato. Ogni figura è rappresentata in maniera stilizzata e astratta ma con caratteristiche che rendono i personaggi ben riconoscibili e i gesti molto chiari e comunicativi.
La figura di Cristo è centrale e di dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi, secondo un principio di rappresentazione gerarchica.
Il corpo inarcato, la tensione muscolare e il diaframma rialzato rinviano all'ultimo spasmo dell'agonia e la testa già abbandonata su una spalla indica il sopraggiungere della morte. Anche il viso solcato da rughe e deformato dalla smorfia di dolore, insieme al sangue che cola dalle ferite, sottolineano il concetto del martirio di Gesù e si ricollegano al tema del sacrificio cristiano.

Il busto, visto leggermente di tre quarti rispetto alle braccia poste frontalmente e la gamba sinistra più vicina e sovrapposta all'altra, suggeriscono un lieve accenno di volume e distaccano il corpo rispetto alla superficie piana della croce, evidenziata dalle decorazioni geometriche e dai colori a contrasto. Anche le pennellate circolari sul ventre e i panneggi, per quanto resi con linee molto schematiche, alludono alla rotondità del corpo e indicano una certa volontà di rendere un po' più concreta un'immagine che è comunque concepita come un'icona sacra.
Se si osserva la figura di Gesù nel suo insieme si riconosce il disegno a "T", il tau, l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico. Il tau per il cristianesimo è il compimento della Rivelazione, simbolo della salvezza divina della vittoria di Cristo sul male. Venne adottato già dai primi cristiani ma fu ripreso soprattutto dall'ordine dei francescani anche come segno di appartenenza a Cristo.

Nei due terminali, i quadretti alle estremità dei bracci della croce, sono rappresentati due personaggi piangenti che secondo la tradizione evangelica erano presenti alla crocifissione: Maria, la madre di Gesù che guarda lo spettatore mentre si asciuga le lacrime con il suo mantello e indica il crocifisso; Giovanni evangelista che guarda Gesù e tiene in mano il Vangelo. In alto Sopra l'iscrizione in caratteri dorati una cornice rotonda inquadra il Cristo Redentore benedicente, rappresentato a mezzo busto, secondo la tradizione bizantina e con il Vangelo in mano. Ognuna di queste figure indicano Gesù Cristo e il Vangelo come la via per la salvezza e la vita eterna.

 



Le croci nella pittura romagnola del Duecento

 


Il Crocifisso di San Vittore fa parte di una tipologia che è propria della pittura medievale italiana. I crocifissi dipinti comparvero a partire dall'XI secolo e si sono moltiplicati con il diffondersi della pittura su tavola tra l'XI e il XIII secolo. L'incremento in questo periodo della pittura su supporto ligneo e la contemporanea relativa diminuzione della pittura murale sono connessi agli sviluppi dell'architettura romanica. Le strutture architettoniche delle chiese di quegli anni divennero in genere più ricche, articolate, complesse rispetto lle precedenti forme paleocristiane e buizantine. Le finestredivennero più piccole e più rare, gli interni, di conseguenza divennero più bui. Il crescere delle zone d'ombra negli interni delle chiese ha comportato la diminuzione degli affreschi che vennero destinati ai punti più illuminati e più visibili. Un'altra ragione è anche dovuta alla scomparsa di molte chiese medievali in Romagna o alle trasformazioni delle chiese più antiche con la conseguente perdita di pareti affrescate.
Comunque, ai grandi crocifissi dipinti, tra XI e XIII secolo si affiancarono anche altri tipi di pittura su tavola, come i trittici e i dossali d'altare. Tutti questi, comprese le croci, avranno poi nuovi sviluppi nei secoli successivi, specie a partire dallo stile gotico.

In Romagna un interessante gruppo di crocifissi trecenteschi è quello dell'area di Rimini, dove si trovano opere di qualità notevole, appartenenti alla corrente giottesca riminese.

La tecnica della pittura su supporto ligneo è conosciuta fin dall'antichità, e caratterizza tutte le opere che, anche se di grandi dimensioni, fin dal momento della loro ideazione vogliono essere "mobili", cioè non fisse e assoggettate all'architettura come nel caso dell'affresco e delle tecniche pittoriche murali. Ciò ha permesso agli artisti di realizzare questi lavori nella propria bottega e poi portarle o farle recapitare a destinazione. Ovviamente, essendo "mobili", è spesso capitato che questi dipinti siano stati spostati anche in passato e che oggi non si trovino più nel loro contesto originario, come nel caso del Crocifisso di San Vittore che proviene da un'antico oratorio francescano. Gli affreschi invece,  per essere spostati possono essere staccati dalla parete in cui sono stati eseguiti con la tecnica dello strappo ma ciò può essere avvenuto solo in tempi recenti.

Per eseguire questo dipinto a tempera su tavola, l'anonimo autore ha eseguito una serie di operazioni che sono state poi descritte molto più tardi da Cennino Cennini nel suo Libro dell'Arte dell'inizio del XV secolo. (per approfondire vedi : Tecnica della pittura a tempera su tavola)

La scoperta del Crocifisso di San Vittore è dovuta ad Antonio Corbara ma questo dipinto ha interessato anche altri studiosi come Servolini, Garrison, Campini, Piraccini e più recentemente Tambini.
La collocazione attuale di questa croce non corrisponde a quella originaria poichè proviene dall'antico Oratorio dei Francescani alla Fratta.
Oltre all'ovvio valore storico, l'importanza di questo dipinto è dovuta non tanto alla qualità pittorica, di per sè modesta, ma alla sua testimonianza culturale nell'ambito del patrinmonio artistico medievale della Romagna. E'un'opera interessante, perchè documenta la diffusione in Romagna delle croci dipinte nella tipologia del Christus Patiens, elaborata nel corso del '200 dalle botteghe dell'Umbria e della Toscana. Altri crocifissi duecenteschi, molto pregevole e situato nelle vicinanze è quello del Santuario di Longiano, e anche quello della Pinacoteca di Faenza, sempre di scuola giuntesca-pisana. Altri esempi sono più recenti e si riferiscono al secolo XIV, come quello di Talamello, su modello del più famoso Crocifisso di Giotto nel Tempio Malatestiano di Rimini.
Nel corso dei suoi studi, compiuti nel 1950, lo storico Antonio Corbara aveva indicato un crocifisso molto simile a quello di San Vittore, presente nella Chiesa di San Giuliano a Musano di Roncofreddo. Le proporzioni della figura di Cristo, alcuni dettagli e il taglio della croce mostrano infatti molte somiglianze conn la Croce di San Vittore, ma le pesanti ridipinture che sono state sovrapposte al Crocifisso di San Giuliano impediscono di effettuare un serio confronto stilistico fra le due opere.
Secondo lo studioso Piraccini, la Croce di San Vittore mostra anche analogie stilistiche  anche con alcune tavole di Madonne col bambino che denunciano l'appartenenza ad un comune ceppo culturale-artistico. Precisamente quelle di San Pier Laguna e quella di San Francesco, entrambe a Faenza. A questi inoltre vanno aggiunti gli esempi bolognesi degli artisti vicini a Giunta Pisano, la produzione della cosiddetta "scuola giuntesca".
 



I modelli di riferimento



Nel Crocifisso di San Vittore è stata riconosciuta dal Tambini la derivazione dalla celebre Croce che Giunta Pisano ha realizzato per la chiesa di di San Domenico a Bologna.
Dalla croce di Giunta derivano molti elementisia iconografici ma anche tecnici. Ad esempio i filamenti dorati che sottolineano le pieghe del panneggio che cinge i fianchi di Cristo sono realizzati con l'Ageminatura. Si tratta di una tecnica molto antica che deriva dalla lavorazione dei metalli e consiste nell'incidere una superficie con una punta e inserire nel solco una pasta dorata. In questo caso si tratta di un graffito sullo strato a tempera poi riempito con oro.
I pannelli laterali della croce riportano motivi a losanghe molto simili a quelli del Crocifisso di San Domenico, lo stesso vale per i due terminali con la Madonna e San Giovanni piangenti, visti a mezza figura, secondo una tipopogia orientale. I due personaggi guardano lo spettatore e indicano Gesù, le loro espressioni e la gestualità sottolineano la forza drammatica dell'immagine.
Ma dal confronto emergono anche le differenze e i limiti culturali di questo artista anonimo rispetto al grande maestro toscano. Alla volontà di raggiungere una certa scioltezza nelle forme anatomiche ispirate a Giunta, si associa la componente espressionistica della deformazione e marcatura nei tratti del volto, che ricordano i modi di Coppo di Marcovaldo, ma anche una certa semplificazione popolare del linguaggio espressivo.


A. Cocchi

 

Bibliografia

 

AA. VV. Arte in Emilia Romagna. Electa editrice, Milano 1985


A. Corbara, Livello e confini dell'unità artistica dell'antica Romagna in: Rubiconia Accademia dei Filopatridi - Quaderno X, Savignano sul Rubicone 1970.

A. Tambini. Pittura dall'alto medioevo al tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì. Comune di Faenza, 1982

C. Volpe. La pittura dall'Alto Medioevo al Tardogotico nel territorio di Faenza e Forlì. Comune di Faenza, 1982

C. Volpe. La pittura riminese del Trecento. I Maestri del colore n. 228, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1966

C. Volpe. La pittura nell'Emilia e nella Romagna. raccolta di scritti sul trecento e Quattrocento. Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Modena 1993.

M. Cordaro, L.Ficacci. I dipinti su tavola dal Medioevo al Quattrocento. in: Art e Dossier n. 28, ottobre 1988, Giunti, Firenze.

D. Campini. Giuntan Pisano e le croci dipinte romaniche. Milano, 1966

la Nuova Enciclopedia dell'Arte Garzanti, 1986.

 
Approfondimenti
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